Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19195 del 02/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 02/08/2017, (ud. 03/04/2017, dep.02/08/2017),  n. 19195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6091-2013 proposto da:

FINTECHNO SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

XXIV MAGGIO 43, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PURI, che lo

rappresenta e difende con procura speciale (Consolato Generale

d’Italia) del Vice Commissario Amministrativo P.A.

in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 102/2012 della COMM.TRIB.REG. del LAZIO,

depositata il 24/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/04/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato PURI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato GALLUZZO che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il 20.3.2008 l’Agenzia delle entrate, all’esito di una ispezione conclusasi l’anno precedente, notificò alla società Fintechno s.r.l. un avviso di accertamento, col quale le contestò:

(-) di avere stipulato nel 2004, con scrittura privata, quattro contratti preliminari di vendita di immobili, emettendo altrettante fatture per 15 milioni di euro, ma senza versare l’IVA (per circa 3 milioni di Euro);

(-) di avere, prima della scadenza del termine per la stipula del definitivo, consensualmente risolto i suddetti contratti, e di avere conseguentemente emesso una nota di credito per tutte e quattro le suddette fatture, con cui stornò il prezzo della vendita dai ricavi, ed annotò la relativa IVA tra l’imposta a credito;

(-) che la nota di credito era ambigua, non vi era prova che rispecchiasse una operazione effettivamente compiuta, e dunque era stata emessa in assenza dei presupposti richiesti dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, commi 2 e 3;

(-) che nello stesso anno d’imposta era stata indebitamente portata in detrazione IVA pagata su costi “non inerenti” (per circa 19.000,00 Euro).

2. Lo stesso anno 2008 la Fintechno propose impugnazione avverso l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma.

La Commissione Provinciale di Roma con sentenza 2.7.2009 n. 49/26/10:

– accolse l’opposizione nella parte inerente la nota di credito, ritenendo che la Fintechno avesse agito “nel pieno rispetto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26”;

– rigettò l’impugnazione nella parte inerente la detrazione dell’IVA su acquisti “non inerenti”.

3. La sentenza venne appellata dall’Agenzia delle Entrate.

La Commissione Tributaria Regionale del LAZIO, con sentenza 24.4.2012 n. 102/21/12, accolse il gravame dell’Ufficio e rigettò l’opposizione all’avviso di accertamento.

Ritenne che la Fintechno non aveva “fornito elementi per dimostrare la effettiva volontà delle parti”di risolvere consensualmente i contratti preliminari.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Fintechno, con ricorso fondato su otto motivi ed illustrato da memoria.

L’Agenzia delle entrate non ha depositato controricorso, ma ha partecipato alla discussione nella pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Deduce, al riguardo, che la Commissione Regionale ha accolto un appello che si sarebbe, invece, dovuto dichiarare inammissibile, perchè introduttivo d’una domanda nuova.

Precisa, a tal fine, che l’Agenzia delle entrate aveva contestato alla contribuente, con l’avviso di accertamento, di avere emesso una nota di credito affetta da vizi formali e “anomala”.

Una volta accolto il ricorso della contribuente, l’Ufficio impugnò la sentenza della CTP lamentandone l’erroneità perchè:

(a) i preliminari e la loro risoluzione dovevano ritenersi simulati;

(b) l’IVA sull’operazione inesistente era comunque dovuta a titolo di sanzione, D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 26, comma 7.

Tuttavia – prosegue la ricorrente – l’invocata simulazione dei preliminari era una questione nuova, mai contestata nell’avviso di accertamento.

1.2. Il motivo è infondato.

Nell’avviso di accertamento notificato alla Fintechno l’erario contestò alla contribuente che sia i contratti preliminari, sia la successiva risoluzione consensuale di essi, non avendo alcuna “apparente giustificazione”, dovevano ritenersi “privi di qualunque effetto sostanziale e finanziario”.

Ora, un contratto che risulta formalmente stipulato, ma che per volontà delle parti non produca effetti, è un contratto per ciò solo simulato.

Pertanto la contestazione, contenuta nell’avviso di accertamento, della inefficacia dei contratti preliminari, inserita nel quadro delle altre circostanze descritte nell’avviso stesso, è sufficiente a fare ritenere validamente contestata alla contribuente l’esistenza della simulazione.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12.

Deduce, al riguardo, che la Commissione Regionale ha errato nel ritenere valido un avviso di accertamento che invece si doveva dichiarare nullo, perchè contenente una contestazione mai formulata nel processo verbale conclusivo della precedente ispezione.

2.2. Il motivo è infondato.

L’avviso di accertamento, infatti, non richiede a pena di nullità che le contestazioni ivi contenute siano state previamente inserite nel processo verbale conclusivo d’un accertamento ispettivo.

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Deduce, al riguardo, che la Commissione Regionale non ha adeguatamente spiegato le ragioni per cui ha effettivamente ritenuto simulati i preliminari di vendita e la risoluzione consensuale di essi.

