Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19186 del 07/09/2010

Cassazione civile sez. I, 07/09/2010, (ud. 21/04/2010, dep. 07/09/2010), n.19186

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in Roma,via San Godenzo

59, presso l’avv. AIELLO Giuseppe, che lo rappresenta e difende

giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Catania in data 21

dicembre 2007, nella causa iscritta al n. 259/07 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21 aprile 2010 dal relatore, cons. Dott. Stefano Schiro’;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. RUSSO Rosario Giovanni, che nulla ha

osservato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

A) rilevato che e’ stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata al difensore del ricorrente:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

RITENUTO CHE:

1. M.G. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso il decreto in data 21 dicembre 2007, con il quale la Corte di appello di Catania ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento in suo favore della somma di Euro 17.186,00, a titolo di equa riparazione per i danni sofferti in relazione alla irragionevole durata del processo promosso nei suoi confronti dinanzi al Tribunale di Caltanissetta, con atto di citazione notificato il 26 ottobre 1982, per il risarcimento dei danni conseguenti ad un sinistro stradale, definito in primo grado con sentenza depositata il 5 maggio 2004, gravata di appello con atto notificato il 7 giugno 2004, con giudizio ancora pendente;

1.1. il Ministero della Giustizia non ha svolto difese;

OSSERVA:

2. la Corte di appello di Catania ha accolto la domanda nella misura di Euro 17.186,00 a titolo di indennizzo del solo danno non patrimoniale, avendo accertato una durata del processo superiore al termine ragionevole – fissato in quattro anni per il primo grado e di due anni per il giudizio di appello – nella misura di sedici anni, dieci mesi e ventiquattro giorni per il primo grado e di circa tre mesi per il giudizio di appello, detratti per entrambi i gradi del processo i periodi di tempo trascorsi per rinvii richiesti dal procuratore del ricorrente e pertanto non addebitabili all’ufficio, determinando l’equo indennizzo nella misura di Euro 1.000,00 per anno di ritardo;

3. con il primo motivo il M. si duole che la Corte di appello abbia tenuto conto soltanto della durata del giudizio di primo grado, senza considerare anche il tempo trascorso per il grado di appello, quanto meno sino alla data certa del rinvio per la decisione al 6 giugno 2007;

3.1. con il secondo motivo si contesta la indicazione in quattro anni del termine di durata ragione del giudizio di primo grado, in violazione dei parametri stabiliti dalla CEDU e dalla giurisprudenza italiana, e si censura altresi’ la detrazione dal termine di durata non ragionevole di tutti i rinvii richiesti a istanza di parte, compresi quelli privi di finalita’ dilatorie, senza tener conto dell’eccessiva e ingiustificata lunghezza dei rinvii concessi dal giudice;

3.2. con il terzo motivo si critica il decreto impugnato per essere stato l’indennizzo determinato nella misura minima, che avrebbe dovuto, invece, nella specie essere elevata in considerazione della gravita’ della posta in gioco;

4. il primo motivo appare manifestamente infondato, in quanto, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte di appello, nella determinazione della durata complessiva del giudizio, ha esplicitamente tenuto conto anche del processo di appello e della sua pendenza sino alla data di deposito del ricorso (13 giugno 2007);

4.1. il secondo e il terzo motivo appaiono inammissibili, in quanto i quesiti di diritto che li illustrano sono del tutto generici e si risolvono nel mero interpello del giudice in ordine alle doglianze sollevate, ma non contengono la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal giudice di merito e della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. S.U. 2008/2658; Cass. 2008/19769; 208/24339);

inoltre il ricorrente non ha illustrato il motivo di censura – ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis – con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attivita’ di interpretazione svolta dal lettore;

5. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi in precedenza formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione, non inficiate dalle argomentazioni difensive svolte dal ricorrente in detta memoria;

infatti le osservazioni sul primo motivo si risolvono in considerazioni in punto di fatto, non consentite nel giudizio di legittimita’, sullo svolgimento del giudizio presupposto, in difformita’ da quanto rappresentato dalla parte medesima nel ricorso per cassazione; in relazione alle altre argomentazioni difensive svolte nella memoria, si deve in questa sede ribadire che nella formulazione dei quesiti non e’ stata indicata la regola di diritto applicata dal giudice di merito e la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie; ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato e che nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo il Ministero intimato svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, il 21 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2010

 

 

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