Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19178 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/07/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 17/07/2019), n.19178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 21847/2015 R.G. proposto da:

Istituto Clinico Città Studi S.p.A., elettivamente domiciliata in

Roma, Via L. Calamatta n. 16, presso lo Studio dell’Avv. Roberta

Paparo, che la rappresenta e difende, con gli Avv.ti Vittorio

Emanuele Falsitta e Mario Giannotta, giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 2166/2/15, depositata il 19 maggio 2015.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 28 maggio 2019

dal Cons. Dott. Bruschetta Ernestino Luigi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Sorrentino Federico, che ha concluso per il rigetto

del ricorso.

udito l’Avv. Mario Giannotta, per la ricorrente;

udito l’Avv. dello Stato Francesca Subrani, per la controricorrente;

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con l’impugnata sentenza la Regionale della Lombardia, in riforma della prima decisione, respingeva il ricorso promosso dall’Istituto Clinico Città Studi S.p.A. avverso l’avviso di accertamento con il quale veniva recuperata IVA 2005 in relazione al riconoscimento da parte della Regione di un incentivo economico all’adeguamento ante tempus delle strutture ospedaliere.

2. Secondo la Regionale il riconoscimento da parte della Regione dell’incentivo in questione, quest’ultimo stabilito in forma di non abbattimento delle tariffe di prestazioni mediche rimborsabili dal SS.NN., un abbattimento tariffario che sarebbe stato invece ex lege dovuto a cagione del superamento del tetto annuale di spesa sanitaria, doveva considerarsi operazione imponibile ai fini IVA ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, perchè concesso a fronte di una specifica obbligazione di fare, appunto costituita dall’adeguamento ante tempus delle strutture ospedaliere.

3. La contribuente ricorreva per cinque motivi, anche illustrati da memoria; l’ufficio resisteva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, formulato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la contribuente rimproverava alla Regionale di aver omesso di esaminare fatti decisivi; e tali, in thesi della contribuente, sarebbero stati, la mancanza di obblighi risarcitori, in caso di non adeguamento ante tempus delle strutture ospedaliere; la mancanza di clausole risolutive espresse, in caso di inadempimento e la mancanza di acquisizione delle opere finanziate; secondo la contribuente, quindi, l’omesso esame delle riassunte circostanze avrebbe erroneamente condotto la Regionale ad accertare l’esistenza di una obbligazione di fare imponibile.

1.1. Il motivo è inammissibile; in realtà, la contribuente non contesta alla Regionale di avere accertato fatti senza esaminare circostanze decisive che, se opportunamente considerate, avrebbero potuto portarla ad accertare fatti differenti; bensì, la contribuente, rimprovera alla Regionale di non avere giuridicamente interpretato le riassunte circostanze, in causa peraltro pacifiche, nel senso dell’inesistenza di un’operazione imponibile ai fini IVA; e, ciò, diversamente dalla Regionale che aveva, invece, in diritto, qualificato giuridicamente i medesimi fatti giungendo a ritenere che l’incentivo fosse a corrispettivo di una prestazione di servizi imponibile; e, precisamente, che costituisse una prestazione di fare imponibile, l’adeguamento ante tempus delle strutture sanitarie; cosicchè, all’evidenza, la contribuente ha con ciò addebitato alla Regionale un error in iudicando, nella sostanza la violazione del citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, per aver giuridicamente sbagliato a qualificare come obbligazione di fare l’adeguamento ante tempus delle strutture ospedaliere; un error in iudicando che, pertanto, avrebbe dovuto censurare ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (Cass. sez. I n. 24155 del 2017).

2. Con il secondo motivo, questa volta formulato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente addebitava alla Regionale di avere violato gli artt. 1173,1174 e 1218 c.c., oltrechè al D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 1,2 e 3,per aver erroneamente qualificato l’adeguamento ante tempus delle strutture sanitarie come un’obbligazione di fare assoggettabile a IVA, a corrispettivo del riconoscimento dell’incentivo; invero, secondo la contribuente, le medesime circostanze di fatto riassunte al motivo che precede, particolarmente la mancanza di previsioni contrattuali risarcitorie, oltrechè la mancanza di clausole negoziali di recesso in caso di inadempimento, andavano invece giuridicamente interpretate nel senso dell’inesistenza di una obbligazione di fare assoggettabile a IVA; e, ciò, a causa dell’assenza di una coercibilità diretta e indiretta dell’adeguamento ante tempus delle strutture mediche.

2.1. Il motivo è infondato.

2.2. Deve essere premesso che, diversamente da quanto era stabilito dall’art. 6, paragr. 1, Dir. CE 17 maggio 1977 n. 388, oltrechè diversamente da quanto è stato stabilito dall’art. 24, paragr. 1, Dir. CE 28 novembre 2006 n. 112, per cui deve considerarsi prestazione di servizi imponibile “ogni operazione che non costituisce una cessione di beni”, con al citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 1, il legislatore domestico ha preferito individuare le prestazioni di servizi imponibili con riguardo alle fonti dell’obbligo; costituiscono, quindi, per al citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 1, operazioni imponibili ai fini IVA, le prestazioni di servizi che trovano la loro fonte in taluni contratti tipici; e, inoltre, le prestazioni di servizi derivanti “in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”; la fonte dell’obbligazione, perciò, come nel nostro caso, può non essere contrattuale (Corte giust. UE, sez. VI n. 498 del 2002; p.es., sono stati ritenuti assoggettabili a IVA, addirittura, i proventi da illecito, v. Cass. sez. trib. n. 24471 del 2006); nel caso di specie, la fonte dell’obbligazione è precisamente legislativa, atteso che l’adeguamento delle strutture sanitarie costituiva all’evidenza una prestazione di fare non facoltativa, tra l’altro da eseguirsi inderogabilmente entro tre anni, per poter mantenere la convenzione con il SSN.

