Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19183 del 19/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 19183 Anno 2018
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: DI FLORIO ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso 29633-2016 proposto da:
ORI MARTIN ACCIAIERIA E FERRIERA DI BRESCIA SPA , in
persona del suo Consigliere delegato e legale
rappresentante p.t. ing. GIULIO CADALDI,
elettivamente domiciliata in ROMA, V.VENTUNO APRILE
11, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE ALBERTO
ROMANO, che la rappresenta e difende giusta procura
in calce al ricorso;
– ricorrente –

2018
1339

contro

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO 80230390587, in
persona del ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

1

Data pubblicazione: 19/07/2018

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende per legge;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 3033/2016 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/05/2016;

consiglio del 27/04/2018 dal Consigliere Dott.
ANTONELLA DI FLORIO;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,
in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
ALBERTO CARDINO che ha concluso chiedendo il rigetto
del ricorso;

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udita la relazione della causa svolta nella camera di

Ritenuto che
1. Ori Martin Acciaieria e Ferriera di Brescia SpA ricorre, affidandosi a quattro
motivi illustrati anche con memoria, per la cassazione della sentenza della
Corte d’Appello di Roma che, riformando parzialmente la pronuncia del

Economico, ed aveva dichiarato “coperte dal giudicato”, per effetto della
sentenza del Consiglio di Stato n. 3047/2010,

le domande risarcitorie

avanzate dalla società per i danni derivanti dalla “responsabilità da contatto”
dello stesso Ministero nel procedimento volto ad ottenere le agevolazioni
pubbliche ricomprese nel programma di aiuti di stato alla siderurgia,
consistenti nella locazione finanziaria a tasso ridotto per l’acquisto di
macchinari produttivi, dapprima concesse in via provvisoria e poi revocate.
2. La parte intimata ha resistito depositando anche memoria ex art. 380 bis
cpc.
3. Il PG ha depositato conclusioni scritte.
Considerato che

1. Con il primo ed il secondo motivo , la ricorrente deduce, ex art. 360 n° 3
cpc, la violazione dell’art. 2909 c.c., ed, ex art. 360 n° 4 cpc, la nullità della
sentenza per inosservanza dell’art. 112 cpc.
Lamenta, in relazione alla prima censura, che la domanda risarcitoria per
responsabilità da contatto avanzata dinanzi al giudice ordinario aveva una
causa petendi

differente da quella oggetto della decisione del Consiglio di

Stato e che pertanto la Corte territoriale aveva violato il principio del “giudicato
esterno”: assume che con essa, invero, era stata definitivamente respinta la
domanda di annullamento della revoca del provvedimento provvisorio di
agevolazione (per pretesa carenza motivazionale) nonché il risarcimento dei
danni conseguentemente richiesti, pretesa diversa da quella azionata dinanzi
al giudice ordinario e collegata all’inerzia della Pubblica Amministrazione nella
trasmissione ai competenti organi comunitari del provvedimento di
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Tribunale, aveva accolto l’appello incidentale del Ministero per lo Sviluppo

agevolazione provvisoriamente concesso, per l’emanazione del necessario
parere finalizzato ad ottenere il beneficio in via definitiva.
In relazione al secondo rilevo, lamenta la violazione della corrispondenza fra
l’eccezione sollevata dalla difesa erariale nell’appello incidentale e cioè la
sussistenza del “giudicato” per la statuizione ( negativa) del Consiglio di Stato
sulla domanda risarcitoria per provvedimento amministrativo illegittimo, e

della pretesa dinanzi al giudice amministrativo derivasse dal comportamento
inerte della pubblica amministrazione, sulla quale non c’era stata alcuna
pronuncia e la difesa del Ministero nulla aveva eccepito.
Con il terzo ed il quarto motivo, il ricorrente deduce , ex 360 n° 3 cpc , la
violazione dell’art. 28 Cost. e degli artt. 1337 e 2043 c.c con riferimento alla
responsabilità della pubblica amministrazione ed alla violazione dei principi in
materia di riparto della giurisdizione; critica infine la sentenza assumendo che
erroneamente la Corte territoriale aveva ricondotto la responsabilità della PA
alla L. 241/90 e non ai principi fissati dal noto arresto di Cass. SSUU n°
500/1999, ribadendo che l’oggetto della domanda era la richiesta risarcitoria
derivante dalla violazione degli obblighi di correttezza della pubblica
amministrazione.
I primi due motivi devono essere esaminati congiuntamente: essi sono
entrambi inammissibili.
In sintesi, il ricorrente lamenta:
a.

la violazione e falsa applicazione degli effetti del giudicato portato dalla

sentenza del Consiglio di Stato n. 3047/2010 che aveva definitivamente
respinto la domanda risarcitoria in quella sede avanzata contro il
provvedimento amministrativo di revoca della delibera di provvisoria
concessione, in suo favore, del contributo finanziario

ai sensi della L.

