Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19182 del 02/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 02/08/2017, (ud. 23/02/2017, dep.02/08/2017),  n. 19182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 989-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. FARNESE 7,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO BERLIRI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO COGLIATI DEZZA giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 309/2013 della COMM.TRIB.REG. del LAZIO,

depositata il 26/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’avvocato DETTORI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato BERLIRI che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

RILEVATO

CHE:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. del Lazio n. 309/22/13 dep. 26.9.2013, proveniente da Cass. con rinvio (n. 27551/2011 corretta da successiva ord. n. 19585/12), che ha respinto l’appello dell’Ufficio su impugnazione del silenzio rifiuto dell’istanza di rimborso (Irpef 2001), proposta da F.F., ex dirigente Enel, in applicazione della minore aliquota applicabile alle somme liquidate da Fondenel alla cessazione del rapporto di lavoro.

La C.T.R., richiamati i principi di cui alle S.U. nn. 13642 e 13643 del 2011, ha individuato l’ammontare dei ricavi erogati al contribuente (dal fondo integrativo aziendale (P.I.A), poi trasferito nel Fondenel), maturati fino al 2000, e liquidati in base al prospetto della perizia giurata (contenente i conteggi relativi a quanto maturato in vigenza del fondo PIA e quanto sotto la gestione di Fondenel), nel quale è indicata la somma di rendimento sul mercato; ha quindi distinto la componente di rendimento sulla posizione previdenziale maturata in PIA fino al 31 marzo 1998 da quella maturata in Fondenel (dal 1998 al 2000); conclusivamente ha accertato l’ammontare del rendimento imputabile alla gestione sul mercato, statuendo il diritto al rimborso in applicazione dell’aliquota del 12,50% in luogo della maggiore aliquota applicata dal sostituto d’imposta.

F.F. si costituisce con controricorso.

L’Agenzia delle entrate deposita successiva memoria.

Il ricorrente deposita memoria ex art. 378 c.p.c., cui replica l’Agenzia, con ulteriore memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. col primo motivo si deduce error in procedendo, per violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63 e art. 384 c.p.c. e art. 392 c.p.c. e s.s., non facendo la C.T.R. alcuna distinzione sulle diverse somme maturate in vigenza dei due fondi, pur avendo lo stesso contribuente ammesso (dopo avere richiamato e trascritto due certificazioni rilasciate dall’ENEL, sui rendimenti maturati nella vigenza P.I.A. e Fondenel su cui applicare l’aliquota del 12,50%), che solo i contributi Enel sono stati investiti sul mercato e non anche i contributi versati alla P.I.A., accantonati in bilancio dall’Enel secondo la tecnica della riserva matematica.

2. Col secondo motivo si deduce violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, avendo lo stesso il contribuente differenziato le somme del fondo di P.I.A. da quelle Fondenel, ammettendo che nella vigenza della PIA l’Enel si è limitata ad accantonare in bilancio le somme senza investirle sul mercato, affermando che solo il rendimento maturato in Fondenel è stato conseguito mediante impiego sul mercato dei contributi.

3. Col terzo motivo si denuncia insufficiente motivazione sul mancato esame dell’accordo istitutivo della P.I.A. al fine di verificare se le somme affluite nel fondo P.I.A. fossero state o meno impiegate sui mercati finanziari.

4. Il ricorso è fondato e va accolto nei termini di cui in prosieguo.

Il principio espresso dalle S.U. di questa Corte va interpretato nel senso che “in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (nel testo vigente ratione temporis); b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6 alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento. Sono tali le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato – non necessariamente finanziario – non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate” (cfr. Cass. n. 10285 del 2017).

Per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, il discrimine tra l’applicazione dell’aliquota del 12,50% e la sottoposizione a tassazione separata va, dunque, riferito alla ricorrenza o meno di concreta gestione sul mercato del capitale accantonato (cfr., tra le tante: Cass. 720/17, Cass. 10604/15, 1977/15, 8310/14, 6380/14, 3136/14, 3132/14, 22950/13, 22492/13, 12491-12496/13, 7724-7728/13, 8320/12, 5376/12, 280/12, 29583/11). Detta gestione verrebbe, ovviamente, a mancare se, e nella misura in cui, le somme erogate fossero frutto, anzichè d’investimento di contributi, di accantonamento in base al criterio delle riserve matematiche e fossero, dunque, realizzate, anzichè con metodo “contributivo”, con metodo “retributivo” (per analoga soluzione con riguardo a situazione simile: cfr., tra le tante, Cass. 120/17, 26739/16, 21332/1517535/12).

D’altro canto – posto che, in tema di contenzioso tributario, il contribuente che impugni il rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo riveste la qualità di attore in senso sostanziale, con il consequenziale corollario in tema di distribuzione dell’onere della prova (cfr., tra le altre, Cass. 15026/14, 18427/12) – spetta indubbiamente al contribuente, che invoca il diritto alla ripetizione della maggiore ritenuta praticata dal sostituto di imposta, fornire la prova del fondamento della sua pretesa, dimostrando quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivibile a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento.

Alla luce di tale principio la C.T.R. ha pertanto errato nel ritenere applicabile l’aliquota agevolata anche alle somme di cui al fondo P.I.A., non producendo queste, a differenza del rendimento delle somme di cui al Fondenel e contrariamente a quanto statuito nella sentenza, rendimento netto imputabile alla gestione di mercato da parte del fondo del capitale accantonato senza effettuare qualsiasi attività di diversificazione delle quote di erogazione, secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza testè richiamata, in vista della sottoposizione ad aliquota del 12,50% del solo rendimento finanziario.

La sentenza impugnata deve essere, dunque, cassata e la causa va rinviata al giudice di appello, perchè si dia effettivo corso al dictum della sentenza di questa Corte n. 30766/11, consistente nell’affermazione del diritto del contribuente ad usufruire dell’imposizione con aliquota del 12,50%, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4, e L. n. 482 del 1985, art. 65 con esclusivo riguardo alle somme costituenti frutto di effettivo impiego sul mercato di capitale accantonato (in tal senso, con riguardo ad analoghe controversie, v., anche, Cass. 720/17 e 26728/16).

5. La causa va, pertanto, rinviata alla Commissione tributaria regionale del Lazio perchè – ai fini della definizione dell’ammontare dell’eventuale credito restitutorio del contribuente – accerti se (ed eventualmente quale) parte delle somme complessivamente erogate al contribuente corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato del capitale accantonato e calcolando, quindi, le imposte dovute, con applicazione solo alla parte suddetta delle somme erogate dell’aliquota del 12,50% secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6 fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1 lett. a, e art. 17.

3. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.

PQM

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la regolamentazione delle spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2017

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