Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1918 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. un., 28/01/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 28/01/2021), n.1918

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente di Sez. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9962/2019 proposto da:

INTERPORTO REGIONALE PER LA PUGLIA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR 17, presso lo studio dell’avvocato ENRICO FOLLIERI,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati FILIPPO

COLAPINTO, ed ANDREA PANZAROLA;

– ricorrente –

contro

REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente pro tempore della Giunta

Regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO DEL RINASCIMENTO

11, presso lo studio dell’avvocato GIANLUIGI PELLEGRINO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERLUIGI BALDUCCI;

MERCITALIA LOGISTICS S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN NICOLA DA

TOLENTINO 67, presso lo STUDIO LEGANCE – AVVOCATI ASSOCIATI,

rappresentata e difesa dagli avvocati FILIPPO PACCIANI, ed

ALESSANDRO BOTTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5441/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 17/09/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per

l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Andrea Panzarola ed Alessandro Botto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del TAR Puglia di rigetto della domanda della società Interporto Regionale di accertamento dell’illegittimità della revoca, disposta dalla Regione Puglia, del finanziamento del progetto per la realizzazione e gestione dell’interporto regionale della Puglia di cui la società odierna ricorrente era il soggetto attuatore.

Ha affermato, con riferimento alla giurisdizione, che la disposta revoca non rappresentava una mera fattispecie privatistica in cui l’effetto decadenziale era riferito ai soli inadempimenti della beneficiaria, ma postulava l’esercizio da parte della Regione, e in una fase in cui il contributo era stato solo in parte erogato, di poteri discrezionali ed autoritativi espressione di funzione pubblica mediante il rinnovato apprezzamento sui presupposti e le condizioni di ammissione al finanziamento e più in generale mediante la rivalutazione della fattibilità dell’intervento nel suo complesso,alla luce della capacità economica finanziaria del soggetto attuatore a realizzarlo,tenendo fede agli impegni assunti e della sua generale affidabilità.

Il giudice amministrativo ha rilevato, dunque, che la Regione non si era limitata a definanziare l’intervento in considerazione dei plurimi inadempimenti contestati e delle reiterate inottemperanze nella fase esecutiva del finanziamento mediante una disamina parcellizzata delle singole violazioni commesse rispetto alle obbligazioni disciplinare, ma aveva discrezionalmente valutato, nell’evolversi del procedimento amministrativo ed anche in relazione agli ulteriori impegni assunti (costituiti dall’omessa prestazione di una garanzia ed dal mancato raggiungimento di un accordo con un partner industriale in grado di garantire l’apporto dei mezzi finanziari), le concrete possibilità di realizzazione di un intervento ritenuto prioritario e strategico, vista la sussistenza di univoci indici sintomatici della generale incapacità del soggetto attuatore di porre rimedio alle carenze riscontrate, pervenendo, pertanto, nell’esercizio legittimo delle proprie funzioni ad un giudizio di complessiva inaffidabilità della società idonea a compromettere l’esecuzione del progetto. Ha osservato,pertanto, che i singoli e molteplici inadempienti contestati ad IRP (il mancato perfezionamento dell’acquisto dei suoli da Mercitalia, l’omessa integrale restituzione delle somme, la mancata prestazione di una polizza a garanzia) costituivano a ben vedere conseguenze dirette e corollario dell’inidoneità della beneficiaria e della constata impossibilità di quest’ultima di garantire,anche mediante la partecipazione ad essa di soggetti privati, l’apporto degli indispensabili mezzi finanziari, profilo che a ragione il TAR aveva ritenuto di primaria importanza.

Il C.d.S. ha concluso confermando la sentenza del TAR di rigetto ritenendo i singoli inadempimenti contestati assorbiti nella generale perdita di affidabilità di IRP.

2. Avverso la sentenza ricorre alle Sezioni Unite di questa Corte la soc. IRP denunciando eccesso giurisdizionale con due motivi. Resistono la Regione Puglia e la soc. Mercitalia La soc. Interporto e la Regione Puglia hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. La società denuncia eccesso di potere giurisdizionale, violazione degli art. 7 e 34, comma 2, CPA; contraddittorietà e travisamento; violazione degli artt. 24,103,111,117 Cost.; degli artt. 6 e 13 CEDU dell’art. 47 Carta Diritti Fondamentali dell’UE in materia di effettività della tutela giurisdizionale e di tutela del diritto di difesa.

Lamenta che sia il TAR che il C.d.S avevano esorbitato dai limiti della loro giurisdizione sostituendosi alla pubblica amministrazione,esercitando una giurisdizione di merito,in situazione che avrebbero dovuto dare ingresso solo ed esclusivamente ad un giurisdizione di legittimità.

