Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19175 del 19/07/2018
Civile Ord. Sez. 3 Num. 19175 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: DI FLORIO ANTONELLA
ORDINANZA
sul ricorso 25386-2016 proposto da:
CECCHIN ULISSE, considerato domiciliato ex lege in
ROMA,
presso
CASSAZIONE,
la
CANCELLERIA
DELLA
CORTE
DI
rappresentato e difeso dall’avvocato
ROBERTO DI RESTA giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
MARCECA SALVATORE, elettivamente domiciliato in ROMA,
2018
1285
PIAZZA VESCOVIO 21, presso lo studio dell’avvocato
TOMMASO MANFEROCE, che lo rappresenta e difende
unitamente a se medesimo giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrente –
Data pubblicazione: 19/07/2018
nonchè contro
ALLIANZ SPA ;
– intimata
avverso
la
sentenza
n.
1745/2016
della
–
CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 04/05/2016;
consiglio del
23/04/2018
dal
ANTONELLA DI FLORIO;
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Consigliere
Dott.
udita la relazione della causa svolta nella camera di
Ritenuto che
1. Ulisse Cecchin ricorre, affidandosi a due motivi illustrati anche da memoria,
per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva
confermato la pronuncia del Tribunale con la quale era stata respinta la
domanda proposta nei confronti dell’avvocato Salvatore Marceca per ottenere
dell’incarico defensionale consistente nella tardiva proposizione dell’appello
avverso la sentenza del medesimo Tribunale che, nel giudizio per pretese
condominiali e nella sua contumacia, aveva avuto per lui esito sfavorevole.
2. L’intimato ha resistito con controricorso.
Considerato che
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 n° 3 c.p.c., la
violazione e falsa applicazione degli artt. 2230 e 1176 c.c, in quanto la Corte
non aveva adeguatamente valutato la rigorosa diligenza a cui doveva attenersi
il professionista nel prospettare al cliente tutte le possibili soluzioni, evitando
di adottare un comportamento che presentava “il maggior numero di
probabilità di insuccesso”.
Assume, al riguardo, che i giudici d’appello non avevano adeguatamente
valutato che la proposizione dell’impugnazione oltre il termine di legge lo
avrebbe esposto ad un inevitabile insuccesso; e che le conseguenze che da ciò
dovevano essere tratte in relazione alla responsabilità del professionista non
potevano essere in alcun modo attenuate dalla sollecitazione alla lite posta in
essere dal cliente.
1.2 Il motivo è inammissibile.
Questa Corte ha avuto modo di chiarire che “è inammissibile il ricorso per
cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di
legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice
di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di
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il risarcimento dei danni derivanti dalla dedotta negligenza nell’espletamento
legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito” ( cfr. Cass.
8758/2017).
1.3. Nel caso in esame, la censura proposta maschera chiaramente una
richiesta di rivalutazione del merito della controversia, a fronte di una
motivazione della Corte che, facendo corretta applicazione delle norme
sostanziali sopra richiamate, risulta essere congrua, logica e non apparente,
data 8.6.2005 e le indicazioni in esso prospettate, con particolare riferimento
alla circostanza che la sentenza era stata notificata, e che al momento del
primo contatto fra il Cecchin ed il Marceca per il conferimento dell’incarico
professionale, il termine c.d. breve era già spirato; e che la proposizione
dell’appello, sia pur tardivo, al solo fine di ottenere la sospensione dell’efficacia
esecutiva della sentenza di primo grado, aveva comunque consentito al
cliente di ottenere un vantaggio rispetto alla situazione sfavorevole che la
sentenza di condanna aveva necessariamente determinato ( cfr pag. 7, 8 e
pag. 9 della sentenza di primo grado ).
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 n° 5 cpc, l’omesso
esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti,
consistente nella circostanza che l’accordo per rateizzare l’importo dovuto era
stato già raggiunto e che, quindi, l’appello tardivamente proposto non aveva
alcuna utilità; inoltre, il ricorrente lamenta che non era stato adeguatamente
esaminato il parere dell’8.6.2007 che gli era stato trasmesso dal difensore.
2.1. Il motivo è inammissibile in quanto la Corte territoriale ha respinto
l’impugnazione sulla scorta delle medesime ragioni che hanno giustificato il
rigetto della domanda da parte del Tribunale: risulta pertanto applicabile l’art.
348 ter cpc , tenuto conto che la controversia è stata iscritta a ruolo e definita
in grado d’appello in epoca successiva a quella in cui è entrata in vigore la L.
134/2012 con preclusione, dunque, dell’esame della censura di cui all’art. 360
n° 5 cpc novellato.
3. Il ricorso , in conclusione , deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del grado di legittimità seguono la soccombenza.
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fl
laddove è stato compiutamente esaminato il parere formulato dal difensore in
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a
norma del comma ibis dello stesso art. 13.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere le spese del giudizio di legittimità che
liquida in C 3200,00 per compensi, oltre accessori e rimborso forfettario spese
generali nella misura di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a
norma del comma ibis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile del
23.4.2018
PQM