Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19186 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/07/2019, (ud. 07/06/2019, dep. 17/07/2019), n.19186

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Bianca Margerita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3289/2014 proposto da:

Agenzia delle Entrate, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello

Stato (C.F.: (OMISSIS)) presso cui è domiciliata in Roma, alla Via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

M.A., nato a Roma l'(OMISSIS) ed ivi residente, alla

(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato ed assistito dall’Avv.

David Terracina del Foro di Roma (C.F.: TRR DVD 69L23 H501L), come

da procura speciale in calce al controricorso, ed elettivamente

domiciliato presso lo Studio BFC & Associati in Roma, alla Via

Latina n. 20;

– controricorrente –

– avverso la sentenza n. 307/22/2012 emessa dalla CTR Lazio in data

14/12/2012 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del

7/6/2019 dal Consigliere Dott. Andrea Penta;

udite le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero Dott.ssa Kate

Tassone nel senso dell’accoglimento del ricorso;

udite le conclusioni rassegnate dall’Avv. Salvatore Faraci, per

l’Avvocatura Generale dello Stato, quale difensore della ricorrente.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

M.A., con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, impugnava l’avviso di liquidazione e irrogazione di sanzioni emesso dall’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Roma (OMISSIS), avente ad oggetto la maggior imposta di registro, ipotecaria e catastale relativa all’atto di compravendita, stipulato l’8.1.2001 e registrato il 18.1.2001, avente ad oggetto l’appartamento sito in (OMISSIS), nonchè il locale cantina ed un piccolo cortile della superficie complessiva di circa mq 36. Con detto atto veniva dichiarata la decadenza dalle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, come previsto dalla D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, della tariffa, parte prima, allegata, trattandosi di abitazione di lusso, come accertato dall’Agenzia del Territorio.

Il contribuente deduceva, per quanto qui ancora rileva:

– la nullità della pretesa per contraddittorietà manifesta dell’avviso impugnato con un precedente atto che aveva riconosciuto all’immobile i benefici “prima casa”;

– la mancanza di motivazione dell’avviso impugnato, avendo richiamato per relationem l’allegata nota dell’Agenzia del Territorio che aveva ritenuto l’immobile “casa di lusso” sulla base di una non meglio specificata documentazione in atti.

Il contribuente precisava, poi, che nella nota dell’Agenzia del Territorio si sosteneva che l’appartamento fosse composto di “11 vani: presunti”, mentre la superficie si affermava essere superiore a 240 mq senza, però, a suo dire, giustificare e rendere comprensibile in base a quali dati o misurazioni fosse stata quantificata.

L’Ufficio, costituendosi in giudizio, sosteneva la mancanza di fondamento di tutte le censure mosse dal contribuente e, precisamente, per quanto riguardava la denunciata mancanza di motivazione dell’atto impugnato, precisava che questo non poteva ritenersi nè contraddittorio, nè immotivato, in quanto la nota dell’Agenzia del Territorio, richiamata per relationem ed allegata al predetto avviso, conteneva, a suo dire, tutte le indicazioni idonee a legittimare la pretesa contributiva.

Il ricorrente, in prossimità dell’udienza, depositava memoria nella quale sostanzialmente insisteva su quanto dedotto con il ricorso introduttivo, precisando che, come poteva rilevarsi dalla perizia giurata che allegava, la superficie dell’appartamento risultava essere inferiore a mq 240.

Dapprima la Commissione Tributaria Provinciale e poi quella Regionale accoglievano il ricorso del contribuente, ritenendo fondata ed assorbente la censura di decadenza dell’azione di riscossione Questa Corte, tuttavia, con ordinanza del 6.12.2011, accoglieva il ricorso dell’Ufficio, affermando che alla fattispecie fosse applicabile la proroga disposta con la L. n. 289 del 2002.

Con atto di riassunzione, il contribuente riproponeva tutte le censure già svolte con i precedenti atti difensivi.

L’Ufficio, con atto di costituzione, sosteneva che la perizia giurata, prodotta dal contribuente, nel quantificare la superficie dell’appartamento, non aveva considerato le mura perimetrali e le scale interne, così come invece richiesto.

