Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19173 del 19/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 19173 Anno 2018
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: DI FLORIO ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso 14633-2016 proposto da:
BERTOLLI ANDREA RODOLFO, elettivamente domiciliato in
ROMA, PIAllA DELL’OROLOGIO 7, presso lo studio
dell’avvocato CORRADO MARINELLI, che lo rappresenta e
difende giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

BALESTRA FABIANA, elettivamente domiciliata in ROMA,
2018
1211

VIA G. AVEZZANA l, presso lo studio dell’avvocato
ORNELLA MANFREDINI, rappresentata e difesa dagli
avvocati GIANNOTTO ULIVI, MAURIZIO RUDALLI giusta
procura in calce al controricorso;
– controricorrente –

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Data pubblicazione: 19/07/2018

avverso

la

sentenza n.

2159/2016 della

CORTE

D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 17/04/2018 dal Consigliere Dott.

ANTONELLA DI FLORIO;

2

Ritenuto che:

1.Rodolfo Bertolli ricorre, affidandosi a

cinque motivi illustrati anche con

memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma con la
quale era stata confermata la pronuncia del Tribunale che aveva respinto la
domanda risarcitoria da lui proposta nei confronti di Fabiana Balestra, coniuge

giuramento da lei reso nel giudizio a suo tempo promosso per sentir
accertare la natura solo formale della cessione delle quote delle due società di
capitali ( e del relativo patrimonio immobiliare ) di cui il Bertolli assumeva
essere unico titolare, sostenendo che l’accordo – fondato su un patto
fiduciario sottostante – era stato da lei violato in ragione della sopravvenuta
crisi coniugale.
2. L’intimata ha resistito, supportando anche con memoria le proprie difese.

Considerato che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex 360 n° 3 cpc, la violazione e
falsa applicazione dell’art. 112 cpc per inosservanza del principio di
ucorrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato: lamenta che la Corte si era
addentrata in argomentazioni (volte ad inquadrare la differenza fra negozio
simulato e negozio fiduciario ) che non avevano colto né la causa petendi né il
petitum ( risarcitorio ) della controversia proposta, avente per oggetto il
risarcimento del danno determinato dal falso giuramento reso dalla Balestra
che, pur dichiarato prescritto in sede penale, non escludeva la sussistenza delle
pretese civili ad esso conseguenti; al riguardo il Bertolli critica la statuizione
della Corte territoriale che aveva ricondotto la domanda di risarcimento alla
svalutazione dei beni immobili venduti, laddove la sua richiesta era, in realtà,
riferita al danno da reato liquidabile con criteri equitativi.
1.1. Il motivo e’ inammissibile.
La censura, infatti, risulta incoerente con la

ratio decidendi della sentenza

impugnata : il ricorrente, dopo una lunga disquisizione teorica sulla violazione
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dalla quale si era separato, in relazione ai gravi danni subiti a causa del falso

del principio di cui all’art. 112 cpc, riconduce apoditticamente la domanda
risarcitoria al danno derivante dal falso giuramento reso in sede civile e si
duole, attraverso una generica enunciazione, della statuizione dei giudici
d’appello che avevano ( a suo dire erroneamente ) individuato il petitum
della controversia nel pregiudizio derivante dalla svalutazione dei beni nella
vendita, e che avevano confermato il rigetto della sua domanda in quanto

“natura sostanzialmente esplorativa nella sua genericità ed in quanto tale
inammissibile” ( cfr. pag. 6-7 sentenza impugnata).
Al riguardo, il Collegio osserva che rispetto a tale statuizione – nodale nello
sviluppo argomentativo della sentenza – la critica si limita ad affermare che
l’estensore “mette volutamente da parte tutto quanto disposto dal codice civile
negli artt. 2043,2056,2059 e 1226 c.c. in tema di risarcimento del danno da
fatto illecito ( danno morale o personale da reato ) il quale come è noto può
essere liquidato ove ritenuto ricorrente, anche sulla scorta di criteri equitativi”(
cfr. pag. 12-13 ricorso ): in tal modo, tuttavia, il Balestra non coglie la ratio
decidendi della sentenza impugnata, continuando a riferirsi soltanto all’atto
illecito dal quale sarebbe scaturito, in tesi, il danno lamentato che, oltre ad
essere estraneo all’inquadramento della vicenda articolato dalla Corte
territoriale , manca di una adeguata e specifica allegazione e prova.
Sul punto, questa Corte ha avuto modo di chiarire con orientamento ormai
consolidato che “anche quando il fatto illecito integra gli estremi del reato la
sussistenza del danno non patrimoniale non può mai essere ritenuta “in re
ipsa”, ma va sempre debitamente allegata e provata da chi lo invoca, anche
attraverso presunzioni semplici” ( cfr.

ex multis Cass.8421/2011; Cass.

