Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19175 del 20/09/2011

Cassazione civile sez. I, 20/09/2011, (ud. 09/02/2011, dep. 20/09/2011), n.19175

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– ricorrente –

contro

M.A., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso il decreto della Corte di appello di Roma del 25 maggio 2009

nei

giudizi riuniti sub n. 50734/2007 Ruolo Generale Affari Diversi;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9

febbraio 2011 dal relatore, cons. Dott. Stefano Schirò;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ricorre per cassazione, sulla base di quattro motivi, avverso il decreto in data 25 maggio 2009, con il quale la Corte di appello di Roma lo ha condannato al pagamento in favore di M.A., + ALTRI OMESSI della somma di Euro 6.000,00 ciascuno, oltre agli interessi legali a decorrere dalla data del decreto, a titolo di equo indennizzo per la violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio promosso davanti al Tar Lazio il 30 luglio 1997 e definito con sentenza del 13 novembre 2006. Gli intimati non hanno svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i quattro motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto attinenti a questioni strettamente connesse, il Ministero dell’Economia e delle Finanze si duole che la Corte d’appello abbia determinato in Euro 1.000,00 per ogni anno di ritardo il criterio di computo dell’equo indennizzo, in misura superiore al parametro applicato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione e senza tener conto delle specifiche caratteristiche e dalle modalità concrete di svolgimento del giudizio presupposto.

Il ricorso è fondato. Il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito in detto giudizio va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009. Secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, a condizione che le decisioni pertinenti siano coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato, e purchè detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversità di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata. Tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno (Cass. 2009/16086; 2010/819).

Il decreto impugnato deve essere dunque cassato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2.

In particolare, determinata in sei anni la durata non ragionevole del giudizio presupposto, alla stregua dell’accertamento compiuto dalla Corte di merito e non censurato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel caso di specie si deve, riconoscere a ciascuno dei ricorrenti l’indennizzo di Euro 5.250,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannato il menzionato Ministero.

Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397;

2008/25352) e tenuto conto della pluralità di ricorrenti, che però nel giudizio presupposto avevano agito unitariamente (cfr. Cass. 2010/10634), con distrazione delle prime in favore del procuratore dei ricorrenti, avv. Pasquale Lattari, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 5.250,00, oltre agli interessi legali dalla domanda.

Condanna il Ministero soccombente al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 3.033,00, di cui Euro 2.443,00 per competenze ed Euro 100,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione in favore del procuratore dei ricorrenti, avv. Pasquale Lattari, dichiaratosi antistatario. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 1.000,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2011

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