Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19192 del 02/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 02/08/2017, (ud. 08/03/2017, dep.02/08/2017),  n. 19192

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8329/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Farma C.P. Srl, rappresentate e difese dall’Avv. Gabriele

ESCALAR, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, Viale

Giuseppe Mazzini, n. 11, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 297/10/12, depositata il 9 novembre 2012;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 8 marzo 2017 dal

Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale ZENO Immacolata, che ha concluso chiedendo la riunione al

ricorso n. 25368/2013 e l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Eugenio De Bonis per l’Agenzia delle entrate che si

riporta al ricorso;

udito l’Avv. Michele Di Fiore che si riporta al controricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Commissione tributaria regionale della Campania, sul ricorso della Farma C.P. Srl, riformava la decisione della Commissione tributaria provinciale di Napoli e riteneva illegittimo l’atto impositivo, con cui si disconosceva la deducibilità dell’erogazione liberale di Euro 120.000,00 per l’anno 2004.

Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con due motivi. Resiste con controricorso la contribuente deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 dell’Atto costitutivo e degli artt. 21 e 22 dello Statuto in combinato disposto con gli artt. 1362 e 1363 c.c., per aver la CTR, nell’interpretare le norme statutarie e dell’atto costitutivo, omesso di considerare il collegamento funzionale tra i negozi giuridici, sì da operare una loro lettura sistematica.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2. La CTR, nell’interpretare gli artt. 10 e 11 dell’Atto Costitutivo dell’Associazione “Zia Agnesina”, che prevedono, in caso di estinzione o scioglimento dell’associazione, che “i fondi ed i beni residui saranno devoluti ad enti che perseguano lo stesso scopo dell’associazione”, e che, per quanto non contemplato nell’Atto, “si fa espresso riferimento alle disposizioni contemplate dal Codice Civile e allo Statuto”, nonchè l’art. 22, comma 2, dello Statuto dell’associazione medesima, per il quale, invece, è possibile una diversa destinazione dei fondi e beni residui in caso di “diversa deliberazione dell’Assemblea, presa con i tre quarti degli associati”, ha concluso per l’inapplicabilità della previsione statutaria e, dunque, per l’indisponibilità da parte degli associati dei fondi accumulati.

1.3. L’interpretazione operata dalla CTR, peraltro, non ha fatto buon uso delle regole previste dall’art. 1362 c.c. e ss. e degli ulteriori criteri, previsti dal codice civile e posti a governo delle regole d’interpretazione di tali atti, neppure trasparendo il ragionamento giuridico operato.

Va infatti considerato, innanzitutto, che atto costitutivo e statuto sono le due componenti di un unitario contratto associativo, sicchè l’interpretazione di tali atti deve operare in termini unitari ed omogenei.

Ne deriva che, in applicazione degli artt. 1363 e 1367 c.c., già la regola prevista dal citato art. 11 dell’Atto Costitutivo porterebbe, in mancanza d’altro, a ritenere che la clausola prevista dallo Statuto all’art. 22, comma 2, non prevista nell’atto costitutivo, non solo non sia incompatibile ma dovrebbe ritenersi direttamente applicabile.

1.4. In ogni caso, peraltro, anche se si ritenessero oggettivamente incongruenti ed incompatibili le due disposizioni, il codice civile fornisce una regola suppletiva d’interpretazione proprio nel caso in cui atto costitutivo e statuto regolino la medesima ipotesi in termini non coerenti.

L’art. 2328 c.c., comma 3, ultimo periodo, infatti, dispone “In caso di contrasto tra le clausole dell’atto costitutivo e quelle dello statuto prevalgono le seconde”.

La disposizione, pur testualmente dettata per le società, costituisce in realtà il portato di una evoluzione normativa incentrata sul riconoscimento della particolare e significativa rilevanza dello statuto nella vita dell’ente, e, dunque, tenuto conto che, come rilevato, atto costitutivo e statuto sono le due componenti di un unitario contratto associativo, ne deriva che gli artt. 16 e 2328 c.c. sono espressione di uno stesso fenomeno.

