Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19164 del 19/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 19164 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: SESTINI DANILO

Rep. &./.( •

ORDINANZA
Ud. 13/04/2018

sul ricorso 21753-2015 proposto da:
CC

CATALANO GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA,
V. BOEZIO 14, presso lo studio dell’avvocato MARIO
LIBERTINI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FILIPPO BASILE giusta procura a margine
del ricorso;
– ricorrente contro
2018
1170

PEPE FILIPPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ALFREDO CASELLA 43, presso lo studio dell’avvocato
NICOLETTA MERCATI, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato FRANCESCO BLANCO giusta
procura a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 19/07/2018

CASERTA NUNZIATO MAURIZIO, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO 12/9, presso lo studio
dell’avvocato MARCO LANZILAO, rappresentato e difeso
dall’avvocato SALVATORE CARAGLIANO giusta procura a
margine del controricorso;

nonché contro

SALTIS DI BARBARO G & C SNC , BARBARO SANTO, BARBARO
GIUSEPPE, MOTERSUD DI ORLANDO ANTONINO & C SNC ,
ORLANDO ANTONINO;

intimati

Nonché da:
BARBARO

SANTO,

BARBARO

GIUSEPPE,

elettivamente

domiciliati a ROMA, VIA CELIMONTANA 8, presso lo
studio

dell’avvocato

PAOLO

che

PANARITI,

li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MARIOLINO LEONARDI giusta procura in calce al
controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrenti incidentali contro

ORLANDO ANTONINO, MOTERSUD DI ORLANDO ANTONINO & C
SNC , PEPE FILIPPA„ SALTIS DI BARBARO G & C SNC ,
CATALANO GIOVANNI, CASERTA NUNZIATO MAURIZIO;

intimati

Nonché da:
BARBARO

SANTO,

BARBARO

GIUSEPPE,

2

elettivamente

– controricorrenti –

domiciliati in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo
studio

PAOLO

dell’avvocato

rappresenta

e

difende

PANARITI,

che

li

all’avvocato

unitamente

MARIOLINO LEONARDI;
– ricorrenti incidentali –

CATALANO

GIOVANNI,

CASERTA

NUNZIATO

MAURIZIO,

MOTERSUD DI ORLANDO ANTONINO & C SNC , PEPE FILIPPA,
SALTIS SNC DI BARBARO GIUSEPPE & C ;
– intimati –

avverso

la

sentenza

n.

1209/2014

della

CORTE

D’APPELLO di CATANIA, depositata il 05/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 13/04/2018 dal Consigliere Dott. DANILO
SESTINI;

3

nonchè contro

FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Catania condannò la S.A.L.T.I.S. s.n.c. di Barbaro
G. & C. (in qualità di proprietaria degli impianti di una cava), Santo e
Giuseppe Barbaro (quali soci dell’anzidetta società) e Giovanni
Catalano (quale direttore della cava), in solido fra loro, al
risarcimento dei danni riportati da Nunziato Caserta, che era

con un camion- per scaricare materiale lavico; escluse, invece, la
responsabilità della Mo.Ter.Sud. di Orlando Antonino & C. s.n.c.,
datrice di lavoro del Caserta.
La Corte di Appello ha confermato la pronuncia ritenendo che la
circostanza che il Caserta fosse precipitato attraverso una feritoia
laterale (posta tra il muretto di cemento delimitante la pista che
conduceva alla tramoggia e la lamiera rinforzata della stessa, che
fungeva da imbuto), anziché attraverso un varco del piano di
calpestio, «non elide[va] la logica della motivazione del primo
giudice, posto che in ogni caso resta[va] la presenza dell’insidia
affermata dal tribunale […], ininfluente essendo che la presenza del
buco fosse sul piano di calpestio ovvero tra le sponde laterali che
avrebbero dovuto evitare la caduta dall’alto»; ha escluso che vi fosse
prova che il Caserta fosse caduto mentre si trovava sopra il cassone
dell’autocarro e che il varco che aveva consentito la caduta si
trovasse in una zona inaccessibile all’infortunato; ha affermato inoltre
che, quale direttore della cava, il Catalano era responsabile della
«condotta generale dei lavori», anche in relazione agli impianti
accessori, compresa la tramoggia, mentre doveva escludersi (in
difetto di una disposizione ad hoc) che l’autocarro dovesse essere
munito di un dispositivo di sbloccaggio del cassone posto all’interno
della cabina.
Ha proposto ricorso per cassazione il Catalano, affidandosi a
quattro motivi; hanno resistito il Caserta (con controricorso
contenente “controricorso incidentale” basato su un unico motivo) e

precipitato dalla rampa di accesso alla tramoggia, ove si era portato –

Filippa Pepe (già legale rappresentante della Mo.Ter.Sud.), mentre
Santo e Giuseppe Barbaro hanno proposto controricorso adesivo al
ricorso principale, contenente ricorso incidentale basato su tre motivi.
Hanno depositato memoria il Catalano e il Caserta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Sul ricorso principale

