Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19160 del 19/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 19160 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: MOSCARINI ANNA

ORDINANZA

sul ricorso 16244-2016 proposto da:
ANTIFORA FRANCESCA MARIA, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIALE MAZZINI 6, presso lo studio
dell’avvocato RENATO MACRO, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIOVANNI FRANZESE giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro

2018
987

RUGGIERI VANDA ROSA , RICCHIUTI ANTONIA , RICCHIUTI
STEFANO BRUNO

BOMBINI

RICCHIUTI STEFANIA

GIOVANNI, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA
DELLA LIBERTA’ 10, presso lo studio dell’avvocato
GEMMA

PATERNOSTRO,

rappresentati

1

e

difesi

Data pubblicazione: 19/07/2018

dall’avvocato FRANCESCO NAPOLETANO giusta procura in
calce al controricorso;
– controricorrenti nonchè contro

RICCHIUTI FRANCESCO, PATRUNO GIOVANNI, PALAZZO DONATO

– intimati –

avverso la sentenza n. 817/2015 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 27/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 26/03/2018 dal Consigliere Dott. ANNA
MOSCARINI;

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MARIA, SIMONE SERGIO;

FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 15/4/2006 Giovanni Bombini e Francesco
Ricchiuti proposero opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal
Tribunale di Trani con il quale era stato loro ingiunto il pagamento in
favore di Francesca Antifora della somma di C 80.096,97 in qualità di

relativo all’Hotel Europa, sito in Bisceglie, somma corrispondente ai
canoni dovuti e non pagati per il periodo 21/6/2003-20/12/2005. La
clausola di cui all’art. 14 del contratto di locazione stipulato tra le
parti (Antifora-locatrice e la società Merigest-conduttrice) aveva
previsto che, a garanzia dell’esatto adempimento di tutte le
obbligazioni assunte con il contratto, si costituissero fidejussori i
signori Palazzo Donato, Patruno Giovanni, Bombini Giovanni, Ricchiuti
Francesco e Simone Sergio, obbligandosi in solido tra loro al
pagamento di quanto potrà essere tenuta a pagare la Meringest per
l’inadempimento di una o più obbligazioni di cui al contratto. Gli
attori-fidejussori eccepirono che la garanzia era cessata in quanto il
contratto di affitto era cessato alla data del 31/10/2004 a seguito di
disdetta della locatrice Antifora; che comunque la conduttrice
Merigest s.r.l. era stata dichiarata fallita in data 5/5/2004 per cui il
contratto si era risolto, al più tardi, in quella data; che avevano
versato alla locatrice la somma di C 2.582,28 a titolo di cauzione e
che detta somma doveva essere restituita, maggiorata dagli interessi
e portata in compensazione con il maggior credito dell’opposta; che il
Bombini aveva sostenuto lavori per l’importo di C 37.749,34, sicché
pure detta somma doveva essere portata in compensazione con il
maggior credito dell’opposta. Eccepirono, inoltre, la decadenza dalla
garanzia ex art. 1957 c.c. per i canoni pretesi da giugno 2003 a
maggio 2004; la nullità sopravvenuta della garanzia fidejussoria ex
art. 1938 c.c.; la carenza di legittimazione passiva per essere cessato

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fidejussori della conduttrice di un contratto di affitto d’azienda

il contratto di affitto al 5/5/2004. Conclusero chiedendo la revoca del
decreto ingiuntivo opposto, di essere autorizzati a chiamare in
giudizio gli altri fidejussori, Patruno Giovanni, Palazzo Donato Maria e
Simone Sergio, per sentirli condannare al pagamento, a titolo di
regresso, delle somme in favore di Antifora. Quest’ultima si costituì in

citazione proposero opposizione anche i citati altri fidejussori ed in
questi giudizi pure si costituì l’Antifora chiedendo il rigetto delle
opposizioni.
Il Tribunale di Trani accolse l’opposizione e revocò il decreto
ingiuntivo opposto, condannando gli opponenti in solido a pagare in
favore dell’opposta i canoni dovuti dal 21/4/2004 al 20/12/2005, per
complessivi C 56.480,80, condannò Patruno a pagare in favore di
Palazzo la somma di C 2.809,52 oltre interessi legali nonché tutti gli
opponenti al rimborso delle spese del giudizio.
Avverso la sentenza proposero appello Donato Palazzo, Giovanni
Bombini, Francesco Ricchiuti, Giovanni Patruno, Sergio Simone
chiedendo, in via principale, il rigetto della domanda azionata nei loro
confronti conseguente alla nullità del contratto di fidejussione del
31/10/84 ed in via subordinata, di essere tenuti obbligati al
pagamento in favore di Antifora del canone dal 21/4/2004 al
5/5/2004, data della sentenza dichiarativa del fallimento della
debitrice principale Meringest s.r.l.; in via ulteriormente subordinata,
di ritenere essi appellanti obbligati al pagamento in favore di Antifora
dei canoni dovuti dal 21/4/2004 al 21/11/2004, in ogni caso con
condanna della Antifora alle spese del doppio grado. La Antifora si
costituì chiedendo il rigetto dell’appello. Contro la stessa sentenza
propose appello la Antifora chiedendo il rigetto dell’opposizione, la
conferma del decreto ingiuntivo opposto e la condanna dei fidejussori
al pagamento delle spese del giudizio. Palazzo, Bombini, Ricchiuti,
Patruno e Simone si costituirono in questo secondo giudizio,

