Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19161 del 19/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 19161 Anno 2018
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: MOSCARINI ANNA

ORDINANZA

sul ricorso 19542-2016 proposto da:
MERCURI PAOLO, domiciliato ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato
e difeso dall’avvocato PAOLO MERCURI difensore di sé
medesimo;
– ricorrente contro

COLUCCI MARIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
2018
1077

V.LE G. MAZZINI 88, presso lo studio dell’avvocato
MARIO MONACO, rappresentato e difeso dall’avvocato
MARIO COLUCCI difensore di sé medesimo;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 549/2016 del TRIBUNALE di

Data pubblicazione: 19/07/2018

ROVIGO, depositata il 27/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 05/04/2018 dal Consigliere Dott. ANNA

MOSCARINI;

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FATTI DI CAUSA
L’avvocato Mercuri convenne in giudizio l’avv. Colucci e la società Ape
Sud s.a.s. per sentir pronunciare la condanna dei medesimi in solido a
pagare a titolo di onorari diritti, rimborso spese e anticipazioni la
somma di C 1.968,79 in relazione ad una attività difensiva svolta in

instaurato davanti il Tribunale di Rovigo. Il Giudice di Pace di Rovigo
accolse la domanda.
In appello il Colucci si dolse del fatto che il contratto di patrocinio non
si era instaurato tra lui e l’avv. Mercuri ma tra quest’ultimo e il comune
cliente, la Ape Sud s.a.s., e che il giudice di primo grado lo aveva
ingiustamente condannato al pagamento degli interessi moratori
richiesti dal collega soltanto nella fase decisoria del processo di primo
grado. Il Tribunale di Rovigo ha accolto il primo motivo, assorbito il
secondo e condannato il Mercuri alle spese di entrambi i gradi di
giudizio e alla restituzione di quanto avuto in esecuzione della sentenza
di primo grado. Il Tribunale ha evidenziato la contraddittorietà della
sentenza di primo grado nella parte in cui ha statuito che l’avv. Colucci
e la Società Ape Sud potessero essere considerati unica parte
sostanziale contrattuale, dovendosi invece distinguere l’ipotesi in cui la
pretesa fosse stata rivolta nei confronti dell’avv. Colucci e la diversa
ipotesi in cui fosse stata rivolta nei confronti dell’Ape Sud.
Il Giudice ha richiamato la consolidata giurisprudenza di questa Corte
secondo la quale, in presenza di una procura congiunta a due legali, si
deve presumere la coincidenza del contratto di patrocinio con la
procura alle liti, salvo che venga provato, anche in via indiziaria, il
distinto rapporto interno ed extraprocessuale di mandato esistente tra
i due professionisti. In assenza di detta prova il giudice ha ritenuto che
la procura fosse stata conferita ad entrambi i legali, che entrambi
fossero coodifensori, che la circostanza che l’avv. Colucci desse

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favore della stessa società Ape Sud in un giudizio contro la Pato s.r.l.

istruzioni al Mercuri, in ordine all’attività da svolgere, fosse del tutto
fisiologica, che l’attività fosse ripartita tra i due legali nel senso che
l’uno gestiva i contatti con la cliente, che aveva sede in Lucera, e l’altro
i contatti con l’ufficio giudiziario di Rovigo, dove si svolgeva la causa;
che, a conferma del mandato congiunto, nel conteggio di quanto

titolo di diritti e che il Colucci aveva invitato il collega ad emettere
fattura direttamente nei confronti della comune cliente.
Avverso la sentenza, che ha accolto l’appello del Colucci e condannato
il Mercuri alla restituzione di quanto avuto in esecuzione della sentenza
di primo grado, oltre che alle spese del doppio grado, il Mercuri propone
ricorso per cassazione affidato a quattro motivi illustrati da memoria.
Resiste Mario Colucci con controricorso illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo denuncia “l’art. 360 n. 3) c.p.c.: nullità della
decisione per violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli
artt. 99 e 112 c.p.c.” Il ricorrente deduce la nullità della sentenza per
avere il giudice di appello riformato la pronunzia di primo grado
pronunziando ultra petita partium: il giudice, a fronte del motivo di
appello relativo alla carenza di legittimazione passiva del Colucci, pur
rigettando tale motivo, avrebbe erroneamente accolto l’appello,
pronunziando al di là di quanto chiesto dall’appellante.
Il motivo è infondato. E’ infatti evidente, dalla lettura delle conclusioni
dell’atto di appello del Colucci e dalla parte motiva del medesimo con
la quale le conclusioni devono essere armonizzate, che oggetto del
giudizio non è stata soltanto la questione della legittimazione passiva
del Colucci ma l’intero rapporto intercorso tra i due legali. Il giudizio
di appello ha avuto ad oggetto l’infondatezza delle pretese del Mercuri,
accolte dal Giudice di Pace di Rovigo, le cui determinazioni sono state
impugnate per ottenere il rigetto della domanda attrice. Non risponde
al vero, dunque, l’affermazione secondo cui il giudice di secondo grado

