Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19171 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/07/2019, (ud. 27/05/2019, dep. 17/07/2019), n.19171

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16085/2012 R.G. proposto da:

R.E., rappresentato e difeso, in forza di procura in margine

al ricorso, dall’Avv.to Massimo Gelmini e dell’Avv.to Ruggero Longo,

con quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, alla Via

Lungotevere Flaminio n. 60.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, ope legis, dall’Avvocatura Generale

dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 266/63/11 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata in data 06.12.2011 e non

notificata.

Udita la relazione del Consigliere Dott.ssa d’Angiolella Rosita

svolta nella camera di consiglio del 27 maggio 2019;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

della Repubblica, Dott. De Augustinis Umberto che ha concluso per il

rigetto del ricorso;

Udito l’Avv.to Laurenti Nicola per delega dell’Avv.to Massimo

Gelmini;

Udito l’Avv.to Pietro Garofoli per la parte controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

R.E., socio della società a ristretta base sociale (OMISSIS) s.r.l., propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (di seguito, per brevità, CTR), con la quale – pronunciando in sede di appello in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento relativo a maggiore Irpef per redditi di capitale non dichiarati dovuti per gli anni d’imposta 1991-1992 dal R., socio della (OMISSIS) s.r.l., poi fallita – è stato accolto l’appello dell’Amministrazione, riformandosi la decisione di primo grado, ritenendo non superata la presunzione di distribuzione degli utili cd. extracontabili.

L’Agenzia delle entrate, resiste con controricorso.

R.E. deposita memorie, ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver i secondi giudici fatto erronea applicazione delle regole in materia di prove presuntive idonee a determinare la legittimità dell’accertamento.

A sostegno del motivo evidenzia, in fatto, che, pur essendo socio di società a ristretta base sociale, è sempre stato estraneo alla gestione sociale, in quanto totalmente e volontariamente escluso dal fratello G., dominus della società, il quale gli aveva intestato fiduciariamente le quote societarie al solo scopo di costituire la necessaria pluralità del sodalizio. Argomenta in diritto, che poichè dal fatto noto possono definirsi, con la stessa ragionevole probabilità, conseguenze diverse, la prova presuntiva non può essere utilizzata per trarre una sola possibile conseguenza, così, da ritenere provato un solo fatto ignoto e non, invece, quanti altri se ne possono dedurre; assume, cioè, che se la ristretta base societaria (fatto noto) fa desumere che tutti i soci sono complici nella gestione delle società (fatto ignoto), allo stesso tempo dovrebbe far desumere anche l’ulteriore fatto ignoto della qualità di fiduciario di un socio. Deduce, dunque, che il ragionamento presuntivo univoco seguito della CTR (dal fatto noto della ristretta base sociale viene presunta la distribuzione a tutti i soci degli di utili extracontabili) violerebbe altresì, il divieto della doppia presunzione.

2. Il primo motivo di ricorso è infondato per le ragioni qui di seguito esposte.

3. E’ orientamento consolidato di questa Corte – già affermato nelle pronunce più risalenti richiamate dalla difesa erariale e non mutato dall’attuale quadro della giurisprudenza di legittimità – che, ove siano accertati utili non contabilizzati per le società di capitali a ristretta base azionaria (e anche per le società a ristretta base familiare) – entrambe implicanti un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale – opera la presunzione di attribuzione “pro quota” ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria che i maggiori ricavi non siano stati distribuiti perchè accantonati e reinvestiti nella società (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7554 del 01/04/2011, Rv. 617707-01; Sez. 5, Sentenza n. 15824 del 29/07/2016, Rv. 640622-01; Sez. 5, Sentenza n. 24534 del 18/10/2017, Rv. 645914-01; Sez. 5, Ordinanza n. 32959 del 20/12/2018, Rv. 652116- 01; Sez. 6-5, Ordinanza n. 1947 del 24/01/2019,Rv. 652391- 01).

4. Quanto alla prova “a discarico” dei fatti negativi (e cioè della mancata distribuzione degli utili), il relativo onere segue le regole di riparto probatorio di cui all’art. 2697 c.c., sicchè può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9099 del 06/06/2012, Rv. 62299001).

5. Quanto all’asserita violazione del divieto di presunzioni di secondo grado o a catena, questa Corte, dando seguito all’orientamento inaugurato da Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15003 del 16/06/2017, Rv. 644693-01, ritiene che tale principio è, in realtà, inesistente, in quanto esso non solo non è riconducibile agli artt. 2729 e 2697 c.c. nè a qualsiasi altra norma dell’ordinamento ma, anche qualora lo si volesse considerare esistente in virtù di principi generali contenuti nel sistema, esso atterrebbe esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con un’altra presunzione semplice, ma non con una presunzione legale, sicchè non ricorrerebbe nel caso di specie.

