Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19182 del 28/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 28/09/2016, (ud. 25/05/2016, dep. 28/09/2016), n.19182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28303-2010 proposto da:

B.G., C.F. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI, ANTONELLA PATTERI, SERGIO

PREDEN, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 147/2010 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 19/03/2010 R.G.N. 265/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito l’Avvocato NOBERASCO MARIO;

udito l’Avvocato PREDEN SERGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 147/2010, depositata 19.3.2010, la Corte d’Appello di Genova, rigettava l’appello proposto da Ba.Gi., più altri sette litisconsorti, nei confronti dell’INPS avverso la sentenza del giudice del lavoro del tribunale di Savona che aveva rigettato la loro domanda intesa ad ottenere l’accertamento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto prevista dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 e succ. mod. per l’attività da essi svolta elle dipendenze di ENEL ed in seguito di INTERPOWER Spa sempre operando presso la centrale termoelettrica di (OMISSIS).

I lavoratori avevano censurato la prima sentenza perchè il ctu non aveva preso in considerazione le mansioni in concreto da essi svolte e la relazione del c.t. di parte; e producevano a sostegno dei motivi di appello la relazione del ctu ing. ba. e tre sentenze favorevoli n. 758/2008, 760/2008 e 741/2008) rese dalla stessa Corte d’Appello in cause promosse da lavoratori che avevano ottenuto il riconoscimento dei benefici contributivi avendo svolto le medesime mansioni, negli stessi periodi ed ambienti di lavoro.

La Corte d’Appello rigettava l’appello e sosteneva che il diritto alla rivalutazione non sussistesse perchè il consulente tecnico d’ufficio nominato nel giudizio di primo grado aveva escluso “il superamento del valore limite di esposizione annua all’amianto di 0,1 fibre per cmq previsto dalla legge” dopo aver esaminato tutti gli elementi acquisiti in istruttoria, ivi comprese le deposizioni testimoniali che erano state anche sinteticamente riassunte a pag. 9 della relazione. Infatti il ctu aveva espressamente riferito “di aver tenuto conto delle mansioni concretamente svolte da ciascun ricorrente, secondo quanto emerge dal ricorso, dalle testimonianze e dal curriculum aziendale”. Non era vero quindi che il ctu avesse fatto riferimento soltanto alle astratte qualifiche rivestite dai lavoratori, secondo quando lamentato nei motivi di appello. Per la cassazione di questa sentenza, ricorrono i lavoratori con due motivi. Resiste l’INPS con controricorso. Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Col primo motivo il ricorso deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, e 196 c.p.c.; della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 e succ. mod. D.Lgs. n. 277 del 1991, artt. 24 e 31. Omessa o insufficiente motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Il motivo censura la sentenza per aver ritenuto corretta la CTU svolta in primo grado in base ad un’errata valutazione degli atti e delle norme. Anzitutto perchè a fronte di specifiche ed analitiche contestazioni, con richiesta di rinnovo della CTU espletata in 1^ grado, il giudice d’appello non poteva limitarsi a riconoscere la correttezza della consulenza semplicemente sulla base di quanto il ctu aveva asserito di aver fatto (ossia di aver tenuto conto delle prove e delle mansioni), ma senza verificare se quelle asserzioni corrispondessero alle emergenze probatorie della causa. Del resto, asseriscono i ricorrenti, che qualora il ctu avesse tenuto correttamente conto delle mansioni da essi svolte (come operatori al giro) comportanti la manipolazione diretta di amianto, e della loro incidenza sull’orario lavorativo, sarebbe certamente pervenuto ad esiti positivi circa il superamento del valore limite di legge, come risultavano aver fatto più correttamente altri CTU (ing. ba., ing. G.) in cause riguardanti colleghi di lavoro per medesime mansioni lavorative, negli stessi periodi di tempo ed ambienti di lavoro. I ricorrenti censuravano quindi la sentenza in quanto, pur avendo prodotto tutti questi documenti in giudizio, gli stessi erano stati ignorati dalla Corte d’Appello; la quale, anche in relazione all’istanza di rinnovo della ctu, nulla aveva disposto.

2. Col secondo motivo i ricorrenti censurano la sentenza per omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione alle medesime circostanze sopraindicate, all’esistenza del limite di soglia siccome accertato in altre cause per fatti analoghi ed al mancato rinnovo della perizia (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

3.- I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la connessione che li collega, sono fondati.

Risulta dagli atti che la sentenza impugnata a fronte delle specifiche censure contenute nell’appello, rivolte alla ctu resa in primo grado ed alla decisione che ne aveva recepito le conclusioni, in merito all’omessa considerazione delle reali mansioni svolte dai ricorrenti, per come risultanti dalle prove in atti (ad es. su quelle svolte in attività manutentive come operatore al giro o di unità o capo unità o capo turno), oltre che alle condizioni della loro esposizione all’amianto (anche diretta e non solo ambientale) a seguito di coibentazione e manipolazione di manufatti (pure esse dimostrate dalle prove in atti), abbia osservato che il ctu “espressamente riferisce di aver tenuto conto delle mansioni” in base alle prove. Senza però accertare la reale corrispondenza di tale affermazione alle risultanze del processo. Inoltre, pur dinanzi a documentate critiche, supportate da una perizia prodotta in appello (redatta dall’ing. ba.) e da tre sentenze della stessa Corte d’appello (nn. 758/2008, 760/2008e 741/2008) – nelle quali si affermava l’esistenza di un’esposizione ad amianto superiore a 100 ff/l, per fatti analoghi – la sentenza gravata non fa parola delle stesse affermazioni, nemmeno per sostenere che fossero infondate (perchè in realtà le prove o i fatti addotti fossero differenti). E nulla disponeva in merito alla richiesta di rinnovazione della ctu.

4. Si tratta pertanto di una sentenza che non considera i motivi di appello e non motiva su fatti decisivi del giudizio, idonei a condurre ad una diversa soluzione, dando vita ad una motivazione solo apparente ed apodittica. La doglianza concernente l’omessa considerazione delle reali mansioni svolte e l’accertamento dei benefici ex L. n. 257 del 1992 in favore di altri lavoratori addetti ad esposizione identiche (in relazione a mansioni, periodi, ambienti e lavorazioni), con la produzione di accertamenti tecnici e sentenze di segno contrario, imponevano al giudice di appello di procedere con autonoma valutazione critica, prendendo in considerazione i rilievi mossi dall’appellante anche alle valutazioni del ctu, senza poter sostenere genericamente che il ctu avesse riferito di aver considerato le prove. In quanto tale affermazione non offre in realtà risposta alle censure dei ricorrenti e non da nemmeno atto della correttezza sostanziale della valutazione operata dal ctu.

5.- La sentenza impugnata appare pertanto viziata in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, (nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) in quanto contiene un’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione riferita ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio (ossia a preciso accadimenti ed a precise circostanze in senso storico-naturalistico) tale da determinare l’insostenibilità logica della decisione (Cass. n. 17037/2015, 21152/2014).

6. Ne consegue che il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata in relazione alle censure accolte. Va quindi disposto il rinvio della causa ad altro giudice, designato in dispositivo, per l’ulteriore esame della controversia.

7. Il giudice del rinvio provvederà altresì, ex art. 385 c.p.c. sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2016

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