10527/2011; Cass. 5096/2013; Cass. 24474/2014; Cass. 25420/2017; Cass.
7594/2018).
La totale assenza di una coerente e completa censura rispetto alla statuizione
della Corte territoriale non consente di esaminare il merito del motivo.
2. Con la seconda doglianza, il ricorrente lamenta, ex art. 360 n° 3 cpc la
violazione e falsa applicazione dell’art. 2738 c.c.

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egli, in assenza di prova, aveva chiesto l’ammissione di una consulenza di

Assume che il fondamento della domanda era la richiesta risarcitoria
richiamata dall’art. 2738 co 2 c.c che consentiva di dare ingresso a qualsiasi
prova volta a dimostrare l’illecito, principio al quale la Corte non si era
adeguata, limitando l’ammissione dei mezzi dedotti.
2.1. Il motivo è infondato perché l’ammissione delle prove soggiace,
comunque, ai principi ed alle limitazioni previste dalle disposizioni

funzione esplorativa / non essendo un mezzo di prova e presupponendo che la
parte abbia formulato specifiche allegazioni sulle circostanze che si vogliono
accertare attraverso l’ausilio di una competenza tecnica specifica.
La Corte, dunque, ha correttamente respinto la richiesta istruttoria, senza
incorrere nella violazione denunciata e motivando in modo congruo in ordine
ai limiti della prova esistenti in relazione all’oggetto della causa.
3. Con il terzo motivo, ancora, il ricorrente deduce , ex 360 n° 3 cpc, la
violazione dell’art. 2724 c.c. lamentando che la Corte territoriale non aveva
considerato le eccezioni al divieto di prova testimoniale previste dalla norma
richiamata; lamenta altresì che era stato erroneamente interpretato l’oggetto
della domanda ( qualificato come “un giudizio afferente la simulazione ed il
negozio fiduciario” ) , e che la Corte, pur richiamando l’art. 1417 c.c., aveva
escluso l’ammissione della prova testimoniale dedotta.
3.1. Il motivo, per lo più assorbito da quanto argomentato in ordine alla prima
censura, è per il resto inammissibile per mancanza di autosufficienza in quanto
le prove testimoniali oggetto della critica non sono state riportate nel corpo
del ricorsot né è stata indicata la sede processuale in cui le deduzioni istruttorie
possono essere rinvenute, con violazione dell’art. 366 n° 641,c 4. Con il quarto motivo il ricorrente, ex 360 n° 3 c.c , deduce la violazione
dell’art. 115 cpc: assume che la Corte aveva omesso del tutto di considerare le
prove raccolte in sede penale ( trascrizioni degli interrogatori e delle
testimonianze) ; richiama la documentazione contenuta negli atti, ma rinvia
ai documenti senza trascriverli nel corpo del ricorso e senza prospettare alcun
collegamento fra gli stessi in modo da rendere la censura – che risulta per lo

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processualcivilistiche, inclusa quella secondo la quale la CTU non può assumere

più assorbita dalla motivazione resa per il primo motivo – sufficientemente
specifica rispetto alle denunciata violazione di legge.
Il motivo , dunque, per la restante parte, deve dichiararsi inammissibile.
5. Infine, anche il quinto motivo non può trovare ingresso in sede di
legittimità: il ricorrente, infatti, denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo
oggetto di discussione ( con implicito riferimento all’art. 360 co 1 n° 5 cpc ) e

seguito dell’esame di tutte le parti, dimenticando che trattandosi di
controversia in grado d’appello introdotta il 13.6.2013 con

sentenza

depositata il 5.4.2016 è applicabile la regola di cui all’art. 348quater u.co cpc
che prevede l’inammissibilità di tale censura nei casi, come quello in esame, in
cui la pronuncia d’appello abbia confermato, sulla base delle stesse ragioni, la
decisione di primo grado ( cd. “doppia conforme” ).
Il motivo è , pertanto, inammissibile.
6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza: al riguardo / si
dà atto che il documento n° 5 allegato al ricorso ( ricevuta istanza n° 4712 al
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma del 26.5.2016 per l’ammissione al
patrocinio a spese dello stato ) è seguito dal provvedimento che ha dichiarato
l’inammissibilità della richiesta ( cfr. cg-ec A.-(°

AL.A

Ai sénsi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a
norma del comma ibis dello stesso art. 13.

PQM

La Corte,
rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in C
15.200,00 per compensi, oltre accessori e rimborso forfettario spese generali
nella misura di legge.
6

cioè il falso giuramento reso dalla Balestra ed accertato dal giudice penale a

Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a

norma del comma ibis dello stesso art. 13.

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