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giudizio, chiedendo il rigetto dell’opposizione. Con separati atti di

svolgendo altresì appello incidentale per sentir pronunciare il rigetto
della domanda di pagamento avanzata da Antifora in danno degli
appellati. La Corte d’Appello di Bari, con sentenza del 27/5/2016,
ritenne che la fidejussione avesse un oggetto determinato o
determinabile per la durata del contratto principale per venti anni,

scadenza della locazione (e cioè successive al 20/11/2004), la
fidejussione fosse indeterminata ed indeterminabile e quindi invalida
per i canoni successivi al 20/11/2004.
Quanto alla pretesa estinzione della fidejussione in conseguenza del
fallimento della garantita, la Corte territoriale ritenne in conformità al
giudice di primo grado, che il curatore fosse subentrato nella
posizione giuridica della Meringest di guisa che il debito del
pagamento dei canoni faceva capo alla massa dei creditori, mentre i
fidejussori restavano obbligati nei confronti del creditore per il
mancato pagamento dei canoni. Quanto alla pretesa violazione
dell’art. 1957 c.c. la Corte d’Appello aderì alla giurisprudenza
consolidata di legittimità secondo la quale, qualora il debito sia
ripartito in scadenze periodiche, ciascuna delle quali dotate di un
grado di autonomia, il dies a quo va individuato, agli effetti dell’art.
1957 c.c., in quello di scadenza delle singole prestazioni e non
dell’intero rapporto, in quanto scopo del termine di decadenza è
quello di evitare che il fidejussore si trovi esposto all’aumento degli
oneri inerenti alla sua garanzia, nel caso in cui il creditore non si sia
tempestivamente attivato al primo manifestarsi dell’inadempimento,
magari proprio contando sulla responsabilità solidale del fidejussore
(Cass. Sez. 3, n. 15902 dell’11/7/2014).
Conclusivamente il giudice d’appello, a parziale modifica della
sentenza impugnata, condannò in solido gli opponenti al pagamento
in favore dell’opposta dei canoni dovuti dal 21/4/2004 al 20/11/2004,

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mentre, per le obbligazioni sorte successivamente al termine di

calcolati in complessivi C 21.269,04, oltre interessi legali dalla
domanda al soddisfo.
Avverso la sentenza d’appello Francesca Maria Antifora propone
ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati da memoria.
Resiste Giovanni Bombini con controricorso illustrato da memoria.

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione o
falsa applicazione degli artt. 1938 c.c. nonché la violazione o falsa
applicazione dell’art. 10 della L. 17/02/1992 n. 154 in relazione al
successivo art. 11, all’art. 11 disp. prel. c.c. ed all’art. 360 10 comma
nn. 3 e 5 e 366 c.p.c.
Ad avviso della ricorrente l’art. 1938 c.c., che prevede la possibilità di
una fidejussione per un’obbligazione condizionale o futura, non
sarebbe applicabile alla fattispecie perché il suo attuale testo,
introdotto dalla legge n. 154 del 1992, entrata in vigore dopo la
stipula del contratto, non sarebbe applicabile anche in forza dell’art.
11 disp. prel. c.c. che sancisce il principio della irretroattività della
legge ed anche in ragione di una efficacia della medesima
disposizione limitata ai soli contratti relativi alle “operazioni e servizi
bancari e finanziari”.
1.1. Questa parte del motivo è manifestamente infondata in
quanto, in base alla disciplina transitoria (dettata dall’art. 11 della I.
n. 154/92), tutte le disposizioni – compresa quella che ha modificato
l’art. 1938 c.c.- sono divenute efficaci trascorsi 120 giorni dalla data
di entrata in vigore della legge stessa, sicché dall’8/7/1992, l’attuale
testo dell’art. 1938 c.c. si applica ratione temporis anche al contratto
in corso. Anche l’assunto secondo il quale l’ambito di applicazione
della legge sarebbe limitato ai soli servizi bancari e finanziari è
infondato perché la giurisprudenza consolidata di questa Corte ha
escluso la lettura restrittiva della norma in quanto né la lettera né la

