Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19161 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 17/07/2019, (ud. 04/10/2018, dep. 17/07/2019), n.19161

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. Luigi – Presidente –

Dott. NONNO G. Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI G. – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 27834 del ruolo generale dell’anno 2011

proposto da:

Nonino s.p.a. (già Nonino Distillatori s.p.a.) in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti

Bruno Cossu e Giov. Paolo Businello per procura speciale a margine

del ricorso, elettivamente domiciliata in Roma, via Crescenzio, n.

58, presso lo studio del primo difensore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Friuli Venezia Giulia, n. 1236/01/2011, depositata il

giorno 21 giugno 2011;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 ottobre

2018 dal Consigliere Dott. Triscari Giancarlo.

Fatto

RILEVATO

che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato alla società contribuente un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2005, veniva richiesta una maggiore Ires, Irap e Iva; avverso il suddetto atto impositivo aveva proposto ricorso la contribuente dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Udine che lo aveva parzialmente accolto; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello principale l’Agenzia delle entrate e appello incidentale la società contribuente;

la Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia ha accolto parzialmente l’appello principale dell’Agenzia delle entrate e quello incidentale della contribuente, in particolare: ha accolto l’appello principale sulla questione del recupero delle spese inerenti all’evento “Premio Nonino” e delle spese inerenti a prestazioni alberghiere rese nei confronti di clienti e consulenti e sulla questione dell’ammortamento anticipato; ha accolto, altresì, l’appello incidentale relativo alla detrazione Iva, confermando per il resto la sentenza di primo grado;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte la società contribuente affidato a cinque motivi di censura; l’Agenzia delle entrate ha depositato atto denominato di costituzione con il quale ha dichiarato di costituirsi ai fini della partecipazione all’udienza di discussione;

la contribuente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza per violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione alla L. n. 212 del 2000 artt. 7, 10 e 12 e della L. n. 241 del 1990, art. 3, nonchè per insufficiente, contraddittoria e/o omessa motivazione, per non avere dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione, non avendo l’ufficio dato alcuna risposta nel suddetto atto impositivo alle memorie presentate dalla contribuente dopo il ricevimento del p.v.c.;

il motivo è infondato;

il giudice del gravame ha definito la questione valutando la completezza motivazionale dell’avviso di accertamento, in particolare ha precisato che l’esposizione dell’iter logico giuridico a supporto del titolo e della ragione giustificativa della pretesa impositiva era stata osservata mediante il rinvio per relationem al processo verbale di constatazione;

in tal modo, ha argomentato sulla sufficienza motivazionale dell’atto impugnato, rispetto alla quale ha, altresì, evidenziato che la contribuente non aveva prospettato ragioni di inadeguatezza;

circa, poi, il profilo relativo alla mancata risposta alle memorie presentate dalla contribuente, va osservato che questa Corte ha, in proposito, affermato che “In tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente di cui alla L. n. 212 del 2000, ex art. 12, comma 7, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo”” (Cass. civ, n. 8378 del 2017);

con il secondo motivo si censura la sentenza per violazione e/o falsa applicazione di legge, in relazione al TUIR, art. 108,comma 2, agli artt. 115 e 116 c.p.c., all’art. 2569 c.c., al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 5 e 11 bis, al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19;

il motivo è infondato;

va osservato che il motivo in esame è articolato secondo diverse ragioni di censura che attengono ora a vizi di violazione di legge (censurabili ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), ora a vizi di omessa pronuncia su una eccezione proposta (censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), ora a vizi di omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione (censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5);

ciò posto, va dichiarato inammissibile il profilo di censura relativo all’omessa pronuncia sull’eccezione di tardività delle contestazioni in ordine al contenuto della relazione della Price Waterhouse Coopers (PWC), non avendo la parte riprodotto, in violazione del principio di specificità, l’atto con il quale la stessa aveva proposto la suddette eccezione, limitandosi genericamente ad affermare, sia a pag. 71 che a pag. 38 del ricorso, di averla proposta;

con riferimento alle ragioni di censura che attengono al vizio di violazione di legge, va osservato che le stesse hanno riguardo a diversi e distinti passaggi motivazionali della pronuncia censurata che, tuttavia, non tengono conto dell’argomentazione complessive sulla quale si è fondata la decisione;