Con sentenza del 14.12.2012 la CTR Lazio accoglieva l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

1) avuto riguardo all’intervenuta revoca delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della “prima casa” che l’Ufficio, sulla scorta dell’accertamento effettuato dall’Agenzia del Territorio, ai sensi della L. 5 aprile 1985, n. 118, e successive proroghe e modifiche, aveva considerato di lusso, trattandosi di abitazione con superficie utile complessiva superiore a 240 mq., per considerare una abitazione di lusso doveva essere valutata la “superficie utile” attraverso misurazioni materiali delle superficie dei vani utili, cioè usabili;

2) proprio con tali modalità, nonchè con le quelle fissate dalla nota del Ministero delle Finanze – Direzione Generale Finanza Locale – (OMISSIS) del 10.4.1963, era stata eseguita la perizia giurata per conto del contribuente, che aveva consentito di confutare le risultanze dell’accertamento dell’Agenzia del Territorio e quantificare in 237,95 mq. la superficie utile dell’appartamento in questione, al netto delle murature portanti e divisorie, degli sguinci delle finestre;

3) infine, non meritevoli di considerazione erano le argomentazioni svolte dall’Ufficio, con le note depositate il 18.7.2012, in ordine alle modalità di calcolo della “superficie utile”, in quanto prospettate per la prima volta in quel grado di giudizio.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, sulla base di tre motivi. M.A. ha resistito con controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, parte I, della Tariffa, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR escluso dal calcolo della superficie utile, necessari per individuare un’abitazione di lusso, le murature portanti e divisorie, nonchè gli squinci delle finestre che, se correttamente inserite, avrebbero, invece, portato a superare il limite massimo di 240 mq, facendo così rientrare l’appartamento nella categoria di lusso, con conseguente inapplicabilità dell’agevolazione fiscale.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 138 del 1998, art. 3, e all. c), (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la CTR considerato che, in base alla menzionata disposizione, la misurazione della superficie utile ai fini dell’applicazione delle agevolazioni “prima casa” avrebbe dovuto essere effettuata al lordo dei muri perimetrali ed interni.

2.1. I due motivi, da trattarsi, siccome strettamente connessi, congiuntamente, sono fondati.

In tema di agevolazioni c.d. prima casa, al fine di stabilire se un’abitazione sia di lusso e come tale esclusa da detti benefici, occorre fare riferimento alla nozione di superficie utile complessiva di cui al D.M. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n. 1072, art. 6, per il quale, premesso che viene in rilievo la sola utilizzabilità e non anche l’effettiva abitabilità degli ambienti, detta superficie deve essere determinata escludendo dalla estensione globale riportata nell’atto di acquisto sottoposto all’imposta, quella di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8409 del 26/03/2019; Sez. 5, Ordinanza n. 8421 del 31/03/2017).

Costituendo parametro idoneo rutilizzabilità” degli ambienti (a prescindere dalla loro effettiva abitabilità), a titolo esemplificativo, i vani, pur qualificati come cantina e soffitta ma con accesso dall’interno dell’abitazione e ad essa indissolubilmente legati, sono computabili nella superficie utile complessiva (Sez. 5, Sentenza n. 18480 del 21/09/2016). Parimenti, rientra nella superficie utile il sottotetto, trattandosi di locale non compreso nella predetta elencazione tassativa (Sez. 5, Sentenza n. 18483 del 21/09/2016).

In definitiva, ciò che assume rilievo – in coerenza con l’apprezzamento dello stesso mercato immobiliare – è la marcata potenzialità abitativa dello stesso (Sez. 5, Sentenza n. 25674 del 15/11/2013) e, più precisamente, l’idoneità di fatto degli ambienti allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana (Sez. 5, Sentenza n. 23591 del 20/12/2012). Ne è possibile alcuna interpretazione che ne amplii la sfera operativa, atteso che le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in genere in materia fiscale non sono passibili di interpretazione analogica (Sez. 5, Sentenza n. 10807 del 28/06/2012. In quest’ottica, non è possibile aderire ad una soluzione ermeneutica estensiva, atteso che le previsioni relative ad agevolazioni o benefici in genere in materia fiscale non sono passibili di interpretazione analogica e, quindi, questi non possono essere riconosciuti nelle ipotesi in cui non siano espressamente previsti (Sez. 5, Sentenza n. 22279 del 26/10/2011).

Ai fini della determinazione della superficie utile, non possono, invece, applicarsi i criteri di cui al D.M. Lavori Pubblici 10 maggio 1977, n. 801, (che definisce la superficie abitabile come “la superficie di pavimento degli alloggi misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre, di eventuali scale interne, di logge e di balconi”), richiamato dalla L. 2 febbraio 1985, n. 47, art. 51, le cui previsioni, relative ad agevolazioni o benefici fiscali, non sono suscettibili di un’interpretazione che ne ampli la sfera applicativa (Sez. 5, Sentenza n. 861 del 17/01/2014; conf. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24469 del 01/12/2015).

