Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1919 del 27/01/2011

Cassazione civile sez. II, 27/01/2011, (ud. 13/12/2010, dep. 27/01/2011), n.1917

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10557/2005 proposto da:

MASTER OFFICE DI MARINI UMBERTO & C SAS in persona del

legale

rappresentante M.U., P.I. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRIGOTTO Giuseppe;

– ricorrente –

e contro

ELETTRO IMPIANTI VERONA DI PASQUETTO GIANNI & C SAS, in persona

del

legale rappresentante pro tempore;

– intimati –

avverso la sentenza n. 26/2004 della SEDE DISTACCATA DI TRIBUNALE di

SOAVE, depositata il 04/02/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

13/12/2010 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per manifesta infondatezza

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Master Office sas di Marini Umberto & C. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 26/04 del tribunale di Verona, sez. distac. di Soave depos. in data 3.2.2004, che aveva dichiarato inammissibile l’impugnata sentenza pronunciata dal giudice di Pace di Soave in data 8.4.2002, il quale aveva rigettato l’opposizione proposta dalla stessa società esponente avverso il decreto ingiuntivo emesso dal medesimo giudice su istanza ed in favore della Elettro Impianti sas per la somma complessiva di Euro 787,08, oltre accessori ed alle spese, a titolo di prestazione d’opera e fornitura di materiale.

Riteneva il tribunale, che le spese liquidate nel provvedimento monitorio non potessero sommarsi – ai fini della competenza per valore – al capitale richiesto, per cui il valore della controversia, non superava l’importo di Euro 1.032,91 di talchè la sentenza non era appellabile avendo il giudice di pace deciso secondo equità, ma solo ricorribile per cassazione ai sensi degli artt. 339 e 114 c.p.c..

Il ricorso per cassazione si basa su una censura; l’intimata non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unica censura l’esponente denuncia l’errata applicazione degli artt. 10 e 339 c.p.c.. Deduce che, ai fini dell’impugnazione, la domanda principale proposta dalla società intimata, andava sommata a quella di condanna al pagamento delle spese processuali; in ogni caso doveva essere sommato anche il valore di due telefoni aia cui sostituzione era stata inoltre condannata l’opposta dal giudice di Pace. Osserva ancora che il tribunale nella decisione impugnata aveva richiamato una pronuncia della S.C. (Cass. n. 680/1985), che sarebbe superata dalla giurisprudenza successiva favorevole alla propria tesi difensiva e cita a tal fine la decisione n. 10875/2002. Il tribunale dunque non aveva considerato che “il valore della controversia andava determinato, ai sensi dell’art. 10 c.p.c., e segg., tenendo conto dell’ampliamento del petitum nel corso del giudizio di primo grado”.

La censura è del tutto priva di fondamento.

Intanto occorre evidenziare che appare non conferente nè in termini il richiamo alla sentenza della S.C. n. 10875/2002 che riguarda l’ulteriore domanda di garanzia rivolta nei confronti di un terzo (una compagnia di assicurazione) per il rimborso anche delle spese processuali nell’ipotesi in cui la convenuta fosse stata condannata a pagarle all’esito del giudizio.

Invero secondo questa S.C., il valore originario della controversia non può essere dilatato con l’aggiunta delle spese liquidate con il decreto ingiuntivo opposto, essendo queste non anteriori ma successive alla domanda proposta con il deposito del ricorso ex art. 638 c.p.c. (Cass. n. 680 del 1.2.1985).

Dunque, le spese processuali cumulabili alla domanda ai fini della determinazione del valore di essa, “sono soltanto quelle occorse per procedimenti autonomi dal processo introdotto con la domanda stessa, non anche quelle (per dattilografia, copie fotostatiche, studio, consultazioni e simili) sostenute prima di tale processo e ai fini della sua instaurazione” (Cass. n. 26592 del 17/12/2009; Cass. n. 6901 de 14.12.1982). Nessuna incidenza può avere la condanna del giudice di pace anche alla fornitura di due nuovi telefoni il cui valore peraltro non è stato indicato nè nella sentenza nè dalla ricorrente; d’altra parte la fornitura di detti apparecchi non era prevista nel provvedimento monitorio opposto nè richiesta – a quanto pare – dalla stessa Elettro impianti, successivamente all’opposizione ex art. 645 c.p.c., tant’è che la sentenza era stata impugnata anche per vizio di ultra petizione.

Conviene qui ricordare come l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro le sentenze del giudice di pace avviene in funzione della domanda, con riguardo al suo valore (ai sensi dell’art. 10 c.p.c., e segg.) ed all’eventuale rapporto contrattuale dedotto e non con riferimento al contenuto concreto della decisione (Cass. n. 26518 del 17/12/2009; Cass. n. 9923 dei 26.4.2010).

Infine occorre sottolineare come sia del tutto erroneo l’assunto della ricorrente secondo cui “il valore della controversia andava determinato, ai sensi dell’art. 10 c.p.c., e segg., tenendo conto dell’ampliamento del petitum nel corso del giudizio di primo grado”.

Ha infatti rilevato questa S.C. che “la determinazione del valore della causa ai fini della individuazione del giudice competente deve avvenire con riferimento al momento in cui la domanda viene proposta, per cui, una volta fissata la competenza del giudice in base alle pretese fatte valere nell’atto introduttivo de giudizio e alle eventuali contestazioni e richieste svolte dal convenuto nella prima difesa, sono prive di rilevanza le successive modifiche. Ne segue che, ai fine di stabilire se la domanda proposta davanti al giudice di pace debba o meno essere decisa secondo equità, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, occorre far riferimento a “petitum” originario, non essendo rilevante le eventuale ampliamento della domanda in corso di causa (Cass. n. 20118 del 18/09/2006; Cass. n. 5573 del 8.3.2010).

Il ricorso dev’essere dunque rigettato; nulla per le spese.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2011

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