in realtà, il giudice del gravame ha proceduto ad una ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali in ordine alla questione della distinzione dei presupposti fondanti le spese di rappresentanza da quelle di pubblicità, ed ha chiaramente precisato che il criterio distintivo deve essere individuato nel fatto che le prime riguardano i costi sostenuti per creare, mantenere o accrescere il prestigio della società e di migliorarne l’immagine, mentre le spese di pubblicità riguardano quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta, essendo essenziale, per queste ultime, l’obiettivo di una diretta aspettativa di ritorno commerciale e il collegamento con un incremento più o meno immediato della vendita;

nel contesto delle suddette considerazioni di principio, il giudice del gravame ha ritenuto che la fattispecie, caratterizzata da spese

consistenti in una riunione conviviale che si tiene in occasione dell’assegnazione del “Premio Nonino”, dovesse essere ricondotta nell’ambito delle spese di rappresentanza, in quanto assimilabile ad un pranzo offerto ai clienti in occasione di una festività;

va osservato, a tal proposto, che i presupposti interpretativi da cui il giudice del gravame mostra di procedere sono in linea con l’orientamento di questa Suprema Corte che ha precisato che: “In materia di imposte sui redditi, rientrano tra le spese di rappresentanza di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 74, i costi sostenuti per accrescere il prestigio della società senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite, mentre ne restano escluse le spese di pubblicità e propaganda, aventi come scopo preminente quello di informare i consumatori circa l’esistenza di beni e servizi prodotti dall’impresa, con l’evidenziazione e l’esaltazione delle loro caratteristiche e dell’idoneità a soddisfare i bisogni al fine di incrementare le vendite…” (Cass. civ., n. 17602/2008), ed ancora “… Vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi o comunque dell’attività svolta” (Cass. civ., n. 3433/2012): in proposito è stato rimarcato che per qualificare la spesa come pubblicitaria deve sussistere una diretta finalità promozionale e di incremento delle vendite (Cass. n. 10959/2007) e che il contribuente deve provare una diretta aspettativa di ritorno commerciale” (Cass. n. 3433 del 2012);

in sostanza, la pronuncia censurata ha espresso, alla luce della giurisprudenza sopra citata, la propria valutazione circa la natura di spese di rappresentanza di quelle sostenute in occasione dell’assegnazione del “Premio Nonino”, valorizzando la circostanza che lo stesso si caratterizzava, fondamentalmente, in una riunione conviviale assimilabile a quella offerta a clienti in occasione di festività, sicchè, in tal modo, ha ragionato in ordine alle intrinseche finalità delle spese in esame, limitandone gli effetti ai soli fini dell’accrescimento dell’immagine e del prestigio della società, proprio tenendo conto, nell’esempio riportato, alla limitata estensione dei destinatari diretti;

d’altro lato, parte ricorrente lamenta che il giudice del gravame non si sarebbe soffermato sui contenuti del “Premio Nonino” e del rapporto di PWC, ma tale profilo, che comunque inserisce una questione di omessa pronuncia su fatti decisivi per la decisione, risulta solo genericamente rappresentato, senza offrire a questa Corte, in difetto del principio di specificità, elementi idonei per verificare che la valutazione compiuta dal giudice del gravame risulti viziata sotto il profilo motivazionale;

non può dirsi, pertanto, sussistente una violazione di legge, nel senso ravvisato dalla ricorrente, avendo il giudice del gravame fatto applicazione dei principi sopra indicati ed espresso la propria valutazione in merito alla fattispecie, profilo non sindacabile in questa sede, nè può dirsi che la motivazione sia contraddittoria, avendo deciso sulla base della chiara distinzione della diversità, anche strategica dei rispettivi obiettivi, svincolati, nel caso di spese di rappresentanza, da una diretta aspettativa di ritorno commerciale, e, nel caso di spese di pubblicità, da un diretto collegamento con un incremento più o meno immediato della vendita;