La giurisprudenza di questa Corte ha altresì chiarito che, ai fini per cui è causa, non si applicano le normative edilizie o igienico-sanitarie (Cass. 12942/2013; 23591 del 2012; n. 10807 del 2012, n. 22279 del 2011; 25674/2013), in quanto gli unici locali da escludersi sono quelli espressamente indicati nella su riportata normativa (Cass. 861/2014; Cass. 24469/2015; 2016/11556).

2.2. Il D.M. 2 agosto 1969, n. 1072, art. 6, per quanto qui interessa, specifica che sono considerate abitazioni di lusso “le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)”. Le parti offrono differenti interpretazioni del concetto di “superficie utile”.

Questa Corte, con sentenza n. 21287/13, ha condivisibilmente affermato che il D.M. 2 agosto 1969, n. 1072, art. 6, va interpretato nel senso di dover escludere dal dato quantitativo globale della superficie dell’immobile indicata nell’atto di acquisto (in essa compresi, dunque, i muri perimetrali e quelli divisori) solo, i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine e non l’intera superficie non calpestatile. A suffragio di tale orientamento può altresì sottolinearsi come nella formula “superficie utile complessiva” contenuta nel D.M. 2 agosto 1969, n. 1072, art. 6, manchi l’aggettivo “netta” che, invece era presente nel testo (“superficie utile netta complessiva”) della disposizione che dettava la previgente definizione delle caratteristiche delle abitazioni di lusso (tabella allegata al D.M. 4 dicembre 1961; in questi termini, Cass. Civ., sez. VI, ordinanza 1 dicembre 2015, n. 24469).

I principi di diritto sin qui ricostruiti lumeggiano la corretta interpretazione da offrire all’art. 6, in esame: la superficie utile va considerata escludendo, dal computo metrico, solo i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine e, in particolare, includendo nella metratura i muri, le soglie di passaggio da un vano all’altro, le nicchie, gli sguinci di porte e finestre.

Va ribadito che, al fine di individuare la superficie utile per identificare le abitazioni di lusso, è irrilevante la calpestabilità dell’area in questione.

Può essere, pertanto, formulato il seguente principio di diritto: “Ai fini della individuazione di una abitazione di lusso, nell’ottica di escludere il beneficio cd. prima casa, la superficie utile deve essere determinata guardando alla “utilizzabilità degli ambienti” a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituendo tale requisito, il parametro idoneo ad esprimere il carattere “lussuoso” di una abitazione. Ne consegue che il concetto di superficie utile non può restrittivamente identificarsi con la sola “superficie abitabile, dovendosi il D.M. 2 agosto 1969, n. 1072, art. 6, deve essere interpretato nel senso che è “utile” tutta la superficie dell’unità immobiliare diversa dai balconi, dalle terrazze, dalle cantine, dalle soffitte, dalle scale e dal posto macchine e che nel calcolo dei 240 mq rientrano anche le murature, i pilastri, i tramezzi e i vani di porte e finestre”.

3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, n. 4, e art. 394 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 -, per aver la CTR ritenuto tardive le deduzioni difensive formulate nel corso del giudizio di rinvio al fine di contestare la perizia giurata prodotta dalla contribuente.

3.1. Il motivo resta assorbito nell’accoglimento dei primi due.

4. La sentenza impugnata, pertanto, in accoglimento del primo e del secondo motivo del ricorso, va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito rigettando l’originario ricorso del contribuente.

Invero, alla stregua dei dati peritali ricavabili dalla perizia giurata nonchè dei rilievi tecnici svolti dall’Agenzia, applicando il calcolo della metratura secondo i criteri sin qui richiamati, la superficie utile dell’immobile per cui è lite risulta essere di oltre 240 mq.

Pertanto, in relazione alla consistenza della detta unità abitativa, l’immobile de quo rientra in quelli definiti di lusso ai sensi del D.M. 2 agosto 1969, art. 6.

5. Il consolidamento dell’orientamento di questa Corte in epoca successiva alla definizione dei gradi di merito giustifica, quanto a questi ultimi, la compensazione integrale delle spese di lite, laddove quelle relative al presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente. Compensa per intero le spese relative ai gradi di merito e condanna il resistente al rimborso, in favore della ricorrente, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 7.500,00, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 7 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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