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RAGIONI DELLA DECISIONE

sua ratio consentono tale limitazione (Cass., Sez. 3, n. 5951 del
14/3/2014).
1.2. Con un secondo ordine di argomenti la ricorrente censura
il capo di sentenza che ha limitato l’operatività della fidejussione alla
durata del contratto di locazione affermando che, in mancanza di una

ancorata all’effettivo rilascio del bene. Peraltro, la sentenza
impugnata avrebbe errato anche nel ritenere che, per la parte
successiva alla cessazione di efficacia del contratto di locazione,
neppure potrebbe considerarsi la fidejussione indeterminata, perché
la stessa era determinabile in relazione ai canoni.
1.3. Anche tali doglianze sono infondate.
La fidejussione prestata a garanzia di una o più obbligazioni si
protrae, salva diversa volontà negoziale (mancante nel caso di
specie) per lo stesso termine entro il quale la prestazione garantita va
eseguita sicché nella ipotesi di locazione, in cui sia garantito l’obbligo
del pagamento del canone, il fidejussore può recedere dal contratto
solo se le parti abbiano previsto il diritto del garante di recedere
(Cass., 6-3, n. 25171 del 26/11/2014) e la sua obbligazione sia
astretta a quella del debitore principale sicché, se quest’ultimo è in
mora nel restituire la cosa locata, il fidejussore è tenuto a pagare il
corrispettivo fino alla riconsegna e la sua obbligazione prescinde del
tutto dall’attuazione fisiologica del rapporto locatizio né è dato al
garante giovarsi del concetto di “proroga del contratto” (Cass., 3, n.
15781 del 29/7/2016).
Il primo motivo deve, pertanto, essere rigettato.
2.

Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione

o falsa applicazione degli artt. 1957 c.c. in relazione all’art. 360 1°
comma nn. 3 e 5 e 366 c.p.c.; in particolare, lamenta che la Corte di
appello avrebbe errato nel ritenere che il termine semestrale di cui
all’art. 1957 c.c. dovesse essere riferito alle singole scadenze
7

clausola di recesso dei fidejussori, la sorte della fidejussione era

periodiche in cui il debito è ripartito, dovendo invece considerare che
le azioni contro la debitrice principale erano già iniziate prima
dell’emissione del decreto ingiuntivo e che l’Antifora si era sempre
attivata immediatamente per recuperare quanto dovutole. La ratio
della norma, di colpire l’inerzia del creditore che, adagiandosi sulla

debitore principale, non sarebbe stata rispettata dall’impugnata
sentenza nella parte in cui la stessa, anziché considerare il
complessivo andamento dei rapporti contrattuali avrebbe, invece,
ragionato atomisticamente con riguardo alle singole scadenze dei
canoni.
2.1. Il motivo è infondato in quanto, contrariamente a quanto
sostenuto dalla ricorrente, la Corte territoriale ha richiamato e
correttamente applicato la giurisprudenza di questa Corte che
prescrive testualmente, in tema di decadenza del creditore
dall’obbligazione fidejussoria per effetto della mancata tempestiva
proposizione delle azioni contro il debitore principale, qualora il debito
sia ripartito in scadenze periodiche, come il

dies a quo vada

individuato, agli effetti dell’art. 1957 c.c., in quello di scadenza delle
singole prestazioni e non già dell’intero rapporto, in quanto scopo del
termine di decadenza è quello di evitare che il fidejussore si trovi
esposto all’aumento indiscriminato degli oneri inerenti alla sua
garanzia, per non essersi il creditore tempestivamente attivato al
primo manifestarsi dell’inadempimento, magari proprio contando sulla
responsabilità solidale del fidejussore (Cass., Sez. 3, n. 15902
dell’i 1/7/2014).
Conclusivamente il ricorso va rigettato.
3. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e
vengono poste a carico della parte ricorrente e liquidate come da
dispositivo.

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corresponsabilità del fidejussore, escluda dal contesto esecutivo il

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis
del citato art. 13.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del
giudizio di cassazione, liquidate in C 10.200 (di cui C 200 per
esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15%, in favore
della parte controricorrente. Dà atto della sussistenza dei presupposti
per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione
civile il 26/3/2018

P.Q.M.

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