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dovuto al Mercuri vi fosse una quota a titolo di onorario e non solo a

avrebbe riformato la sentenza in assenza di una corrispondente
domanda dell’appellante, in quanto tutto il giudizio di appello è ruotato
proprio intorno alla infondatezza delle pretese dell’attore in primo
grado, ingiustamente accolte dal Giudice di Pace di Rovigo, le cui
determinazioni sono state impugnate al fine di far accertare la predetta

Con il secondo motivo denuncia “l’art. 360 n. 3 c.p.c.: violazione e falsa
applicazione di legge in relazione agli artt. 1321, 1703, 1704, 1292 e
1294 del c.c.”
Censura la sentenza nella parte in cui afferma l’inconcepibilità di
considerare la società assistita e l’avvocato da quest’ultima incaricato
come unica parte sostanziale contrattuale nei confronti di un altro
avvocato, ben potendo sussistere un rapporto di rappresentanza
complesso. Il motivo è infondato in quanto il ricorrente
decontestualizza il termine “inconcepibile” dalla complessiva
argomentazione della sentenza la quale non ha escluso, in astratto,
come pretenderebbe il ricorrente, la possibilità che due soggetti distinti
possano conferire un incarico, congiuntamente o disgiuntamente, ad
un altro soggetto, ma ha ragionato con riguardo alla fattispecie
concreta interrogandosi su quale delle ipotesi ricorresse nel caso in
esame, tra quella dell’incarico conferito dalla società cliente e quella
del mandato intercorso tra i due difensori, optando per la prima ipotesi,
con valutazione congrua e non adeguatamente censurata. Peraltro il
fatto, incontestato, che l’avv. Colucci fosse il dominus della causa non
prova che il mandato sia intercorso tra i due legali, anziché tra la
società e ciascuno dei due legali, né vi è stata in giudizio la prova che
l’incarico non fu conferito dalla società ma dal Colucci.
Con il terzo motivo denuncia “l’art. 360 n. 3 c.p.c.: violazione e falsa
applicazione di legge in relazione all’art. 30 del Codice Deontologico
Forense approvato dal Consiglio Nazionale forense il 17 aprile 1997 art. 360 n. 5 c.p.c.: Nullità della sentenza per omessa motivazione circa

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infondatezza ed ottenere il rigetto della relativa domanda attrice.

un punto decisivo della controversia (sviluppo a pag. 14 del presente
ricorso).” Il ricorrente Mercuri censura la sentenza per violazione
dell’art. 30 del Codice Deontologico Forense nella parte in cui ha
ritenuto argomento superabile l’avere l’avv. Colucci incassato le
somme dalla cliente, senza postergare le proprie spettanze rispetto a

Il motivo è inammissibile perché il ricorrente introduce una questione
nuova, non trattata nei gradi di merito.
Con il quarto motivo denuncia “l’art. 360 n. 5 c.p.c.: nullità della
sentenza per omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono
stati oggetto di discussione tra le parti.”
Secondo il ricorrente la sentenza avrebbe una motivazione perplessa
ed incomprensibile, al di sotto del cd. “minimo costituzionale”, laddove
ha omesso di considerare che, nelle notule dell’avv. Colucci, erano
state inserite anche le attività procuratorie e difensive dell’avv. Mercuri.
Se il giudice d’appello avesse considerato adeguatamente la
menzionata circostanza sarebbe giunto alla conclusione del mandato
extra-processuale intercorso tra i due legali.
Il motivo è manifestamente infondato in quanto la sentenza ha
motivato tenendo in considerazione tutti gli elementi che il ricorrente
pretende essere stati omessi ,e cioè che il Colucci aveva chiesto il
pagamento dei compensi inerenti le attività svolte dal Mercuri, che il
Colucci aveva avvisato il collega della possibilità di fatturare
direttamente alla società, etc.
Conclusivamente il ricorso va rigettato, con le conseguenze sulle spese
del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, e sul
raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio
di cassazione, liquidate in C 2.200 (più C 200 per esborsi), più accessori
di legge e spese generali al 15%. Dà atto della sussistenza dei

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quelle del domiciliatario.

presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 5/4/2018
nte

Il Pr

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