6. Nel caso all’esame è pacifico che il ricorrente è socio, insieme al fratello, della società (OMISSIS) s.r.l. (ormai fallita) e che solo loro due compongono la compagine sociale.

7. E’ proprio sulla ristrettezza della base sociale e, quindi, sul reciproco controllo dei due soci sulla gestione sociale, che si è basato il ragionamento presuntivo della CTR, la quale ha applicato la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, in mancanza di prova contraria da parte del contribuente R.E. circa la sua asserita posizione di socio fiduciario rispetto alla ristretta compagine sociale.

8. Se ne ricava, dunque, che la CTR ha fatto buon governo dei principi su esposti, in quanto ha fatto scattare la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili extracontabili solo dopo aver valutato come insoddisfatto l’onere probatorio gravante sul socio per il superamento di detta presunzione. La prova contraria, infatti, avrebbe potuto considerarsi raggiunta con la dimostrazione del fatto, positivo, della posizione fiduciaria del socio ricorrente, fatto, tuttavia, rimasto una mera asserzione difensiva, non suffragata da alcun elemento, neppure indiziario, atta a dimostrarla.

9. Col secondo motivo di ricorso, denuncia l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, evidenziando l’insufficienza della parte motiva della sentenza nella parte in cui, senza alcuna esposizione delle ragioni logiche e giuridiche sottese, avrebbe escluso la rilevanza della prospettazione del contribuente di essere un mero socio fiduciario.

10. Dalla lettura della sentenza impugnata è evidente che la sua motivazione, per quanto stringata, rappresenti appieno la “ratio decidendi”, rispettando, sia da un punto di vista formale che sostanziale, i canoni di sufficienza, di logicità e di chiarezza. Le enunciazioni ivi contenute soddisfano l’obbligo motivazionale, dando conto delle ragioni per le quali è stata accolta la tesi dell’Ufficio ed è stata respinta quella del contribuente (mancata soddisfazione dell’onere probatorio), escludendosi la rilevanza degli elementi di fatto decisivi per il giudizio, quali individuati dal ricorrente nei giudizi di merito, nonchè, in seno a tale giudizio di impugnazione (l’essere mero socio fiduciario).

11. Col terzo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione di legge ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la CTR completamente omesso di esaminare l’eccezione di carenza di motivazione dell’avviso di accertamento. Il ricorrente, riporta la specifica doglianza come proposta nei giudizi di merito (v. pagina 24 e 25 del ricorso), invocando anche la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 7.

12. La sentenza impugnata, nella parte narrativa, dà atto che il contribuente aveva eccepito di non aver avuto ricevuto notifica dell’avviso a carico della società e che “ripropone quindi la censura assorbita di carenza di motivazione sotto il profilo della mancata notifica dell’avviso emesso nei confronti della società”. Nella parte motiva, afferma che, essendo passato in giudicato l’accertamento riguardante la società, tale circostanza precludeva l’esame della relativa questione (“dato di fatto, non presuntivo, ma inconfutabile” atteso il passaggio in giudicato della sentenza che ha accertato “redditi occultati con operazioni inesistenti a carico della società”) e che laddove il contribuente avesse ritenuto sussistere una lesione dei propri diritti avrebbe potuto proporre opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c..

13. La questione sollevata dal contribuente è stata, dunque, affrontata dalla Commissione Regionale che ha rigettato la relativa doglianza, senza incorrere nel vizio di omessa pronuncia che qui è denunciato.

14. Vanno all’uopo richiamati i principi affermati da questa Corte, secondo cui l’obbligo di motivazione è soddisfatto, com’è logico, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, e, quindi, di contestarne efficacemente l’an” ed il “quantum debeatur”. In tale solco, in ipotesi simile al caso all’esame, è stato affermato (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 31406 del 05/12/2018, Rv. 651776-01) che è legittimo l’avviso di accertamento notificato al socio di una società fallita anche ove non sia riprodotto nello stesso il processo verbale di constatazione nei suoi elementi essenziali, in quanto in tale ipotesi il contribuente ha il diritto di consultare il fascicolo fallimentare contenente l’accertamento presupposto e la documentazione allegata notificati al curatore dell’ente, arrivando, così, ad avere piena informazione dell’atto per l’esercizio del suo diritto di difesa.

15. Nella specie, le difese spiegate dal contribuente nei giudizi d merito e nel presente giudizio, non lasciano dubitare che il contribuente abbia conosciuto l’an ed il quantum della pretesa tributaria, con la conseguenza che l’avviso in questione non può considerarsi carente di motivazione.

14. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente a rimborsare le spese di lite in favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in complessivi Euro 13.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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