Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19194 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/07/2019, (ud. 11/06/2019, dep. 17/07/2019), n.19194

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 5384/2015 R.G. proposto da:

Encal snc di G.E. e G.C., G.E.,

G.C., rappresentati e difesi dall’Avv. Paolo Maria Redini,

elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Mario Gerundo,

in Roma, Via E. Pistelli n. 4, giusta delega in calce al ricorso.

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i

cui uffici è domiciliata in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia, n. 3586/2014 depositata il 3 luglio 2014.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 11 giugno 2019

dal Consigliere Luigi D’Orazio;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Ettore Pedicini, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Mario Gerundo, per delega dell’Avv. Paola Maria Rendini,

per i ricorrenti, e l’Avv. Emanuele Valenzano per l’Avvocatura

Generale dello Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento nei confronti della Encal s.n.c. di G.E. e G.C., nonchè nei confronti di G.E. e di G.C., per l’anno 2005, per maggiore reddito di impresa, utilizzando il metodo induttivo ed evidenziando la mancata produzione dei documenti richiesti ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32.

2. La Commissione tributaria regionale dichiarava inammissibile, per difetto di specificità dei motivi, l’appello proposto dai contribuenti avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale che aveva rigettato i ricorsi proposti dalla società e dai soci avverso gli avvisi di accertamento, nonchè contro la cartella di pagamento.

3. Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione i soci e la società.

4.Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono “nullità della sentenza n. 3586/14 per motivazione apparente in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, in quanto il giudice di appello ha pronunciata la sentenza senza esplicitare in alcun modo le ragioni della decisioni ed incorrendo così nel vizio di motivazione apparente. Tra l’altro, la motivazione non indica in alcun modo le critiche volte dai ricorrenti in sede di appello contro la sentenza di primo grado. Tra l’altro, la motivazione costituisca la “fotocopia” di quanto riportato dalla Agenzia delle entrate nelle controdeduzioni depositate in appello.

1.1. Tale motivo è infondato.

Invero, la Commissione regionale, pur nella sua scarna motivazione, ha enucleato le argomentazioni essenziali della sua decisione, ritenendo inammissibile l’appello dei ricorrenti, in quanto carente del requisito della specificità (“Il Collegio, esaminando l’atto di appello, rileva come questo non porti motivi specifici avverso le motivazioni dei Giudici, ossia le ragioni per cui ritengono che i medesimi siano incorsi in errori…l’atto di appello contiene la riproposizione delle opposizioni svolte in primo grado senza aggiungere alcuna critica specifica alla sentenza di primo grado”).

Pertanto, la motivazione esiste, pure se succinta, sicchè non può ritenersi che si tratti di una motivazione meramente apparente.

1.2. Inoltre, nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sè, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità nè dei contenuti nè delle modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato (Cass., sez. un., 642/2015).

Peraltro, dalla trascrizione del contenuto delle controdeduzioni in appello della Agenzia delle entrate ed il tenore della motivazione del giudice di appello non risulta una mera “riproduzione” delle stesse nella corpo della decisione; anzi, la motivazione della sentenza della Commissione regionale aggiunge che “l’atto di appello contiene la riproposizione delle opposizioni svolte in primo grado senza aggiungere alcuna critica specifica alla sentenza di primo grado”.

2. Con il secondo motivo di impugnazione i ricorrenti si dolgono della “illegittimità della sentenza n. 3586/2014 per omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, in quanto i ricorrenti con i ricorsi introduttivi hanno lamentato che l’Agenzia delle entrate non ha tenuto conto delle ragioni da loro addotte per giustificare la mancata produzione di tutti i documenti richiesti dall’ufficio (questionario inviato all’indirizzo errato, dove non risiedeva più G.E., cancellazione della società dal registro delle imprese nel 2007, invio di 17 documenti su 19 richiesti, le gravi condizioni di salute di G.C. – doc. da 9 a 44 allegati al ricorso -, difficile gravidanza della moglie di G.E.).

2.1. Tale motivo è inammissibile.

Invero, la critica del secondo motivo di ricorso non si rivolge avverso la ratio decidendi della sentenza di appello, che attiene esclusivamente al difetto di specificità dei motivi di impugnazione della sentenza di prime cure.

Pertanto, la censura sul vizio della motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non si attaglia alla motivazione della sentenza della Commissione regionale, che ha emesso una pronuncia di rito.