2.3. Al citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 1, quando stabilisce che “Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”, non precisa chiaramente se, la prestazione di servizi, per costituire operazione imponibile ai fini IVA, debba sempre avere natura onerosa; ad verba, infatti, potrebbe sembrare che il carattere oneroso sia prescritto solo quando le prestazioni di servizi trovano la loro fonte negli elencati contratti tipici, per i quali effettivamente si dice che le prestazioni di servizi devono essere pattuite dietro corrispettivo; mentre, al contrario, nulla viene espressamente detto per le prestazioni di servizi che dipendono “da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”; tuttavia, la necessità che anche le prestazioni di servizi che non trovano la loro fonte negli indicati contratti tipici, debbano avere natura onerosa, è facilmente ricavabile dall’art. 2, paragr. 1, iii, lett. c) Dir. CE n. 112 cit., che dispone nel senso che siano assoggettate all’imposta sulla cifra d’affari solo “le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso”; e, ciò, non diversamente da quanto era stabilito dall’art. 2, paragr. 1, n. 1 Dir. CE n. 388 cit. (Corte giust. UE sez. IV n. 432 del 2016; Corte giust. UE sez. VI n. 16 del 1994; Cass. sez. trib. n. 5377 del 2017).

2.4. Ciò che introduce all’ultima questione controversa, dedotta col motivo all’esame; e, cioè, se fosse o meno a titolo oneroso la particolare prestazione di servizi costituita dall’adeguamento ante tempus delle strutture sanitarie, a fronte del riconoscimento dell’incentivo economico sopra descritto; ma, in questo caso, la giurisprudenza unionale, oltre che quella domestica, non hanno mai avuto ragione di dubitare che, ad integrare il requisito dell’onerosità in parola, debba reputarsi sufficiente, per il prestatore, un vantaggio economicamente valutabile, allorquando questo incremento economico trovi la sua giustificazione nella prestazione del servizi (Corte giust. UE, sez. VIII n. 283 del 2013; Cass. sez. trib. n. 16128 del 2017); condizioni, all’evidenza, nella concreta fattispecie, tutte presenti, atteso il rilevantissimo valore economico del mancato abbattimento tariffario, che rinviene la sua causa nell’adeguamento strutturale realizzato prima del termine fissato.

3. Con il terzo motivo, formulato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la contribuente addebitava alla Regionale la violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver omesso di pronunciare sull’eccezione proposta in primo grado, nonchè ribadita in grado d’appello, per cui l’imposta non poteva essere recuperata, trattandosi di prestazione sanitaria esente al citato D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 10, comma 1, n. 18; in subordine, con il quarto motivo, formulato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente rimproverava alla Regionale, nel merito, di non aver ritenuto esente IVA l’operazione in discussione, nonostante avesse natura di prestazione sanitaria.

3.1. I motivi, che per connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono, il terzo inammissibile e il quarto infondato; il terzo motivo è inammissibile per la palese ragione che non c’è stata alcuna omissione di pronuncia, avendo la Regionale statuito che la pretesa erariale era fondata (Cass. sez. III n. 16326 del 2018); soltanto che, secondo la contribuente, trattandosi di una prestazione avente natura sanitaria, erroneamente la Regionale non avrebbe applicato alla concreta fattispecie al citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 18, cadendo perciò nell’error in iudicando denunciato in subordine; la doglianza è, però, infondata, atteso che le prestazioni sanitarie esentate dal citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 18, alla luce dell’art. 13, A, paragr. 1, lett. b) ss. Dir. CE n. 388 cit., oltrechè alla luce dell’art. 132, paragr. 1, lett. b) ss. Dir. n. 112 cit., sono soltanto le cure mediche alla persona (Corte giust. UE sez. III n. 91 del 2013; Corte giust. UE sez. II n. 86 del 2011; Cass. sez. trib. n. 22577 del 2012; Cass. sez. trib. n. 21272 del 2005; Cass. sez. trib. n. 7411 del 2001).

4. Con il quinto motivo, formulato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente rimproverava alla Regionale di aver violato la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 3, per non aver disapplicato le sanzioni, pur in presenza di obbiettive condizioni d’incertezza normativa.

4.1. Anche quest’ultimo motivo è, tuttavia, infondato; essendo a riguardo sufficiente richiamare la consolidata giurisprudenza della Corte, per cui l’incertezza normativa che rileva non è quella soggettiva del contribuente, bensì quella oggettiva del giudice, ricavabile, in particolare, dal contrasto dei diversi formanti; un contrasto, in verità, nella odierna controversia, al di là della poco condivisibile spiegazione in diritto offerta dalla Regionale, quest’ultima però sostituibile ex art. 384 c.p.c., comma 4, del tutto inesistente (Cass. sez. trib. n. 3108 del 2019; Cass. sez. trib. n. 32436 del 2018).

5. La particolarità delle questioni trattate – per le quali non si rinvengono precedenti conosciuti – induce la Corte a compensare le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa integralmente le spese; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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