Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19181 del 15/09/2020

Cassazione civile sez. II, 15/09/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 15/09/2020), n.19181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19302/2019 proposto da:

O.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TAGLIAMENTO

n. 45, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO DELL’UNTO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO ROBERTO

SANTARELLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO

PROTEZIONE INTERNAZIONALE BRESCIA, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositata il

16/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/01/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

O.D., cittadino (OMISSIS) di religione cristiana, impugnava il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Brescia con il quale era stata rigettata la sua richiesta volta ad ottenere, in via principale, lo status di rifugiato, in subordine la protezione sussidiaria ed in ulteriore subordine il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. A sostegno dell’istanza il ricorrente deduceva di essere fuggito dalla Nigeria perchè alla morte del padre, che apparteneva ad una setta vodoo, gli era stato richiesto di abbracciare quella credenza; era stato picchiato dagli appartenenti alla setta, si era rifugiato presso uno zio, aveva denunciato inutilmente il fatto alla Polizia che non era intervenuta riconducendolo ad un problema di tradizioni locali, aveva subito un’ulteriore aggressione presso l’abitazione dello zio, al quale in quell’occasione era stata tagliata una mano, riuscendo a fuggire; a seguito della morte dello zio per dissanguamento aveva deciso di abbandonare il Paese per timore di essere ucciso.

Si costituiva il Ministero resistendo al ricorso ed invocandone il rigetto.

Con il decreto impugnato il Tribunale di Brescia rigettava il ricorso, ritenendo insussistenti i requisiti previsti per il riconoscimento di una delle forme di tutela invocate dal ricorrente.

Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto O.D. affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, perchè il Tribunale avrebbe ritenuto scarsamente credibile la sua storia personale senza però spiegare i motivi di detto convincimento.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione ed errata applicazione delle norme in materia di protezione sussidiaria, perchè il giudice di merito avrebbe dovuto ravvisare gli estremi per il riconoscimento di detta forma di tutela alla luce della condizione di insicurezza, violenza e rischio generalizzato esistente in Nigeria.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, perchè il giudice bresciano avrebbe dovuto quantomeno riconoscere la sussistenza dei presupposti per la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, alla luce della condizione di vulnerabilità derivante dalla situazione esistente in Nigeria.

Le tre censure, che meritano un esame congiunto, sono inammissibili.

Il Tribunale, dopo aver dato atto in modo dettagliato della storia personale riferita dall’ O. (cfr. pagg. 1 e 2 del decreto impugnato) la riteneva non credibile perchè contrastante con le fonti consultate, dalle quali emergeva che la successione da padre a figlio nelle cariche sacerdotali della religione tradizionale locale “… non è una pratica comune in Nigeria e soprattutto non è automatica… il futuro successore è probabilmente avviato sin dalla giovane età, necessitando ragionevolmente di periodo di noviziato… non risulta l’investitura coatta e la punizione, anche con la morte, in caso di rifiuto” (cfr. pag.3 del decreto, ove le fonti sono peraltro adeguatamente riportate). Tale motivazione non è attinta da alcuno dei motivi di censura proposti dall’ O.: costui infatti non contesta in alcun modo la ricostruzione proposta dal giudice di merito, dal che deriva il difetto di specificità dei motivi predetti.

Del pari non plausibile è ritenuta dal Tribunale l’aggressione subita dallo zio, poichè “Il richiedente infatti ha riferito che al momento dell’arrivo degli asseriti agenti persecutori presso la casa del parente si era nascosto nella foresta e dopo alcune ore era tornato trovando l’uomo a terra che urlava. Sennonchè gli aggressori avevano tagliato la mano dello zio poco dopo il loro arrivo, di talchè costui, stante oil lungo lasso di tempo trascorso prima del ritorno del nipote, avrebbe dovuto morire dissanguato o più ragionevolmente avrebbe dovuto incamminarsi da solo verso la struttura, che come riferito dal ricorrente non era distante” (cfr. ancora pag. 3 del decreto). Anche questo passaggio della motivazione non è attinto dai motivi di ricorso, che pertanto risultano ulteriormente carenti del necessario livello di specificità.

Il giudice di merito è poi passato ad esaminare la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, escludendola perchè l’Edo State (zona di provenienza del richiedente) non è interessata da fenomeni di violenza generalizzata. A simile conclusione il Tribunale lombardo è pervenuto sulla base di una serie di fonti, debitamente richiamate in motivazione, dal cui esame ha ricavato la conclusione che, nella zona meridionale del Paese, la violenza sia finalizzata al controllo delle risorse petrolifere e quindi non diretta in modo indiscriminato contro tutta la popolazione locale.

Infine, il giudice bresciano ha negato la concessione della tutela umanitaria ritenendo insussistenti i profili di vulnerabilità soggettiva previsti dalla legge, in quanto l’ O. gode di buona salute, non ha malattie, ha piena capacità lavorativa e non ha dedotto particolari ragioni di radicamento nel territorio italiano.

Anche tali passaggi motivazionali non sono adeguatamente attinti dai motivi di censura, che non contestano nè la ricostruzione specificamente operata dal Tribunale in relazione alle caratteristiche dei fenomeni di violenza esistenti nella zona del delta del Niger (ricca di risorse petrolifere), nè l’assenza di ragioni di vulnerabilità soggettiva. Sotto il primo profilo, infatti, il ricorrente si limita ad una generica allegazione di una condizione di violenza ed insicurezza, senza tuttavia superare la dettagliata ricostruzione operata dal giudice di merito; mentre, sotto il secondo profilo, le censure proposte dall’ O. si incentrano sulla pericolosità del contesto interno nigeriano, sempre inteso in modo generale, senza per nulla affrontare il tema specifico della presenza, o assenza, di profili di vulnerabilità soggettiva in capo al richiedente.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, considerato che l’atto notificato dal Ministero non presenza i requisiti minimi previsti per il controricorso.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dal L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2020

 

 

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