3. Con il terzo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono “illegittimità della sentenza n. 3586/14 per erronea applicazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” in quanto l’atto di appello è stato confezionato tenendo conto della genericità della motivazione di prime cure.

3.1. Tale motivo è fondato.

Il motivo è autosufficiente, in quanto i ricorrenti hanno riportato sia il contenuto della sentenza di primo grado, sia quello dell’atto di appello.

Quanto alla motivazione della sentenza della Commissione provinciale, hanno evidenziato che “la Commissione tributaria provinciale motivava la propria sentenza non ritenendo applicabile al caso di specie la deroga alla preclusione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, secondo la quale i dati e le notizie non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non potrebbero essere presi in considerazione a favore del contribuente. A detta della commissione, i contribuenti non avrebbero sufficientemente documentato gli impedimenti alla produzione dei documenti (si ricorda che mancavano solo 2 documenti su 19 richiesti) e che comunque i motivi addotti non avrebbero avuto alcuna valenza di esimente. Secondo la CTP, inoltre, il maggior reddito di partecipazione sarebbe stato comunque consequenziale al maggior reddito di impresa così come la cartella di pagamento al signor G.E. sarebbe stata notificata regolarmente ed in ogni caso, proponendo il ricorso, il signor G. avrebbe sanato l’eventuale nullità della notifica” (cfr. pagina 8 del ricorso per cassazione).

Una porzione della motivazione della Commissione provinciale è poi trascritta a pagina 24 del ricorso per cassazione (“gli interessati fanno riferimento ad una serie di eventi e circostanze (motivi di salute dei soci, traslochi, lavori di manutenzione) che, oltre a non essere adeguatamente documentate, non hanno alcuna valenza di esimente (peraltro, in ogni caso, gli interessati non hanno dimostrato in che misura le stesse abbiano inciso sulla capacità lavorativa)”).

Quanto ai motivi di appello, i ricorrenti hanno affermato che “a pagina 5 dell’atto di appello depositato in data 15.4.14, i ricorrenti abbiano rispettivamente: I. Correttamente individuato ed impugnato il capoverso n. 1 di cui alla parte motiva della sentenza n. 254/21/12 della 21esima sezione della commissione tributaria provinciale di Milano con il motivo di impugnazione di cui al n. IV (cfr. Pag. 8 doc 7), puntualmente esponendo come ritenessero applicabile il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32; II. Correttamente individuato ed impugnato il capoverso n. 2 di cui alla parte motiva della sentenza n. 254/21/12 della 21esima sezione della commissione tributaria provinciale di Milano, citandolo e ritrascrivendolo pedissequamente”; cfr. pagina 27 del ricorso per cassazione).

Pertanto, costituisce principio consolidato di questa Corte quello per cui, in tema di contenzioso tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, atteso il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito (Cass., 22 gennaio 2016, n. 1200; Cass., 23 novembre 2018, n. 30525).

Va aggiunto che, nel processo tributario, la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell’impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci (Cass., 20 dicembre 2018, n. 32954), dovendosi fare riferimento anche alle premesse in fatto, alla parte espositiva ed alle conclusioni (Cass., 19 gennaio 2007, n. 1224), specie ove le questioni che formano oggetto del giudizio siano di mero diritto (Cass., 19 dicembre 2018, n. 32838).

4. Con il quarto motivo di impugnazione i ricorrenti deducono “illegittimità della sentenza n. 3586/14 per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, in quanto il giudice di appello non hanno dato risposta alla contestazione avanzata in sede di appello avverso la decisione della Commissione provinciale che aveva riunito i quattro ricorso senza che ve ne fossero i presupposti.

4.1. Tale motivo è assorbito, in ragione dell’accoglimento del terzo motivo di ricorso.

5. Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano “l’illegittimità della sentenza n. 3586/14 per omessa identificazione della parte beneficiaria della condanna alle spese, in violazione dell’art. 91 c.p.c.”, in quanto nel dispositivo non è indicata la parte a cui favore sono state liquidate le spese del giudizio.

5.1. Tale motivo è anch’esso assorbito, per l’accoglimento del terzo motivo di ricorso.

6. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il terzo motivo di ricorso; rigetta i motivi primo e secondo; dichiara assorbiti il quarto ed il quinto; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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