Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19181 del 07/09/2010

Cassazione civile sez. I, 07/09/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 07/09/2010), n.19181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.S., R.A., S.F. e

T.S., elettivamente domiciliati in Roma, Piazza del

Popolo 18, presso l’avv. FRISANI Pietro L., che li rappresenta e

difende per procura in atti;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Venezia in data 8

febbraio 2008, – nella causa iscritta al n. 373/2007 R. Ricorsi;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4

marzo 2010 dal relatore, cons. Dott. Stefano Schiro’;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott.ssa CARESTIA Antonietta, che nulla ha

osservato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

A) rilevato che e’ stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

RITENUTO CHE:

1. A.S., R.A., S. F. e T.S. hanno proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Venezia in data 8 febbraio 2008 in materia di equa riparazione L. n. 89 del 2001, ex art. 2;

1.1. il Ministero dell’Economia e delle Finanze intimato ha resistito con controricorso;

OSSERVA:

2. i due motivi di ricorso, esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, appaiono manifestamente fondati, in quanto la liquidazione dell’indennizzo per danno non patrimoniale in conseguenza della violazione del termine ragionevole di durata del processo in misura pari ad Euro 500,00 per ogni anno di ritardo e’ notevolmente inferiore, in misura non ragionevole, al parametro stabilito dalla CEDU;

3. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione, rilevando altresi’ che per mero errore materiale nel dispositivo del decreto impugnato e’ stato rigettato il ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia ed accolto quello nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, condannata al pagamento dell’indennizzo nei confronti dei ricorrenti; infatti, poiche’ il ricorso introduttivo del giudizio e’ stato proposto il 20 aprile 2007, legittimato passivo, ratione temporis, ai sensi della L.n. 89 del 2001, art. 3, comma 3, come modificato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1224, e’ soltanto il Ministero dell’Economia e delle Finanze e non anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri, come ritenuto anche dalla Corte di appello di Venezia in motivazione (v. pag. 3 del decreto impugnato), con la conseguenza che il dispositivo del provvedimento qui gravato di ricorso per cassazione deve essere correttamente inteso nel senso che il ricorso e’ stato rigettato nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e accolto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per l’effetto condannato al pagamento dell’indennizzo nei confronti dei ricorrenti, come sostanzialmente riconosciuto nel presente giudizio di cassazione sia dai ricorrenti, che hanno proposto il ricorso solo nei confronti del suddetto Ministero, sia da quest’ultimo, che con il proprio controricorso ha chiesto il rigetto nel merito del ricorso per cassazione, ma non ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva;

ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso merita accoglimento e che il decreto impugnato deve essere annullato;

B1) considerato che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2; che in particolare, determinato, secondo il non censurato accertamento del giudice del merito, in cinque anni, sette mesi e tre giorni il periodo di durata non ragionevole, il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009; che, secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, a condizione che le decisioni pertinenti siano coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato, e purche’ detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversita’ di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata; ritenuto che tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno; che nel caso di specie si deve, di conseguenza, riconoscere a ciascun ricorrente l’indennizzo complessivo di Euro 4.833,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze;

B2) considerato altresi’ che le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352).

PQM

LA CORTE accoglie il ricorso Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di ciascun ricorrente della somma di Euro 4.833,00 oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda.

Condanna inoltre il suddetto Ministero al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del giudizio di merito, liquidate complessivamente in Euro 1.107,00, di cui Euro 612,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, e di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano complessivamente in Euro 795,00 di cui Euro 695,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 4 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2010

 

 

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