Tale prevalenza, del resto, trova la propria ragion d’essere nel più frequente utilizzo dello statuto, al fine di rinvenirvi le norme di organizzazione e di funzionamento dell’ente (ed in genere tutte le previsioni rilevanti nel corso della vita dello stesso), da parte dei terzi, le cui esigenze di tutela dell’affidamento sono parimenti rilevanti per le associazioni.

L’atto costitutivo, infatti, è il documento tramite il quale i soci fondatori, riuniti in assemblea, manifestano e sanciscono la loro volontà di associarsi per perseguire finalità condivise, mentre lo statuto costituisce, prioritariamente, il documento contenente le regole della vita dell’associazione, le norme che disciplinano i rapporti tra gli associati e tra soci ed associazione stessa e gli ulteriori elementi rilevanti per lo svolgimento dell’attività sociale.

La regola, del resto, con riguardo alla peculiarità della fattispecie, caratterizzata da una duplicità di atti di pari rilevanza, realizza una concreta specificazione dei criteri di interpretazione complessiva delle clausole contrattuali e di conservazione del contratto e, dunque, costituisce un parametro interpretativo oggettivamente significativo anche per le associazioni riconosciute, di cui la CTR, invece, non ha considerato nè l’esistenza, nè la particolare pregnanza.

1.5. La sentenza, pertanto, va cassata per un nuovo esame, dovendo la CTR, nell’interpretare l’atto costitutivo e lo statuto dell’associazione riconosciuta, ove la fattispecie risulti disciplinata in termini oggettivamente contrastanti, tener conto della regola interpretativa suppletiva desumibile dall’art. 2328 c.c., comma 3, u.p.

2. Con il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 tuir in combinato disposto con l’art. 2697 c.c. per aver riconosciuto la deducibilità delle erogazioni liberali effettuate dalla contribuente in favore dell’Associazione Zia Agnesina in assenza della prova dell’effettivo perseguimento delle finalità solidaristiche.

2.1. Pure il secondo motivo è fondato.

2.2. La deducibilità delle erogazioni liberali effettuate, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 100, comma 2, lett. a), in favore di un persona giuridica è condizionata al requisito oggettivo che l’ente persegua “esclusivamente finalità comprese fra quelle indicate nel comma 1 o finalità di ricerca scientifica…”, ossia di “educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto”.

Tale previsione si giustifica in relazione al principio di sussidiarietà e costituisce una deroga al principio di inerenza, sicchè occorre, perchè sia riconoscibile il beneficio fiscale, che la somma erogata sia effettivamente destinata allo svolgimento dell’attività liberale o solidaristica, spettando al contribuente provare che la finalità sia stata effettivamente assolta.

Tale esito, del resto, risponde agli usuali criteri di ripartizione dell’onere della prova, dovendo il contribuente provare la ricorrenza dei requisiti per la deducibilità dei costi (v. Cass. n. 9818 del 2016 con riguardo ai criteri di inerenza e competenza; Cass. n. 22403 del 2014 in tema di rapporto di lavoro e prova della subordinazione; Cass. n. 7701 del 2013 in tema di proporzionalità dei costi d’impresa).

Il riconoscimento statutario dell’esclusività del fine costituisce, in tal senso, requisito formale necessario ma non sufficiente, dovendo lo stesso trovare riscontro nell’effettiva attività svolta dall’ente beneficiato atteso il carattere eccezionale delle disposizioni derogatorie e la natura della finalità solidaristica, a cui può essere assegnato rilievo solo se concreta e non mera enunciazione.

2.3. Giova precisare, per quanto rileva, che non può ritenersi idonea a tal fine la mera formulazione di progetti (nella specie, per il rifacimento di una palazzina per l’assistenza di persone portatrici di disabilità) ove essi non si traducano in atti operativi: non è compatibile con la ratio dell’art. 100, comma 2, lett. a) tuir il rinvio a data indefinita della realizzazione delle attività assistenziali come invece sostenuto dalla CTR, argomento che non integra una autonoma ratto della decisione ma attiene all’unitaria interpretazione della norma – essendo comunque indispensabile che l’attività sia concretamente avviata e non solo progettata.

3. In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio alla CTR competente, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di legittimità.

PQM

 

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Campania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, a seguito di riconvocazione, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2017

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