Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19179 del 07/09/2010

Cassazione civile sez. I, 07/09/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 07/09/2010), n.19179

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.R., elettivamente domiciliato in Roma, via Giulia di

Colloredo 46/48, presso l’avv. De Paola Gabriele, che lo rappresenta

e difende per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, e PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del

Presidente pro tempore;

– intimati –

avverso il decreto della Corte d’appello di Venezia del 23 novembre

2007, nella causa iscritta al n. 1137/06 R. Ricorsi;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4

marzo 2010 dal relatore, cons. Dott. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott.ssa CARESTIA Antonietta, che nulla ha

osservato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico ministero e notificata all’avvocato del ricorrente:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

RITENUTO CHE:

1. C.R. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Venezia in data 23 novembre 2007 in materia di equa riparazione L. n. 89 del 2001, art. 2;

1.1. la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, intimati, non hanno svolto difese;

OSSERVA:

2. i due motivi di ricorso, esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, appaiono manifestamente fondati, in quanto la liquidazione dell’indennizzo per danno non patrimoniale in conseguenza della violazione del termine ragionevole di durata del processo in misura pari ad Euro 500,00 per ogni anno di ritardo è notevolmente inferiore, in misura non ragionevole, al parametro stabilito dalla CEDU;

3. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione, rilevando altresì l’inammissibilità de ricorso per cassazione proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non è stato parte nel giudizio di merito ed è sprovvisto di legittimazione passiva nella presente fase processuale alla stregua della normativa applicabile alla fattispecie ratione temporis; ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, deve essere dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e accolto quello nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e che il decreto impugnato deve essere annullato in ordine alla censura accolta;

B1) considerato che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2; che in particolare, determinato, secondo il non censurato accertamento del giudice del merito, in cinque anni, nove mesi e sedici giorni il periodo di durata non ragionevole, il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009; che, secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata de processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, a condizione che le decisioni pertinenti siano coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato, e purchè detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversità di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata; ritenuto che tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno; che nel caso di specie si deve, di conseguenza, riconoscere al ricorrente l’indennizzo complessivo di Euro 4.999,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannata la Presidenza del Consiglio dei Ministri soccombente;

B2) considerato altresì che, per quanto riguarda il rapporto processuale tra il ricorrente C. e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo il Ministero intimato svolto attività difensiva, e che invece, per quanto concerne il rapporto tra il ricorrente e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, le spese del giudizio di merito e di quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397;

2008/25352), con distrazione delle spese del giudizio di merito in favore dei procuratori del ricorrente, Francesco e Gabriele De Paola, dichiaratisi antistatari.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Accoglie il ricorso nei confronti della Presidenza de Consiglio dei Ministri. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna detta Presidenza al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 4.999,00 oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda. Condanna inoltre la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 873,00, di cui Euro 378,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 665,00 di cui Euro 565,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge con distrazione delle spese del giudizio di merito, in favore dei procuratori del ricorrente, avvocati Francesco e Gabriele De Paola, dichiaratisi antistatari.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2010

 

 

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