Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19168 del 19/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19168 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA

sul ricorso 28280-2007 proposto da:
SCIORTINO GIOACCHINO SCRGCH36A23A546R, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 195, presso lo
studio dell’avvocato BRUNO GIORGIO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAZZEI
LUIGI giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
1450

contro
AIMA ora AGEA in persona del Presidente legale
rappresentante in carica, domiciliata ex lege in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

1

Data pubblicazione: 19/08/2013

GENERALE DELLO STATO, da cui è difesa per legge;
– controricorrente nonchè contro

CINA’ GIACOMO;
– intimato –

di PALERMO, depositata il 07/03/2007, R.G.N.
1082/1996;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/06/2013 dal Consigliere Dott.
ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato LUIGI MAZZEI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

2

avverso la sentenza n. 252/2007 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 07.03.2007 la Corte di appello di Palermo,
accogliendo l’appello proposto dall’A.I.M.A. (oggi AG.E.A.Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) avverso la sentenza
emessa in data 07.06.1996 dal Tribunale di Palermo, condannava

pagamento della complessiva somma di C 124.813,74, oltre interessi
e rivalutazione, a titolo di risarcimento dei danni conseguenti
all’indebita percezione di aiuti comunitari al mercato agrumario,
concretante il reato di truffa aggravata di cui all’art. 2 della
legge n. 898/1996, in relazione al quale era intervenuta,
peraltro, sentenza di non doversi procedere per amnistia.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
Giocchino Sciortino contro l’AG.E.A. e nei confronti di Giacomo
Cinà, svolgendo tre motivi.
Ha resistito l’AG.E.A., depositando controricorso.
E’ stata depositata memoria da parte del ricorrente
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di appello, accogliendo il gravame dell’originaria
attrice, ha ritenuto che l’accertamento dei fatti materiali
contenuto nelle sentenze penali (Trib. Palermo n.592/1990 e Corte
di appello Palermo n. 3968/1991) fosse vincolante in sede civile
in forza dell’art. 28 cod. proc. pen. 1930 (applicabile
temporis);

ratione

ha, quindi, rilevato che gli elementi probatori

acquisiti in sede penale evidenziavano il carattere fittizio delle
forniture di agrumi, funzionale alla riscossione dei contribuiti
comunitari nel settore, segnatamente evidenziando con specifico
riguardo all’odierno ricorrente che trattavasi di

3

«soggetto che

Gioacchino Sciortino e Giacomo Cinà, in solido tra loro, al

gestiva il settore dei contributi approntando la documentazione
per ottenerli»

(pag. 11 della sentenza).

2. Il ricorso – avuto riguardo alla data della pronuncia della
sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e antecedente al 4
luglio 2009) – è soggetto, in forza del combinato disposto di cui

giugno 2009, n. 69, art. 58, alla disciplina di cui agli artt. 360
cod. proc. civ. e segg. come risultanti per effetto del cit.
d.Lgs. n. 40 del 2006.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione
dell’art. 342 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n.4 cod.
proc. civ., nonché, in subordine, omessa motivazione in relazione
all’art. 360 n.5 cod. proc. civ.. Il motivo si conclude con il
seguente quesito:

«la specificità dei motivi richiesti dall’art.

342 c.p.c., quale requisito essenziale dell’atto di appello, non
sussiste quando nell’appello non sono esposti elementi
argomentativi in contrapposizione alle motivazioni della sentenza
impugnata».
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione
dell’art.115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n.3 cod.
proc. civ.. Il motivo si conclude con il seguente quesito:
consentito al Giudice,

motu proprio,

«non è

acquisire al giudizio

elementi non prodotti dalle parti, né decidere la controversia su
prove diverse da quelle dedotte dalle parti».
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia omessa
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio
in relazione all’art. 360 n.5 cod. proc. civ..
3. Il ricorso è inammissibile per inosservanza dell’art. 366

4

(90f(

al d.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2 e della L. 18

bis cod. proc. civ.. Invero, secondo i canoni elaborati da questa
Corte per la rilevanza dei quesiti, applicabili anche dopo la
formale abrogazione della norma, attesa l’univoca volontà del
legislatore di assicurare ultra-attività alla medesima (per tutte,
v. espressamente Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194), il quesito di

Cass., Sez. Un., 5 gennaio 2007, n. 36), nonché risolutivo del
punto della controversia, tale non essendo la richiesta di
declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del
giudice di legittimità (cfr. Cass., 3 agosto 2007, n. 17108),
occorrendo che risulti individuata la discrasia tra la

ratio

decidendi della sentenza impugnata, che deve essere indicata, e il
diverso principio di diritto da porre a fondamento della decisione
invocata (v. Cass. SS.UU. 10 settembre 2009, n.19444 e 14 febbraio
2008, n. 3519).
In sostanza il quesito di diritto deve comprendere (tanto che
la carenza di uno solo di tali elementi comporta l’inammissibilità
del ricorso: Cass. 30 settembre 2008, n. 24339) sia la riassuntiva
esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di
merito; sia la sintetica indicazione della regola di diritto
applicata dal quel giudice; sia ancora la diversa regola di
diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare
al caso di specie. Mentre «la chiara indicazione»
fatto) richiesta dalla seconda parte dell’art. 366

(c.d. quesito di
bis cod. proc.

civ. in relazione al vizio motivazionale deve consistere in una
parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e
riassuntivamente destinata, da cui risulti non solo «il fatto
controverso» in riferimento al quale la motivazione si assume

5

diritto deve essere specifico e riferibile alla fattispecie (cfr.

omessa o contraddittoria, ma anche – se non soprattutto – «la
decisività» del vizio, e cioè le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare
la decisione (cfr. Sez. Unite, l ottobre 2007, n.20603; Cass.
ord., 18 luglio 2007, n.16002; Cass. ord. 7 aprile 2008, n.8897).

canoni sopra riportati, posto che il primo e il secondo quesito si
concludono con la richiesta di affermazione di un’astratta
iuris,

regula

scollegata dal pertinente nesso di collegamento alla

fattispecie concreta, mentre il terzo motivo (al pari della
subordinata censura motivazionale di cui al primo motivo) non è
corredato dal necessario momento di sintesi rispetto alla
motivazione della sentenza, idoneo a concretare una esposizione
chiara e sintetica dei fatti controversi e degli argomenti logici
che condurrebbero ad una diversa valutazione.
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 140 del
2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte
ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione,
liquidate in favore della resistente C 7.000,00 oltre spese
prenotate a debito.
Roma 21 giugno 2013

3.1. Orbene nessuno dei motivi di ricorso all’esame risponde ai

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