nè può assumere rilievo la circostanza, ravvisata dalla ricorrente, in ordine al riferimento alle aspettative di vantaggio anche economico per le spese di rappresentanza, posto che, successivamente, nei diversi passaggi argomentativi della pronuncia, viene chiarito che il profilo chiave di differenziazione attiene proprio alla diretta aspettativa di ritorno commerciale ed a un incremento più o meno immediato della vendita, dovendosi quindi ritenere che la prima affermazione, che la ricorrente evidenzia, attenga, piuttosto, alla finalità di accrescere le potenzialità di sviluppo insite nell’erogazione di spese di rappresentanza, tanto che, successivamente, si fa riferimento ad effetti indotti sull’attività imprenditoriale nel suo complesso;

d’altro lato, non assume rilievo la circostanza, dedotta dalla ricorrente, in ordine al passaggio motivazionale secondo cui le spese di rappresentanza non promuovono un prodotto bensì un marchio e quello relativo alle spese di pubblicità ed informazione scientifica dei farmaci, in quanto gli stessi, per le ragioni sopra indicate, non hanno costituito profilo argomentativo sul quale si è poi fondata la valutazione, sopra indicata, della riconducibilità delle spese affrontate nell’ambito delle spese di rappresentanza;

inoltre, con riferimento alla censura relativa all’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, si è più sopra già evidenziato che parte ricorrente, al di là di una doglianza generica in ordine alla mancata considerazione di elementi di fatto non presi in considerazione dal giudice del gravame, non ha provveduto, in difetto del principio di autosufficienza, a riprodurre, da un lato, gli atti da cui evincere quali fossero gli elementi caratterizzanti la manifestazione in esame e, dall’altro, quale fosse il contenuto specifico del rapporto di PWC;

con riferimento a quest’ultimo atto, in particolare, di cui la parte lamenta la mancata considerazione da parte del giudice del gravame, lo stesso non risulta riprodotto in questa sede, limitandosi la parte, genericamente, a farne richiamo non in seno al presente motivo di censura, ma a pag. 16 del ricorso (ove, peraltro, si fa generico riferimento al doc. 4, della ricorrente), ovvero a pag. 27, laddove, tuttavia, anche in questi casi, se ne riportano genericamente le conclusioni, senza riprodurre specificamente i passaggi essenziali, non consentendo, quindi, di valutarne la decisività ai fini della decisione, secondo quanto richiesto dalla previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5);

sono, infine, prive di pregio le ulteriori ragioni di censura relative ai punti 2.1.2., 2.13 e 2.14 della sentenza impugnata, in quanto, come precisato dal giudice del gravame, attengono a recuperi connessi a quelli, già esaminati, relativi alla spese, qualificate di rappresentanza, sostenute in occasione dell’evento “Premio Nonino”;

con il terzo motivo si censura la sentenza per violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 112, c.p.c., agli artt. 102 e 108 TUIR e per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio;

in particolare, la ricorrente lamenta che il giudice del gravame, nel definire la questione relativa alla natura delle opere di manutenzione eseguite sull’immobile di proprietà di terzi ricevuto in leasing, non ha motivato sufficientemente sulle ragioni per le quali ha ritenuto che le stesse avessero natura di spese straordinarie, avendo fatto riferimento solo alla circostanza dell’elevato esborso, di per sè privo di rilevanza e non ha tenuto conto delle ragioni di censura proposte con l’appello incidentale, applicando, peraltro, un criterio di qualificazione non corretto;

il motivo è fondato;

è pacifico che la questione in esame riguarda la deducibilità dei costi sostenuti per migliorie apportate su beni non di proprietà della contribuente, ma detenuti in forza di un contratto di leasing;

il giudice del gravame ha ritenuto che la natura straordinaria delle spese in esame doveva essere desunta dal rilevante impegno economico sostenuto;

tuttavia, va osservato che la qualificazione delle spese di manutenzione quali ordinarie o straordinarie, rilevante ai fini della determinazione del regime di deducibilità delle stesse sotto il profilo del periodo di competenza, deve essere compiuto facendo riferimento alla finalità ed alla natura intrinseca delle opere realizzate, non potendo assumere rilevanza il criterio, applicato dal giudice del gravame, della rilevanza del costo, che, ai fini sopra indicati, non è di per sè significativo;

