Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19174 del 28/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 28/09/2016, (ud. 04/05/2016, dep. 28/09/2016), n.19174

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26626-2013 proposto da:

S.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA RIMINI 14, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CARUSO,

che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

SILAB S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

TRIONFALE 77, presso lo studio dell’avvocato CAROLA GUGLIOTTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO SGABELLO, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1568/2013 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 22/07/2013 R.G. N. 1179/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2016 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con la sentenza in data 22.5.2012 la Corte di Appello di Messina aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato a S.L. dalla Silab spa, aveva pronunciato i provvedimenti restitutori, economici e reali, ed aveva condannato la società al pagamento delle differenze retributive relativamente al periodo dal (OMISSIS).

2. Adita in sede di revocazione dalla società Silab spa, la Corte di Appello di Messina, con la sentenza in data 22.7.2013, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento ed ha condannato la società al pagamento dell’indennità pari a 5 mensilità dell’ultima retribuzione.

3. La Corte territoriale, per quanto oggi rileva, ha ritenuto che:

il ricorso era ammissibile perchè la decisione impugnata, nella parte in cui aveva respinto il motivo di appello relativo alla inapplicabilità del regime di tutela reale, era fondata sul presupposto della inesistenza negli atti del processo del libro paga e matricola e del libro delle presenze detti documenti erano stati certamente depositati nell’ufficio alla luce dell’attestazione rilasciata dal funzionario della Cancelleria che aveva certificato non solo che i documenti erano stati rinvenuti in epoca successiva alla decisione ma anche che il loro deposito era stato effettuato contestualmente alla proposizione dell’appello;

l’esame dei documenti non esaminati dalla sentenza oggetto di revocazione provava che all’epoca del licenziamento ((OMISSIS)) e negli anni precedenti la società aveva avuto alle sue dipendenze meno di quindici dipendenti la deduzione del M. secondo cui i libri paga e matricola non costituissero prova delle reali dimensioni occupazionali della società, perchè riferibili solo allo stabilimento di (OMISSIS) e non all’intero territorio nazionale, era inammissibile perchè nuova e, comunque, era infondata essendo emerso che a (OMISSIS) era situata soltanto la sede legale della società e che non esistevano altri stabilimenti.

4. Avverso detta sentenza lo S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati da successiva memoria, al quale ha resistito con controricorso la società Silab srl.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I motivi di ricorso.

5. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza.

6. Assume che il ricorso per revocazione era inammissibile perchè non ricorreva alcun errore di percezione sul fatto, non esistendo materialmente i documenti; deduce che la certificazione rilasciata dalla cancelleria recava data (27.7.2012) successiva a quella della sentenza oggetto di revocazione (29.5.2012).

7. Sostiene che nella decisione della Corte di Appello di Messina in data 22.5.2012 vi era ampia ed esaustiva motivazione in ordine alla mancanza negli atti del processo del libro paga e matricola e del libro delle presenze.

8. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e del procedimento e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2728 c.c..

9. Sostiene che la Corte territoriale avrebbe errato nell’affermare la novità della deduzione relativa alla questione della complessiva dimensione occupazionale della società (sede di (OMISSIS) e cantiere di (OMISSIS)); deduce di avere posto la questione nella memoria difensiva depositata il 27.10.2010 nel giudizio di appello e che, comunque, la mancata conoscenza da parte di esso ricorrente, prima del giudizio di revocazione, dell’esistenza del libro delle presenze e del libro matricola e paga non avrebbe consentito di porre detta questione.

10. Lamenta che la Corte territoriale avrebbe riconosciuto in via meramente presuntiva, e in assenza di circostanze gravi, precise e concordanti, che quella di (OMISSIS) fosse solo la sede legale della società, in tal modo ponendo a carico di esso lavoratore l’onere di provare le dimensioni occupazionali della datrice di lavoro.

11. Con il terzo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando che il giudice della revocazione avrebbe omesso di pronunciare sulla domanda subordinata, proposta da esso lavoratore, nel giudizio di appello, e ribadita nel giudizio di revocazione, volta alla condanna della datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive ritenute coperte da prescrizione per effetto della ritenuta applicabilità del regime di tutela reale.

Esame dei motivi.

12. Il primo motivo è infondato.

13. La società ha denunciato un errore di fatto, consistente nell’inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte (la mancanza agli atti del processo del libro matricola e paga e il libro presenze), come sicura base del suo ragionamento (mancanza di prova in ordine alle dimensioni occupazionali della datrice di lavoro), in contrasto con quanto risultava dagli atti del processo (effettiva produzione di detti documenti e loro allegazione agli atti del processo).