183/1976 su un progetto di investimento attinente l’attività siderurgica svolta;
b. la nullità della sentenza per violazione della corrispondenza fra quanto
eccepito dal Ministero

nell’appello incidentale e la statuizione della Corte

territoriale che, mal interpretando ( a suo dire ) l’oggetto della domanda
proposta dinanzi al giudice amministrativo, l’avrebbe ritenuta coincidente con
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quella della Corte territoriale che, erroneamente , aveva ritenuto che l’oggetto

quella in esame.
Preliminarmente, si rileva la mancanza di autosufficienza del ricorso: questa
Corte ha avuto modo di affermare, con orientamento ormai consolidato che
“nel giudizio di legittimità, il principio della rilevabilità del giudicato esterno
deve essere coordinato con l’onere di autosufficienza del ricorso, per cui la
parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve, a pena d’inammissibilità

essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il riassunto
sintetico della stessa o il richiamo a stralci della motivazione.” ( Cass.
2617/2015; Cass. 15737/2017).
Il principio, al quale il Collegio intende dare continuità, è valido anche nei casi
in cui “la cosa giudicata” sia riconducibile ad una pronuncia del giudice
amministrativo : conseguentemente, nel caso in esame in cui il ricorso riporta
soltanto alcuni stralci ( cfr. pag. 14 primo cpv, e pag. 21 primo cpv) della
sentenza del Consiglio di Stato invocata, e non viene indicata la sede
processuale in cui essa può essere rinvenuta, risulta palese la violazione
dell’art. 366 n° 6 cpc.
Tuttavia – e si passa con ciò ad esaminare il secondo ed il terzo motivo di
ricorso – anche l’esame comparativo che questo Collegio è in grado di
effettuare fra le brevi parti trascritte e la motivazione della sentenza
impugnata, conducono alla medesima conclusione.
Si osserva, infatti, che il ricorrente, con le censure proposte, non ha colto la
seconda ratio decidendi della pronuncia della Corte territoriale che, oltre ad
aver accolto l’eccezione di giudicato esterno, ha statuito, con motivazione sia
pur sintetica (ma sufficiente) che t la responsabilità da contatto invocata e la
conseguente inerzia della pubblica amministrazione “non era stata comunque
dimostrata dall’appellante” ( cfr. pag. 4 penultimo cpv della sentenza
impugnata ): sul punto, invero nodale rispetto all’interesse ad impugnare, il
ricorrente non ha proposto una coerente censura, essendosi limitato a
contestare che la Corte territoriale aveva riduttivamente ricondotto la
fattispecie dedotta alla L. 241/90, rilevando che i fatti erano ad essa
anteriori, senza alcuna considerazione dei fondamentali principi affermati da
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del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo della sentenza che si assume

Cass. SSUU 500/1999 che già da tempo ne aveva consentito il riconoscimento
nel nostro ordinamento giuridico.
Le censure proposte negli ultimi due motivi risultano, pertanto, inammissibili
per carenze di interesse.
E, conclusivamente , si osserva che dalla parte trascritta della sentenza del
Consiglio di Stato nelle memorie del contro ricorrente (cfr. pg . 3 che richiama

il petitum risarcitorio, oggetto della domanda proposta in quella sede, fosse
riconducibile all’inerzia amministrativa in ordine alla sollecita comunicazione
del progetto di finanziamento, precisandosi che “una tale prospettazione della
domanda avrebbe oltretutto necessitato di una prova rigorosa in ordine alla
imputabilità colposa di tale comportamento omissivo alla amministrazione
intimata, che è mancata “: ciò, oltre a rimarcare che anche nel giudizio
amministrativo era stata riscontrata l’assenza di prova in ordine alla
“responsabilità da contatto”, dimostra implicitamente che la questione era
stata espressamente esaminata ed affrontata dal Consiglio di Stato e conferma
anche la fondatezza dell’accoglimento, da parte della Corte territoriale, del
motivo di appello incidentale avente per oggetto il giudicato esterno portato
dalla pronuncia dei giudici amministrativi.
In conclusione , il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La complessità della controversia giustifica la compensazione delle spese del
giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a
norma del comma ibis dello stesso art. 13.

PQM

La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso.
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pag. 12 della motivazione della sentenza ) risulta espressamente escluso che

Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto ,
norma del comma ibis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile del

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