Deduce che sia il TAR che il C.d.S. avevano fondato il rigetto della domanda sull’inadempimento degli obblighi imposti con l’ordinanza cautelare del TAR invece di attenersi all’esame del ricorso e delle motivazioni del provvedimento assumendo che l’impugnato provvedimento di revoca si fonderebbe sulla riconsiderazione dell’affidabilità della società valutata negativamente in base a due elementi: la mancata conclusione di un accordo di partnership e la prestazione di una idonea garanzia sulla restituzione dell’anticipazione. La società denuncia che detti obblighi erano ulteriori rispetto a quelli del disciplinare e che in tal modo il TAR e poi il C.d.S. avevano espresso la volontà di sostituirsi a quella dell’amministrazione.

Osserva, pertanto, che in base a tale diversa disciplina del rapporto il giudice amministrativo aveva rigettato il ricorso ritenendo che l’inadempimento di uno di questi obblighi dimostrasse l’inaffidabilità di IRP, ma in tal modo aveva invaso la sfera dei poteri della PA esercitando una discrezionalità appartenente all’amministrazione la quale aveva motivato il provvedimento di revoca sulla base di ulteriori e diverse circostanze.

Tale diniego di giustizia viola l’art. 111 Cost., del giusto processo, nonchè il diritto ad un processo equo ed effettivo.

4. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 103 Cost., comma 1 e della costante giurisprudenza sul riparto di giurisdizione in materia di revoca di concessione di finanziamenti pubblici.

Richiama la giurisprudenza di questa Corte e rileva che la revoca era stata determinata sulla base di presunti inadempimenti agli obblighi assunti da IRP nel disciplinare e, dunque, il Tar ed il C.d.S., in applicazione della citata giurisprudenza, avrebbero dovuto dichiarare il difetto di giurisdizione, infatti, la rivalutazione sull’affidabilità era stata costruita sulle asserite inadempienze agli obblighi del disciplinare ed a quelli assunti nel corso del giudizio.

Osserva, infine, l’inapplicabilità alla fattispecie del noto orientamento della Corte di Cassazione secondo cui l’attore che abbia incardinato la causa davanti ad un giudice rimanendo soccombente nel merito non avrebbe potuto denunciare il difetto di giurisdizione. Rileva, infatti, che nella specie non sussistevano i presupposti di tale orientamento in quanto il vizio di giurisdizione,oggetto del presente ricorso, era sopravvenuto in corso di causa allorchè il giudice aveva preteso di esercitare i poteri di merito spettanti alla PA e la soccombenza della società era dipesa proprio dalla circostanza che il TAR ed il C.d.S. avevano esorbitato dai limiti della loro giurisdizione.

5.11 ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Con il primo motivo la società Interporto lamenta, in sostanza, che il giudice amministrativo avrebbe superato i limiti della sua giurisdizione effettuando valutazioni di merito spettanti alla pubblica amministrazione, in tal modo violando l’ambito della giurisdizione in generale, esercitando la stessa nella sfera riservata alla discrezionalità amministrativa.

Secondo la ricorrente, infatti, la legittimità della revoca del finanziamento adottato dalla Regione sarebbe stato fondato dai giudici amministrativi, sulla base di motivazioni estranee al provvedimento, riferendosi,infatti, all’avvenuto inadempimento da parte della società alle condizioni stabilite dal TAR Puglia nella sua ordinanza cautelare del 10/10/2016, costituite dalla mancata presentazione di una valida garanzia in relazione alle somme percepite e non rendicontate ed alla mancata formalizzazione di una seria partnership.

6. Va, in primo luogo, rilevato che nella fattispecie in esame) in cui il C.d.S. ha confermato la legittimità della Delibera della Regione di revoca del finanziamento) debba in generale escludersi l’eccesso di potere giurisdizionale per usurpazione della funzione amministrativa.

Queste S.U. hanno affermato, infatti, che “poichè la pronuncia di rigetto del giudice amministrativo si esaurisce nella conferma del provvedimento impugnato e non si sostituisce all’atto amministrativo – conservando l’autorità che lo ha emesso tutti i poteri che avrebbe avuto se l’atto non fosse stato impugnato eccetto la possibilità di ravvisarvi i vizi di legittimità ritenuti insussistenti dal giudice -, non è ipotizzabile in tale tipo di pronuncia uno sconfinamento nella sfera del merito e quindi della discrezionalità e opportunità dell’azione amministrativa (cfr. SU n. 13927/2001 e da ultimo SU n. 32619/2018).