14. Esso costituisce motivo di revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4.

15. L’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste, infatti, nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o Inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibilmente esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa.

16. Esso si configura, quindi, in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e, pertanto, consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività. Ne consegue che non è configurabile l’errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico. (ex plurimis Cass. 2529/2016, 14267/2007).

17. In particolare, questa Corte ha ripetutamente affermato che l’affermazione contenuta nella sentenza circa l’inesistenza, nei fascicoli processuali (d’ufficio o di parte), di un documento che, invece, risulti esservi incontestabilmente inserito, non si concreta in un errore di giudizio, bensì in una mera svista di carattere materiale, costituente errore di fatto e, quindi, motivo di revocazione a norma dell’art. 395 c.p.c., n. 4, e non di ricorso per cassazione (cass. 25556/2008, 11196/2007, 9628/1994).

18. Questa Corte ha anche affermato che è necessario che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi – sì che ne discende che non è configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice (Cass. 3289/1999, 14840/2000, 15466/2003, 27094/2011).

19. Nella fattispecie in esame, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, la questione dell’esistenza dei documenti non ha costituito un punto controverso sul quale la Corte di Appello si è pronunciata con la sentenza revocata, atteso che, nel contrasto tra le parti sulle dimensioni occupazionali della società, la Corte di Appello ritenne non assolto l’onere probatorio gravante su quest’ultima, proprio sul rilievo della inesistenza dei libri paga e matricola e del libro delle presenze, all’interno del fascicolo di parte di primo grado e del fascicolo di appello.

20. La sentenza oggi impugnata ha accertato che detta statuizione fu il frutto di una falsa percezione della realtà, che portò la sentenza ad affermare l’inesistenza di documenti che, alla luce della certificazione rilasciata dalla cancelleria, ha affermato come sussistenti ed allegati contestualmente alla proposizione del ricorso in appello.

21. Il secondo motivo è infondato atteso che la Corte territoriale ha accertato, con “ratio decidendi” autonoma, rispetto alla affermata novità della deduzione, che l’unico stabilimento era quello di (OMISSIS) e che a (OMISSIS) vi era soltanto la sede legale della società, e che complessivamente i dipendenti all’epoca del licenziamento, come negli anni precedenti, erano stati meno di 15.

22. La Corte territoriale non ha violato i principi in tema di onere della prova, non avendo addossato al lavoratore l’onere di provare il numero dei lavoratori alle dipendenze della società, ma ha accertato le dimensioni occupazionali di quest’ultima proprio alla luce della documentazione allegata dalla medesima e sulla scorta di siffatto accertamento ha correttamente escluso la tutela reintegratoria di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18.

23. Il motivo è inammissibile nella parte in cui, sotto l’apparente denunzia di vizio di legge, mira in realtà a provocare una nuova valutazione del materiale istruttorio, a far riesaminare il merito della vicenda processuale, esame che per consolidato orientamento, questa Corte non ha il potere di effettuare ((ex plurimis, Cass. SSU 24148/2013, Cass. n. 1541/2016, 15208/2014).

24. Il terzo motivo è inammissibile.

25. Costituisce “jus receptum” (ex plurimis, Cass. 6901/2002, 4553/1999, 850/1998, 9229/1997, 2678/1997) che la natura officiosa della cognizione relativa a determinate questioni deve pur sempre combinarsi con i principi che presiedono all’impugnazione, nel senso che, ove su di esse sia intervenuta statuizione del giudice “a quo”, questa, se non investita da specifica censura, è esclusa dall’ambito del riesame ad opera del giudice “ad quem”, consentito nei soli limiti del devoluto, ed è, pertanto, coperta da giudicato.

26. Una siffatta preclusione interna si è verificata anche nel caso in esame, atteso che la materia devoluta al giudice d’appello non è stata estesa dal lavoratore alla statuizione di primo grado, che ha ritenuto prescritti i crediti con applicazione del termine quinquennale.

27. L’odierno ricorrente, infatti, vittorioso sul punto della tutela reintegratoria ma parzialmente soccombente sulle domande relative alla differenze retributive, essendo stata accolta, seppure in parte, l’eccezione di prescrizione, avrebbe dovuto proporre appello incidentale, sia pure condizionato (Cass. 6901/2002 cit.)

PQM

La Corte

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrnte le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.000,00 per compensi professionali, ed in Euro 100,00 per esborsi, oltre 15% delle spese generali forfettarie, oltre IVA e CPA.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2016

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