3.2. Il motivo è infondato.

La Commissione Regionale, in modo sintetico ma inequivoco, a pag. 4, terzo e quarto capoverso, della sentenza impugnata, ha ritenuto raggiunta la prova della simulazione in base a due circostanze di fatto:

(a) l’anticipata fatturazione dell’incasso del prezzo dei preliminari di vendita, in assenza di movimentazioni finanziarie;

(b) il mancato pagamento di quel prezzo.

La motivazione, dunque, esiste e non è insufficiente, e consiste nel ricorso alla prova presuntiva, come noto non sindacabile in questa sede.

4. Il quarto motivo di ricorso.

4.1. Col quarto motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione dell’art. 2697 c.c..

Deduce, al riguardo, che la Commissione Regionale ha violato l’art. 2697 c.c., perchè le ha addossato l’onere di provare l’esistenza delle operazioni indicate nelle fatture emesse dopo la stipula del preliminare, e della risoluzione documentata dalla nota di credito: sarebbe stato, invece, onere dell’Ufficio dimostrare il contrario.

4.2. Il motivo è infondato.

Come noto, i provvedimenti giurisdizionali vanno interpretati e qualificati in base all’esame complessivo del loro contenuto, e non estrapolandone qua e là brani o lacerti.

Nel caso di specie, se pur è vero che la Commissione Regionale si sia lasciata andare ad una non pertinente affermazione sui criteri di riparto dell’onere della prova (p. 4, quarto capoverso), è però vero che l’impugnazione dell’Agenzia non è stata accolta per difetto di prova della effettività delle operazioni di vendita, ma per esistenza della prova positiva della loro inesistenza.

Come accennato al p. 3.2, infatti, la Commissione Regionale ha ritenuto raggiunta in via presuntiva la prova della simulazione della stipula dei quattro contratti preliminari di vendita: di conseguenza, anche se a livello astratto ha dichiarato di addossare la prova al contribuente, nella sostanza non ha fatto applicazione di quel criterio astratto.

5. Il quinto motivo di ricorso.

5.1. Col quinto motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6 e 26.

Deduce, al riguardo, che la Commissione Regionale ha violato il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, nel ritenere che il promittente venditore d’un immobile non possa emettere fattura, per l’intero prezzo dovutogli, sin dal momento della stipula del preliminare.

5.2. Il motivo è inammissibile, per estraneità alla ratio decidendi.

La Commissione Regionale infatti non si è occupata, se non obiter dictum (p. 4, quarto capoverso) di tale problema.

Come accennato, infatti, la Commissione Regionale ha ritenuto simulata la stipula dei contratti preliminari non per l’anticipata fatturazione, ma per l’anticipata fatturazione in assenza di movimentazioni finanziarie. Una statuizione, dunque, estranea al vizio denunciato dalla ricorrente col motivo qui in esame.

6. Il sesto ed il settimo motivo di ricorso.

6.1. Il sesto ed il settimo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, perchè pongono questioni analoghe.

Con ambedue i motivi (coi quali si invocano, rispettivamente, i vizi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 3) si lamenta che la Commissione Regionale abbia affermato che la risoluzione consensuale del contratto deve essere documentata con atti che rendano inequivoco quale sia il contratto risolto.

Tale affermazione, per l’ipotesi in cui fosse ritenuta un “punto di decisione”, sarebbe viziata sia da ultrapetizione, sia da violazione di legge. Ciò in quanto – prosegue la ricorrente – non esiste alcuna norma che stabilisca il contenuto minimo della “nota di variazione” emessa in seguito alla risoluzione consensuale d’un contratto preliminare, e comunque la relativa questione (se la nota di variazione fosse o non fosse “esaustiva”) non vi era stato appello da parte dell’Agenzia.

6.2. Il motivo è inammissibile, per due indipendenti ragioni.

La prima ragione è il difetto del requisito di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto nel ricorso non viene nè riassunto, nè trascritto, il testo delle note di variazione di cui si discorre.

La seconda e prevalente ragione è che comunque la sentenza impugnata non può dirsi contenga alcuna statuizione sul problema della “riferibilità” della nota di credito ai contratti preliminari consensualmente risolti.

7. L’ottavo motivo di ricorso.

7.1. Con l’ottavo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Deduce, al riguardo, che la Commissione Regionale ha rigettato l’appello incidentale, col quale la Fintechno sosteneva la effettiva inerenza all’attività d’impresa delle spese per le quali l’IVA era stata portata in detrazione, inerenza negata invece dall’ufficio.

Spiega la ricorrente che nel rigettare l’appello incidentale, la Commissione Regionale si è limitata a dichiarare che la Commissione Provinciale aveva correttamente escluso l’inerenza di tali spese, senza ulteriori precisazioni.

7.2. Il motivo è fondato.

La motivazione sul punto, più che carente, qui è addirittura inesistente. La Commissione Regionale ha infatti rigettato l’appello incidentale limitandosi ad affermare che corretta fu la decisione di primo grado: una motivazione per relationem così totalitaria, tuttavia, impedisce di ricostruire l’iter logico seguito dal giudicante.

8. Le spese.

Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

 

la Corte di cassazione:

(-) accoglie l’ottavo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Regionale di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;

(-) rigetta i restanti motivi di ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Quinta civile della Corte di cassazione, il 3 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2017

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