Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19169 del 20/09/2011

Cassazione civile sez. II, 20/09/2011, (ud. 24/06/2011, dep. 20/09/2011), n.19169

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21212/2009 proposto da:

EQUITALIA POLIS SPA (OMISSIS) – Agente della Riscossione per le

Province di Bologna, Caserta, Genova, Gorizia, Napoli, Padova, Prato,

Rovigo e Venezia – già GEST LINE SPA, in persona del Responsabile

dell’Agente della Riscossione per la Provincia di Napoli,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VELLETRI 21, presso lo studio

dell’avvocato PAPA FRANCESCANTONIO, rappresentata e difesa

dall’avvocato TELESCO Raffaele, giusta procura ad litem in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

B.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli

avvocati PISANI Angelo e GIUSEPPE MAZZUCCHIELLO, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 73577/2008 del GIUDICE DI PACE di NAPOLI del

3.11.08, depositata il 07/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

24/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMELO

SGROI che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il giudice di pace di Napoli, con sentenza del 7 novembre 2008, in accoglimento della domanda proposta da B.R. dichiarava l’inesistenza del credito portato da alcune cartelle esattoriali emesse da Gest Line spa e contenute nell’estratto di ruolo 3 dicembre 2007.

Rilevava che la competenza era determinata L. n. 689 del 1981, ex art. 22 bis e che si trattava di accertamento negativo di credito.

Equitalia Polis spa, già Gest Line spa, ricorreva per cassazione con tre motivi.

B.R. ha resistito con controricorso, eccependo l’appellabilità della sentenza impugnata e la mancanza di formulazione dei quesiti ex art. 366 bis c.p.c..

L’avviso di udienza trasmesso al difensore della controricorrente è stato notificato in cancelleria, essendo risultato trasferito il domiciliatario.

Il Collegio ha disposto che la sentenza sia redatta in forma semplificata.

I rilievi di parte resistente colgono nel segno.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno di recente ribadito (sent.

390/11) che al fine di individuare il regime impugnatorio di un provvedimento che ha deciso una controversia civile, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove la stessa sia frutto di una consapevole scelta, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento.

Rileva quindi, come da tempo affermato, che l’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale deve essere fatta in base al principio dell’apparenza, e cioè con riferimento esclusivo alla qualificazione dell’azione effettuata dal giudice “a quo”, sia essa corretta o meno, e a prescindere dalla qualificazione che ne abbiano dato le parti (Cass. 3712/11; 26919/09; 11012/07).

Nella specie la sentenza impugnata a pag. 5 dichiara la competenza per materia e valore del giudice di pace adito, “a norma di quanto prescritto dalla L. n. 689 del 1981, art. 22 bis”, trattandosi di cartelle esattoriali emesse a seguito di sanzioni amministrative concernenti violazioni stradali.

A pag. 6 la domanda viene poi qualificata come “accertamento negativo di credito”.

Orbene, inquadrata come opposizione a sanzione amministrativa recuperatoria (in sentenza è stato stabilito che i verbali di accertamento cui si riferivano le cartelle non erano mai stati contestati nè notificati all’attrice), la causa avrebbe condotto a sentenza impugnabile con l’appello. Ciò a seguito della riforma della L. n. 689 del 1981, art. 23, disposta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (Cass. 24748/09), Qualora si tratti di azione ordinaria di accertamento negativo del credito, secondo l’altra definizione data in sentenza, l’importo della causa, ben superiore anche al limite della cognizione equitativa del giudice di pace, (trattavasi di 17.396,94 Euro), parimenti avrebbe provocato la impugnabilità solo con l’appello, rimedio ordinario avverso le sentenze rese dal giudice di pace (Cass. 182/11).

Non v’era luogo invece per la qualificazione attribuita dalla parte (opposizione ex art. 615 c.p.c.), giacchè contrastante con quanto ritenuto in sentenza.

Sussisteva inoltre, innegabilmente, per le controversie relative a sentenze emesse prima del 4 luglio 2009 (Cass. 7119/10), l’obbligo, sancito a pena di inammissibilità, di formulare il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c., quesito mancante nei tre motivi articolati.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 800,00 per onorari, Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 24 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2011

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