Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19169 del 19/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 19169 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: PORRECA PAOLO

ORDINANZA

sul ricorso 26978-2015 proposto da:
SALAMONE FRANCESCA, elettivamente domiciliata in
ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI 44, presso lo studio
dell’avvocato NICOLA ADRAGNA, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MASSIMO PIACENTINO
giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti contro
2018
1187

ERIS FINANCE SRL, ITALFONDIARIO SPA, CASCIO JOLE
AURORA;
– intimati –

Nonché da:
ITALFONDIARIO SPA nella sua qualità di mandataria

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Data pubblicazione: 19/07/2018

della ERIS FINANCE SRL, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CARLO CONTI ROSSINI, 13, presso lo studio
dell’avvocato MANLIO MANNINO, che li rappresenta e
difende giusta procura speciale in calce al
controricorso e ricorso incidentale;

contro

SALAMONE FRANCESCA, elettivamente domiciliata in
ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI, 44, presso lo studio
dell’avvocato NICOLA ADRAGNA, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MASSIMO PIACENTINO
giusta procura speciale in calce al ricorso
notificato;
– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 1647/2014 della CORTE
D’APPELLO di PALERMO, depositata il 16/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 13/04/2018 dal Consigliere Dott. PAOLO
PORRECA;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,
in persona del Sostituto Procuratore generale TOMMASO
BASILE, che ha chiesto il rigetto;

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– ricorrente incidentale –

FATTI DI CAUSA
La Italfondiario, s.p.a., e la Eris Finance, s.r.I., per quanto qui ancora
rileva, spiegavano domanda per l’accertamento della simulazione assoluta
ovvero per la revocatoria avente ad oggetto la vendita di un immobile,
stipulata nel giugno 1989, da parte di Joie Aurora Cascio, loro debitrice quale
fideiussore della Oliva Finivest s.p.a., in favore di Francesca Salomone.

plurimi indizi, rappresentati, in particolare, dalle numerose fideiussioni prestate
dalla venditrice per le significative scoperture della suddetta società, della cui
esistenza le parti della compravendita non potevano non essere a conoscenza
posto che il marito della venditrice era un amministratore della s.p.a., e il
capitale sociale era suddiviso fra componenti della medesima famiglia, tra i
quali il figlio che, a sua volta, era stato fidanzato ed era poi divenuto coniuge
dell’acquirente. Aggiungeva che altri indizi erano desumibili dal fatto che la
Cascio era l’unico soggetto concretamente solvibile per i creditori della società
che poco tempo dopo, nel 1993, era stata dichiarata fallita; e dalla incongruità
del prezzo pagato rispetto al valore di mercato del bene quale accertato con
consulenza officiosa.
La corte di appello riformava la decisione di prime cure, rigettando la
domanda inerente alla simulazione ma accogliendo quella revocatoria. Il
collegio, quanto alla prima pretesa, rilevava che era stato provato l’effettivo
pagamento di un prezzo la cui esiguità poteva spiegarsi sia con i legami
familiari che con le cattive condizioni dell’immobile, attestate dalle spese di
manutenzione ordinaria e straordinaria poste in essere poi dalla compratrice, la
quale, d’altro canto, era emerso essere effettivamente andata a risiedere
nell’appartamento in parola, al contempo lasciato dalla venditrice. Quanto alla
seconda pretesa, la corte rilevava, in particolare, che la consapevolezza del
concreto pregiudizio alle ragioni dei creditori, sufficiente stante l’anteriorità del
credito rispetto all’atto dispositivo, emergeva dalla circostanza che la Cascio si
era privata di uno dei suoi unici due cespiti immobiliari, per poi vendere dopo
pochi giorni anche il secondo, il tutto aggravato dalla esigua liquidità che era
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Il tribunale dichiarava la simulazione rilevandone la prova in ragione di

stata realizzata con la vendita. Al contempo, per un verso, sul piano oggettivo,
il bilancio sociale del 1989 registrava già notevoli passività, e dunque indicatori
della crisi che sarebbe successivamente sfociata, nel 1993, in conclamata
decozione; per altro verso, sul piano soggettivo, gli evidenziati legami familiari
inducevano presuntivamente a ritenere che anche il terzo acquirente fosse a
conoscenza del danno ai creditori sociali, i quali avevano così visto svuotare il

