Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19179 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/07/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 17/07/2019), n.19179

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 12343/2016 R.G. proposto da:

Vallison 2004 S.r.l. in liquidazione, Pelinvest S.r.l. a socio unico,

elettivamente domiciliate in Roma, Via Crescenzo n. 91, presso lo

Studio dell’Avv. Claudio Lucisano, che la rappresenta e difende,

anche disgiuntamente cogli Avv.ti Lorenzo Imperato, Raffaella

Enrietti, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Piemonte n. 1179/34/15, depositata il 12 novembre 2015.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 28 maggio 2019

dal Cons. Dott. Bruschetta Ernestino Luigi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Sorrentino Federico, che ha concluso per il rigetto

del ricorso.

udito l’Avv. dello Stato Francesca Subrani, per la controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con l’impugnata sentenza la Regionale del Piemonte confermava la prima decisione che aveva respinto i riuniti ricorsi promossi dalla consolidata Vallison 2004 S.r.l. – e dalla consolidante Pelinvest S.r.l. – avverso distinti avvisi di accertamento con i quali venivano recuperati a tassazione maggiori ricavi “in nero” ai fini IRES IVA IRAP 2008 in relazione alla vendita di due appartamenti ubicati in un prestigioso palazzo storico nel centro di Torino.

2. La Regionale, ritenute sussistenti le condizioni che avevano consentito all’ufficio di procedere all’accertamento con il metodo analitico induttivo, respingeva nel merito i ricorsi sulla scorta della prova presuntiva dell’evasione offerta dall’ufficio.

3. Le contribuenti ricorrevano per due motivi, mentre l’amministrazione resisteva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, formulato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denunciando la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), oltrechè la violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, art. 92, le contribuenti rimproveravano alla Regionale di aver erroneamente reputato esistenti le condizioni che avevano legittimato l’ufficio all’accertamento analitico induttivo; in particolare, le contribuenti, evidenziavano che le scritture ausiliarie di magazzino, comunque mal giudicate irregolari dalla Regionale, non essendo obbligatorie, avrebbero perciò dovute essere considerate irrilevanti.

1.1. Il motivo è infondato; invero, l’ufficio, come ha poi senza contestazioni riscontrato la Regionale, ha accertato l’omessa dichiarazione dei ricavi, in ragione di numerosi indizi ritenuti gravi, precisi e concordanti; ciò che permette di prescindere dalla verifica dell’alternativo requisito della sussistenza della irregolare tenuta delle scritture; in effetti, secondo quanto previsto dal citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), ultima alinea,, costituisce specifica ipotesi di accertamento analitico induttivo quella per cui l’amministrazione è autorizzata a disattendere la formale regolarità delle scritture a mezzo di presunzioni semplici circa l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate (Cass. sez. trib. n. 23550 del 2014; Cass. sez. trib. n. 20060 del 2014).

2. Con il secondo motivo, ancora formulato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denunciando la violazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, artt. 1,5,6,9, “siccome riformati dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 15”, le contribuenti chiedevano che fossero retroattivamente applicate le minori sanzioni stabilite dalla recente lex mitior; a riguardo, le contribuenti precisavano che le sanzioni erano state originariamente contenute nel minimo edittale, ma che i ridetti minimi edittali erano stati ridotti dalla successiva legge più favorevole.

2. Il motivo è infondato; è vero che il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, comma 3, ripete il principio penale dell’applicazione retroattiva della legge più favorevole; tuttavia, il favor rei deve essere verificato in concreto, stabilendo se il precedente complessivo trattamento, sia per davvero deteriore rispetto a quello successivo (Cass. sez. trib. n. 14406 del 2017); concrete circostanze che i contribuenti non hanno affatto esposto con la necessaria specificità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna le contribuenti, in solido tra loro, a rimborsare all’ufficio le spese processuali, queste liquidate in complessivi Euro 4.000,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 maggio 2019

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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