7. Va, inoltre, rilevato che il C.d.S. ha ritenuto legittimo il provvedimento di revoca del finanziamento che la Regione aveva adottato sulla base di una complessiva valutazione circa l’affidabilità della società avuto riguardo agli inadempimenti posti in essere alle disposizioni del disciplinare, nonchè ai successivi impegni assunti durante il procedimento amministrativo di revoca (consistenti nella restituzione delle somme non rendicontate o in alternativa al rilascio di polizza fideiussoria) e poi davanti al TAR, quali condizioni per ottenere la sospensione cautelare della revoca. Come emerge dall’esposizione in fatto la stessa società Interporto si era obbligata davanti al TAR, al fine di ottenere la sospensione della revoca, a fornire una polizza a garanzia della restituzione delle somme riscosse dalla Regione, ma non rendicontate in violazione del disciplinare, nonchè a formalizzare una partnership in grado di garantire i mezzi finanziari per la realizzazione dell’intervento. Il giudice amministrativo,lungi dal fondare la decisione assunta sulla base del mancato rispetto di obblighi innovativi introdotti dallo stesso giudice amministrativo, è invece pervenuto ad affermare la legittimità della revoca osservando che “la disposta revoca non rappresenta infatti una mera fattispecie privatistica in cui l’effetto decadenziale è riferito ai soli inadempimenti della beneficiaria, ma postula l’esercizio da parte dell’amministrazione regionale, e in una fase in cui il contributo era stato solo in parte erogato, di poteri discrezionali ed autoritativi espressione di funzione pubblica, mediante il rinnovato apprezzamento sui presupposti e le condizioni di ammissione al finanziamento e più in generale mediante la rivalutazione, sulla scorta degli elementi informativi acquisiti negli ulteriori sviluppi procedimentali, della fattibilità dell’intervento nel suo complesso alla luce della capacità economica finanziaria del soggetto attuatore a realizzarlo tenendo fede agli impegni assunti e della sua generale affidabilità”.

Il C.d.S. ha osservato, ancora, che la Regione non si era limitata a definanziare in considerazione dei plurimi inadempimenti, ma aveva discrezionalmente valutato le concrete possibilità di realizzazione di un intervento prioritario e strategico ed è giunta ad un giudizio complessivo di inaffidabilità della società idonea a compromettere l’esecuzione del progetto.

8. Sulla base degli argomenti di cui sopra non è ravvisabile alcun eccesso giurisdizionale nella valutazione degli inadempimenti del beneficiario del finanziamento revocato che si sono tradotti in una riconsiderazione discrezionale da parte della Regione dell’affidabilità del soggetto, in una sostanziale valutazione di infattibilità del progetto, ritenuto di primaria importanza, e ciò all’esito del legittimo esercizio del potere di autotutela e di ponderazione degli interessi pubblici sottesi spettante alla pubblica amministrazione ed in definitiva manifestazione di buona amministrazione (cfr. SU n. 33013/2018, n. 3166/2019).

9. Il ricorso è infondato anche con riferimento al secondo motivo con cui si denuncia, in definitiva, la violazione delle norme sul riparto della giurisdizione e, dunque, non si configura alcun eccesso giurisdizionale.

Va, inoltre, richiamata la giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo cui ” l’attore che abbia incardinato la causa dinanzi ad un giudice e sia rimasto soccombente nel merito non è legittimato ad interporre appello contro la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui prescelto in quanto non soccombente su tale, autonomo capo della decisione” (cfr. Cass. 20/10/2016 n. 21260, n. 1309 del 19/01/2017, n. 22439 del 24/9/2018, n. 33685 del 31/12/2018, n. 6281 del 04/03/2019).

Nella fattispecie il TAR aveva affermato la giurisdizione amministrativa scelta dalla stessa soc. Interporto, ma contestata dalla sola Regione che non ha proposto ricorso incidentale sul punto, con la conseguenza che la ricorrente non è soccombente sulla questione della giurisdizione. Nè è fondato, per le considerazioni di cui al primo motivo, il rilievo di parte ricorrente secondo cui il vizio si sarebbe configurato in corso di giudizio all’esito della decisione del TAR.

10. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente a pagare sia alla Regione Puglia sia alla soc. Mercitalia le spese di lite liquidate come in dispositivo.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali che liquida in favore della Regione Puglia in Euro 20.000,00 per compensi professionali oltre 15% per spese generali ed accessori di legge nonchè Euro 200,00 per esborsi, ed in favore della soc. Mercitalia in Euro 10.000,00 per compensi professionali,oltre 15% per spese generali ed accessori di legge nonchè Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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