Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19168 del 20/09/2011

Cassazione civile sez. II, 20/09/2011, (ud. 24/06/2011, dep. 20/09/2011), n.19168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19372/2009 proposto da:

M.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avv. CIARCIA POTITO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

S.M., M.M., C.M.

C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 864/2008 della CORTE D’APPELLO di BARI del

19.9.08, depositata il 30/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Pasquale Forte (per delega avv.

Potito Ciarda) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del

Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

C.M.C. nel 1994 evocava in giudizio davanti al tribunale di Lucera i coniugi S.M. e M. M., chiedendo loro la eliminazione delle opere edili con le quali aveva costituito una servitù di veduta e di scolo di acque piovane, in danno di un suolo di sua proprietà sito in (OMISSIS). Lamentava inoltre l’occupazione di una porzione di terreno.

Conveniva in giudizio anche M.F., intestatario di due piani dell’edificio costruito, il quale in via riconvenzionale faceva valere l’usucapione del suolo occupato.

Il tribunale d Lucera con sentenza n. 68/04 rigettava la domanda principale.

L’appello della attrice, resistito dai coniugi S. e dal M., veniva accolto il 30 settembre 2008 dalla Corte di Bari, limitatamente alla eliminazione della servitù di scolo dal Lastrico solare di M.F. sul fondo C..

Il soccombente M. propone ricorso per cassazione con tre motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio ha disposto che la sentenza sia redatta in forma semplificata.

Con il primo motivo parte ricorrente denuncia violazione degli artt. 101, 102, 183, 331, 350 c.p.c., lamentando la mancata integrazione del contraddittorio. Deduce che i pluviali discendenti dai quali deriverebbe un indebito convogliamento di acqua verso il fondo C. servono l’intero fabbricato condominiale e che altri condomini, litisconsorti necessari, dovevano essere citati in giudizio.

La censura è inammissibile.

Il difetto di integrità del contraddittorio per omessa citazione di un litisconsorte necessario può essere rilevato nel giudizio di legittimità, semprechè sulla questione non si sia formato il giudicato (Cass. 8689/00), soltanto se il presupposto e gli elementi posti a fondamento di essa emergano con ogni evidenza dagli atti del processo di merito, non essendo possibile in sede di legittimità valutare nuove prove o svolgere attività istruttorie (Cass. 10649/04).

Nella specie dalla sentenza non risulta nulla in ordine ai fatti dedotti con il motivo e lo stesso ricorso non indica da quali atti emergesse la veste di condomini dei soggetti soltanto ora indicati.

Peraltro lo stesso primo quesito ex art. 366 bis c.p.c., ammette che la denuncia di violazione del contraddittorio è stata introdotta per la prima volta nel giudizio di cassazione.

Il secondo motivo espone vizi di motivazione.

La censura si diffonde sulla esistenza di “un errore sulla valutazione della decisività degli atti versati in giudizio”. Esso però non contiene la chiara indicazione del fatto controverso su cui cadrebbe il vizio di motivazione.

In proposito la giurisprudenza (SU n. 20603/07; Cass. 4309/08;

16528/08) ha chiarito che la censura ex art. 360, n. 5, deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, per consentire una pronta identificazione delle questioni da risolvere.

Nella norma dell’art. 366-bis cod. proc. civ., nonostante la mancanza di riferimento alla conclusività (presente, invece, per il quesito di diritto), il requisito concernente il motivo di cui al n. 5 del precedente art. 360 – cioè la “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione” – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò’ specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non e1 possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte dei ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366-bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione.

Questa omissione, che è sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c., sussiste nella specie, perchè manca un momento di sintesi del motivo.

Inoltre il motivo elenca una serie di fatti e documenti dei quali non viene riportato il contenuto dettagliato, nè luogo e modi della produzione e valorizzazione nei gradi di merito, come sarebbe stato indispensabile, sia ai fini dell’autosufficienza del ricorso, sia per far emergere che le questioni fossero state tempestivamente poste negli stessi termini sollevati in sede di legittimità.

Il terzo motivo lamenta falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., e ha per oggetto la integrale compensazione delle spese di lite, che è ineccepibile, atteso che sussisteva soccombenza reciproca: il giudice di appello aveva infatti rigettato alcune domande della C., ma aveva accolto quella su cui è stato proposto l’odierno ricorso.

Non era pertanto necessaria altra motivazione.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso, al quale non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva degli intimati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 24 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2011

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