Avverso questa decisione ricorre per cassazione Francesca Salomone
formulando tre motivi e depositando memoria.
Resiste con controricorso solo la Italfondiario, s.p.a.,che propone, inoltre,
ricorso incidentale condizionato contenente un motivo.
Ha formulato conclusioni scritte il pubblico ministero.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 333 e 346, cod. proc. civ., poiché la corte di appello
avrebbe errato pronunciandosi sulla domanda di revocatoria semplicemente
riproposta dalle società creditrici intimate, senza essere resa oggetto di appello
incidentale condizionato.
Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2722, 2729, cod. civ., poiché la corte di appello
avrebbe errato nel ritenere concordanti gli indizi probatori dei requisiti per la
revoca dell’alienazione, avendo omesso di valutare che:
a) La Cascio aveva conferito beni in una società poi fusa, nel dicembre
1989, con la Oliva Finivest, subentrando nel patrimonio arricchito dai
conferimenti stessi;
b) la società debitrice principale era patrimonialmente solida al momento
della vendita, come desumibile dall’attivo di bilancio inclusivo di
capitale sociale, riserve e fondi di ammortamento; dalla concessione a
terzi di beni, in leasing e usufrutto; dalla disponibilità di beni ad uso
proprio;

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contenuto delle garanzie ottenute.

c) dall’assoluzione definitiva pronunciata in favore della Cascio, presso
altro Ufficio giudiziario, dall’accusa di bancarotta fraudolenta, proprio
in ragione della inconsapevolezza della pericolosità per i creditori delle
operazioni negoziali poste in essere, stante, appunto, il solido stato
patrimoniale della società;
d) dalla concessione alla Oliva Finivest, dopo la vendita, di ulteriori

e) dalla revoca degli affidamenti bancari intervenuta solo nel 1992, a
distanza di tre anni dalla compravendita in questione.
Con il terzo motivo di ricorso si prospetta l’omesso esame di fatti decisivi
e discussi, in relazione alle circostanze riassunte nella censura precedente.
2. Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato si prospetta la
violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729, cod. civ., poiché la corte
di appello avrebbe errato nel rigettare la domanda di dichiarazione della
simulazione assoluta, in ragione di elementi indiziari, quali i legami familiari e i
costi di manutenzione a valere sulla valutazione della congruità del prezzo,
nonché quali i certificati di residenza a valere sulla valutazione dell’effettivo
trasferimento della disponibilità dell’immobile in parola, di per sé insufficienti
ad evincere quanto affermato, posto che il prezzo di vendita era stato
determinato in meno della metà di quello accertato come di mercato, e atteso
che i certificati menzionati avevano, ai fini indicati, valore meramente formale.
3. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Deve darsi seguito alla condivisibile giurisprudenza secondo cui la parte
pienamente vittoriosa nel merito in primo grado non ha l’onere di proporre, in
ipotesi di gravame del soccombente, un’impugnazione incidentale per
richiamare in discussione le proprie domande, eccezioni o difese non accolte
nella decisione, tali dovendo considerarsi quelle che risultino essere state
superate o non siano state esaminate perché assorbite (cfr., Cass.,
07/03/2017, n. 5689; Cass., 19/07/2017, n. 17749), proprio in ragione della
mancata pronuncia, sul punto, presente nella decisione, infine favorevole, per

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affidamenti bancari;

la parte, ad altro e assorbente titolo (cfr., Cass., Sez. U., 19/04/2016, n.
7700; Cass., Sez. U., 12/05/2017, n. 11799; Cass., 19/10/2017, n. 24658).
Il secondo e terzo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente per
connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati.
Va premesso che in tema di presunzioni, qualora il giudice di merito
sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione

rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base
all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., competendo alla Corte di cassazione,
nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se in particolare la
norma dell’art. 2729 cod. civ., oltre a essere applicata esattamente a livello di
proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a
fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie
astratta (eventuale vizio di sussunzione) (Cass., 04/08/2017, n. 19485).
Nella specie, ciò che lamenta parte ricorrente non è la concordanza
interna agli elementi indiziari individuati dalla corte territoriale, e anzi
considerati gravi e precisi (pag. 17 del ricorso, secondo capoverso), bensì la
concordanza esterna, rapportata ad altri elementi rimasti senza congiunta
valutazione.
La valutazione in parola del giudice di merito, logicamente, può anche
essere stata implicita, purché si possa ritenere emergere dal complessivo
contesto della pronuncia.
Il primo elemento sarebbe quello sub a) del precedente punto 1., rilevato
dalla corte territoriale ed esaminato esplicitamente nell’ambito della
delibazione della domanda in punto di simulazione (pag. 3 della sentenza
impugnata).
Tale elemento, però, non esclude, sul piano logico, il fatto che,
nonostante quei conferimenti, la società Oliva Fininvest stesse
progressivamente deteriorando il proprio patrimonio, e soprattutto non esclude
necessariamente che fosse diminuita la garanzia derivante dal patrimonio del
garante e condebitore, profilo in fatto considerato autonomamente decisivo
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(gravità, precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece

dalla corte di appello (pag. 7, secondo e terzo capoverso, della sentenza) e
come tale non specificatamente censurato.
Quest’ultimo aspetto supera, quindi, anche l’elemento sub b) del punto
1., afferente ai bilanci (di cui nel ricorso si indica la produzione nelle fasi di
merito), che però la corte di appello ha valutato congiuntamente al successivo
fallimento intervenuto nel 1993, per desumerne la maggiore pregnanza delle

considerazione che quelle non potevano essere ignote alle parti contrattuali
stanti i legami familiari (pagg. 7-8 della sentenza), profilo, pure quest’ultimo,
non censurato specificatamente.
Quanto all’elemento sub c) del punto 1., la corte territoriale, anche in tal
caso, ha mostrato di rilevare il dato, sia pure affrontato nell’ambito dello
scrutinio della domanda di simulazione, osservando che, però, la decisione
penale richiamata aveva riguardo ad operazioni del periodo 1985-1986, di
alcuni anni precedenti alla vendita, e tale affermazione – fatta in altro contesto
ma con valenza logicamente generale nel complessivo provvedimento qui
impugnato – non risulta né specificatamente censurato, né smentito dalla
parziale trascrizione riportata in ricorso del provvedimento giudiziale in parola
(pag. 16 del ricorso).
Quanto agli elementi sub d) ed e) del punto 1., anch’essi richiamati dalla
corte di appello nel vagliare la domanda di simulazione (pag. 4 della sentenza),
non si mostrano decisivi perché non escludono necessariamente che fosse già
in corso un progressivo deterioramento del patrimonio sociale né, come
rilevato dal collegio di merito, che con le due vendite immobiliari, tra cui quella
qui in rilievo, si fosse comunque svuotato il patrimonio del garante, con ciò già
pregiudicando la tutela creditoria (v. la pag. 7, secondo e terzo capoverso,
della sentenza, sopra già citata sul punto).
A fronte di tale quadro, ogni differente valutazione, pur in tesi possibile,
attinge al sindacato di merito riservato in via esclusiva al relativo giudice, salvi
i vizi motivazionali, su cui ricade il terzo motivo di ricorso.

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notevoli passività già risultanti dal bilancio del 1989, associando a ciò la

Al riguardo si osserva che alla fattispecie è applicabile la previsione di cui
all’art. 360, primo comma, n. 5, introdotta dall’art. 54 del decreto-legge 22
giugno 2012 n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012 n. 134, che dev’essere
interpretata come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di
legittimità sulla motivazione, sicché in cassazione è denunciabile – con ipotesi
che si converte in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. dando

violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente
all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della
sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto
materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”; nel “contrasto irriducibile
tra affermazioni inconciliabili”, ossia in manifeste e irresolubili contraddizioni,
nonché nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”;
esclusa qualunque rilevanza di semplici insufficienze o contraddittorietà, al di
fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso
esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che
appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia, fermo
restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il
vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ancorché la sentenza non abbia
dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n.
8053; Cass., 12/10/2017, n. 23940).
Ciò posto, come desumibile dall’esame sopra riportato, nella fattispecie
non vi è stato alcun omesso esame nei sensi appena descritti.
Consegue quanto anticipato. Assorbito il ricorso incidentale condizionato.
4. Spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale, e condanna
parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali della controricorrente
liquidate in euro 6.000,00, oltre a euro 200,00 per esborsi, oltre al 15 per
cento per spese forfettarie oltre accessori legali.
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luogo a nullità della sentenza – solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la
Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a
quello dovuto per il ricorso.
Il Collegio ha deliberato la motivazione semplificata.

Così deciso in Roma il giorno 13 aprile 2018.

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