per il giudizio e la violazione e la falsa applicazione dell’art. 27 D.P.R.
n. 547/1955: il Catalano assume che la Corte ha «(sbrigativamente)
assimilato la “fessura” verticale al “varco” o “buco” orizzontale»,
senza considerare che la “feritoia” non poteva essere equiparata «ad
un’insidia […] con caratteri di assoluta invisibilità o imprevedibilità»
e senza tener conto del contegno dell’infortunato nel momento in cui
era intento a compiere l’operazione di allentamento della sponda
posteriore dell’autocarro e, segnatamente, della possibilità di
percepire lo stato di pericolo; contesta, inoltre, che la sua
responsabilità potesse essere fondata sulla previsione dell’art. 27
D.P.R. n. 547/1955 (concernente la «protezione delle impalcature,
delle passerelle e dei ripiani»), trattandosi di norma non applicabile al
caso in esame (ove la rampa non aveva natura pedonale, ma
carrabile).
1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto volto -nella sostanza- a
escludere la natura “insidiosa” del varco esistente fra il muretto in
cemento e la sponda esterna della tramoggia e ad ipotizzare una
possibilità di percezione del pericolo da parte del Caserta, in funzione
di un apprezzamento di merito diverso da quello compiuto dalla
Corte, che è tuttavia precluso nella presente sede di legittimità; va
escluso, altresì, che la Corte abbia omesso di considerare la condotta
del Caserta (di cui ha, anzi, dato ampio conto laddove ha ricostruito
le modalità di sganciamento della sponda posteriore dell’autocarro);
né risulta pertinente alla ratio decidendi -basata sull’esistenza di
un’insidia che non doveva essere presente- la censura relativa alla
4

1. Il primo motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo

falsa applicazione dell’art. 27 D.P.R. n. 547/1955, giacché la Corte ha
richiamato la norma solo per evidenziare che il primo giudice, al di là
delle equivoche espressioni usate, aveva avuto ben chiara la dinamica
dell’infortunio (in termini di caduta laterale).
2. Col secondo motivo, che deduce «violazione e falsa
applicazione dell’art. 27 D.P.R. 27.04.1955 n. 547, sotto altro profilo,

relazione all’art. 2087 c.c.», il Catalano assume che le norme
antinfortunistiche richiamate non possono giustificare l’affermazione
della sua responsabilità per le lesioni sofferte dall’infortunato: rileva,
infatti, che il Caserta non era dipendente della S.A.L.T.I.S. e assume
che l’eventuale responsabilità del direttore della cava non potrebbe
che essere sussidiaria rispetto a quella della società, mentre la Corte
ha fondato la responsabilità della S.A.L.T.I.S. non sulla previsione
dell’art. 2087 cod. civ., ma su quella dell’art. 2051 cod. civ., cosicché
risulta del tutto «illogica ed erronea» l’affermazione della
responsabilità del Catalano in base alla normativa antinfortunistica,
tanto più a fronte dell’esclusione di ogni responsabilità a carico del
datore di lavoro del Caserta.
2.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
Inammissibile, in quanto basato sul presupposto erroneo che la
Corte abbia fondato l’affermazione della responsabilità del Catalano
esclusivamente sulla violazione della normativa di cui al D.P.R. n.
547/1955, anziché principalmente sull’esistenza di un’insidia che, in
qualità di responsabile della cava, l’odierno ricorrente avrebbe dovuto
evitare o eliminare.
Comunque infondato, poiché, «ove un infortunio si sia verificato
per inosservanza degli obblighi di sicurezza normativamente
imposti», la violazione della normativa antinfortunistica è idonea a
comportare la responsabilità, «a titolo di colpa specifica ex art. 43
cod. pen., su chi […] detti obblighi avrebbe dovuto rispettare, a nulla
rilevando che ad infortunarsi sia stato un lavoratore dipendente, un
5

e 19 (in coordinazione con l’art. 2) D.P.R.S. 15.07.1958 n. 7, in

soggetto ad esso equiparato od una persona estranea all’ambito
imprenditoriale, purché sia ravvisabile il nesso causale tra l’infortunio
e l’accertata violazione» (Cass. n. 10641/2002); cosicché la
responsabilità è comunque ipotizzabile, ancorché a titolo
extracontrattuale, anche in relazione a danni riportati da soggetti che
non rivestano la qualifica di lavoratori dipendenti (cfr. Cass. n.

3. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 2 e 19
D.P.R.S. n. 7/1958 in relazione all’art. 13 della L.R. Sicilia n.
127/1980, sul rilievo che la normativa del 1980 disciplinante la figura
del direttore di cava non contempla attività diverse da quelle
estrattive e sull’assunto che la tramoggia e i suoi annessi (stradella di
invito e rampa di carico) rappresentavano «un complesso produttivo
distinto dalla cava in senso geomorfologico, oltre che economicoproduttivo, con conseguente assoluta estraneità del Catalano […] al
fatto dal quale sono derivate le gravi lesioni a carico del Caserta»;
senza che possa rilevare la circostanza che l’art. 2 D.P.R.S. n. 7/1958
preveda l’estensione delle disposizioni sulla sicurezza anche agli
impianti di arricchimento e trasformazione delle sostanze minerarie.
3.1. Il motivo è inammissibile, in quanto postula che i compiti del
Catalano fossero limitati alle attività meramente estrattive e
comporta pertanto un accertamento di merito di segno opposto
rispetto a quello compiuto (implicitamente, ma univocamente) dalla
Corte territoriale, che non è sindacabile in sede di legittimità.
4. Col quarto motivo («violazione e falsa applicazione dell’art.
233, lettere a e b, DPR n. 547/1955, in relazione all’art. 2087 c.c.»),
il ricorrente si duole che la Corte abbia escluso la responsabilità della
Mo.Ter.Sud. sul rilievo della mancanza nell’ordinamento di una norma
specifica che imponesse alla stessa di adottare misure che non
esponessero il Caserta alla necessità (e ai rischi) di rimuovere
manualmente i ganci della sponda posteriore; richiama, al riguardo,
gli orientamenti giurisprudenziali che individuano nell’art. 2087 c.c.
6

2605/2013).

una “norma aperta”, tale da onerare il datore di lavoro dell’adozione
delle cautele e degli accorgimenti tecnici connaturati al tipo di attività
esercitata e commisurati al rischio di impresa, e sottolinea che il
sistema di azionamento automatico della sponda del cassone è in uso
negli autocarri almeno dal secondo dopoguerra.
4.1. Anche questa censura è inammissibile, in quanto è volta a

“sicurezza” del dispositivo di scarico dell’autocarro e, per di più, non è
idonea a contrastare l’affermazione (contenuta nei passaggi della
sentenza di primo grado trascritti dal giudice di appello)
dell’irrilevanza causale delle modalità di scarico a fronte dell’efficacia
assorbente del varco attraverso il quale il Caserta era precipitato al
suolo.
Sul ricorso incidentale dei Barbaro
5. Il primo motivo (che denuncia la violazione e la falsa
applicazione dell’art. 409 cod. proc. civ. per il fatto che la
controversia non era stata trattata secondo il rito del lavoro) è
inammissibile, oltreché infondato.
Inammissibile, poiché i ricorrenti non deducono il pregiudizio che
sarebbe derivato loro dalla trattazione della causa secondo il rito
ordinario (tanto più perché l’attore avrebbe potuto proporre
comunque le proprie istanze istruttorie a seguito dell’ordinanza di
mutamento del rito).
Infondato, in quanto, come correttamente rilevato dalla Corte di
merito, la questione del rito applicabile non incide sulla competenza,
ma attiene esclusivamente alla ripartizione delle funzioni nell’ambito
del medesimo ufficio giudiziario.
6. Il secondo e il terzo motivo seguono la sorte, rispettivamente,
del secondo e del quarto motivo del ricorso principale, dei quali
ricalcano sostanzialmente i contenuti.
Sul ricorso incidentale del Caserta

7

sovrapporsi alla valutazione di merito compiuta dalla Corte circa la

7. L’unico motivo del “controricorso incidentale” -che denuncia
«violazione e falsa applicazione degli artt. 2087, 2050, 2051 del
codice civile»- è inammissibile per genericità delle censure, che non
individuano specifici errori di diritto (ma si limitano a postularli
muovendo dalla considerazione che «l’autocarro condotto dal Caserta
non era idoneo alla bisogna e all’epoca dei fatti erano già in

preoccupano di contrastare le affermazioni della Corte in punto di
sicurezza del sistema di scarico e di esclusiva efficienza causale
dell’insidia costituita dal varco in cui era precipitato il Caserta.
8. Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite
fra tutte le parti, ai sensi dell’art. 92, 2° co. c.p.c., nel testo
(applicabile ratione temporis, trattandosi di causa introdotta nell’anno
1999) anteriore alle modifiche apportate a partire dalla I. n.
263/2005.
9. Non deve provvedersi sull’istanza di liquidazione dei compensi
proposta dal difensore della Pepe, ammessa al patrocinio a spese
dello Stato, in quanto -a norma dell’art. 83, co. 2 D.P.R. n. 115/2002«per il giudizio di cassazione, alla liquidazione procede il giudice di
rinvio, ovvero quello che ha pronunciato la sentenza passata in
giudicato» (cfr. Cass. n. 13806/2018).
10. Sussistono le condizioni per applicare, in relazione al ricorso
principale e ai due ricorsi incidentali, l’art. 13, comma 1 quater del
D.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale del Catalano e quello
incidentale di Santo e Giuseppe Barbaro, dichiarando l’inammissibilità
dell’incidentale proposto da Nunziato Maurizio Caserta;
compensa le spese di lite fra tutte le parti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a
8

commercio mezzi appositamente attrezzati») e che non si

titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a
norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.

Roma, 13.4.2018

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