invero, la previsione di cui al TUIR, art. 102, comma 6, che prevede, ai fini della deducibilità, il limite del cinque per cento del valore complessivo dei cespiti, trova considerazione solo con riferimento alle spese sostenute su beni in proprietà, mentre, le manutenzioni ordinarie su beni di terzi non subiscono il limite di deducibilità previsto dalla suddetta previsione, come si evince dallo specifico riferimento, contenuto nella previsione normativa in esame, all’imputazione delle stesse a incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono;

con riferimento alle spese per migliorie su beni di terzi, il principio contabile OIC 24 prevede che i costi sostenuti per migliorie e spese incrementative su beni presi in locazione dall’impresa (anche in leasing) sono capitalizzabili e iscrivibili tra le immobilizzazioni immateriali, alla voce “Costi per migliorie e spese incrementative su beni di terzi”, se le migliorie e le spese incrementative non sono separabili dai beni stessi, altrimenti sono iscrivibili tra le “Immobilizzazioni materiali” nella specifica categoria di appartenenza, e l’ammortamento di tali beni si effettua nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione, tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo se dipendente dal conduttore;

peraltro, nel caso in cui le spese per migliorie su beni di terzi sono iscritte tra le immobilizzazioni immateriali queste devono essere considerate oneri pluriennali, e più precisamente “spese relative a più esercizi”, di cui all’art. 108 TUIR, comma 3;

la suddetta previsione normativa, in particolare, prevedeva che le suddette spese erano deducibili nei limiti delle quote imputate in bilancio e, sotto tale profilo, si limitava in sostanza a confermare la rilevanza fiscale delle scelte operate in bilancio;

la pronuncia in esame non si è conformata a suddetti principi, limitando a valutare la non deducibilità delle spese in esame unicamente ragionando sulla base del rilevante impegno economico sostenuto;

on il quarto motivo si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 109TUIR e per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi per la controversia, per non essersi pronunciata sul motivo di appello concernete la illegittimità della ripresa per le prestazioni ricevute dallo studio tecnico del Geom. M.;

il motivo è fondato;

la pronuncia impugnata si è limitata a definire la questione del recupero a tassazione delle spese, non correttamente imputate all’esercizio di competenza, argomentando unicamente con riferimento alle prestazioni ricevute dalla contribuente dal proprio legale, ma non ha in alcuno modo reso pronuncia sulla questione dell’individuazione della corretta imputazione relativa alla prestazione ricevuta dallo studio tecnico del Geom. M.; si tratta, invero, di un accertamento, in fatto, differente, in quanto richiede di verificare, ai sensi dell’art. 109, TUIR, l’eventuale diverso momento di ultimazione della prestazione; la mancata pronuncia sul punto, dunque, comporta un vizio della pronuncia, per violazione dell’art. 112, c.p.c.; con il quinto motivo si censura la sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 102 TUIR, per omessa o insufficiente motivazione su fatti decisivi e controversi per la decisione, avendo erroneamente ritenuto che l’ammortamento delle spese di manutenzione di un capannone, con il rifacimento della copertura, doveva essere compiuto nella percentuale dell’1,5% e non del 3%, come invece effettuato dalla contribuente, trattandosi di spese sostenute per interventi su impianti preesistenti; il motivo è fondato;

la pronuncia censurata ha ritenuto non corretta l’applicazione del coefficiente di ammortamento del 3% in quanto i costi sostenuti costituivano spese relative a beni preesistenti e non già, come invece richiesto dall’art. 102 TUIR, a beni che entrano ex novo nel processo produttivo;

se in astratto tale considerazione è corretta, va comunque tenuto conto della circostanza che l’art. 102 TUIR, comma 2, prevede che la deduzione è ammessa secondo i coefficienti stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, ridotti alla metà per il primo esercizio;

correttamente parte ricorrente ha evidenziato che alle spese sostenute non poteva, quindi, applicarsi la riduzione a metà del coefficiente di ammortamento, in quanto la suddetta disciplina riguarda, come precisato dallo stesso giudice del gravame, beni nuovi o autonomi, caratteristiche non sussistenti nel caso di specie; in conclusione, vanno rigettati il primo e secondo motivo di ricorso, accolti il terzo, quarto e quinto motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

PQM

La Corte:

Accoglie il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata per i motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 4 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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