Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1916 del 25/01/2017


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Cassazione civile, sez. un., 25/01/2017, (ud. 20/12/2016, dep.25/01/2017),  n. 1916

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. DIDONE Antonio – Presidente di sez. –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di sez. –

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di sez. –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24489-2015 proposto da:

L.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2,

presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato NICOLA DIMODUGNO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE rappresentante il Pubblico Ministero presso la

CORTE DEI CONTI in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 115/2015 della CORTE DEI CONTI di ROMA,

depositata il 05/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2016 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito l’Avvocato NICOLA DI MODUGNO;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO Riccardo,

che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 13 ottobre 2009, la Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale per la Puglia conveniva in giudizio L.L., per sentirlo condannare al risarcimento del danno di Euro 424.613,43 arrecato al Consorzio di bonifica “Terre d’Apulia” di (OMISSIS) per aver indebitamente sottratto, in qualità di agente contabile, i corrispettivi versati dagli utenti per il consumo di acqua potabile negli anni 2005, 2006 e 2007. Con successivo atto di citazione del 10 gennaio 2010, veniva altresì richiesto il risarcimento allo stesso titolo, della somma di Euro 105.458,81 relativa agli anni 2002, 2003 e 2004.

Nello specifico, all’odierno ricorrente, quale funzionario addetto alla gestione di programma informatico di inserimento dei dati anagrafici degli utenti e dei relativi pagamenti, veniva contestato l’ammanco di somme derivanti dal differenziale tra gli importi dei pagamenti effettuati dagli utenti a mezzo vaglia postali intestati al Consorzio e risultati riscossi presso i competenti uffici postali, e gli importi di misura maggiore registrati negli archivi informatici dell’Ente.

La Sezione giurisdizionale regionale per la Puglia, con sentenza n. 1295 del 29 novembre 2011, respingeva le eccezioni preliminari in rito nonchè quella di difetto di giurisdizione (in relazione alla natura dell’Ente) e accoglieva parzialmente la domanda attrice, nei limiti degli importi non coperti da prescrizione, condannando il L., a titolo di dolo, al risarcimento del danno complessivo di Euro 298.926,86 (di cui Euro 258.317,49 per il triennio 2005-2007 ed Euro 40.609,37 per l’anno 2004, prescritte le somme precedenti), oltre accessori di legge.

Avverso la sentenza di primo grado interponeva rituale appello il L. chiedendo, in via principale, l’assoluzione nel merito o, comunque, l’improcedibilità dell’azione risarcitoria per sopravvenuto difetto d’interesse dell’Erario; in subordine: 1) la declaratoria del concorso di colpa del Consorzio di Bonifica “Terre d’Apulia” nella causazione del danno (art. 1227 c.c.); 2) l’applicazione del potere riduttivo; 3) l’effettuazione di adempimenti istruttori; 4) la sospensione del giudizio. Con sentenza n. 115/2015 del 5 marzo 2015, la Sezione Terza centrale d’appello respingeva l’appello, confermava la sentenza di prime cure e condannava il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio.

Avverso la suddetta sentenza il L. propone ora ricorso per cassazione sulla base di due motivi illustrati con memoria. Resiste con controricorso la Procura Generale della Corte dei Conti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il L. deduce l’erroneità della sentenza d’appello nella parte in cui ha rigettato il terzo motivo di gravame con cui si lamentava la violazione, da parte dei primi giudici, del principio del giusto processo. Nella specie, la condanna – integralmente confermata in appello – sarebbe stata inflitta unicamente sulla base delle risultanze di un’ inchiesta amministrativa interna al Consorzio, svoltasi senza il più elementare rispetto del contradditorio per aver precluso al L. il diritto di assistere all’audizione dei consorziati che lo avevano accusato di aver riscosso somme in contanti non riversate nelle casse dell’Ente. Ciò, unitamente alla mancata ammissione delle prove testimoniali invocate in primo grado, integrerebbe – secondo il ricorrente – violazione del diritto al contraddittorio in sede di formazione della prova ai sensi dell’art. 111 Cost., commi 1, 2, 3 e 4, nonchè dell’art. 6, comma 3, lett. D), della CEDU, norma che, pur riferendosi espressamente al processo penale, costituisce espressione di principi validi per ogni tipo di processo e, quindi, anche per il processo contabile.

Il motivo è inammissibile.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che in tema di sindacabilità del difetto di giurisdizione delle sentenze della Corte dei Conti, è inammissibile il ricorso che si fondi su vizi processuali relativi a violazioni dei principi costituzionali del giusto processo, quali quelli che ledono il contraddittorio tra le parti o la loro parità di fronte al giudice o l’esercizio del diritto di difesa, trattandosi di violazioni endoprocessuali rilevabili in ogni tipo di giudizio, al pari di tutti gli altri “errores in procedendo” e non inerenti all’essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dei limiti esterni di essa ma solo al modo in cui è stata esercitata. (Cass. sez un 16165/11; Cass. sez. un 12607/12).

Questa Corte ha invero altresì affermato che in tema di sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni del giudice amministrativo per motivi inerenti alla giurisdizione, è configurabile l’eccesso di potere giurisdizionale con riferimento alle regole del processo amministrativo solo nel caso di radicale stravolgimento delle norme di rito, tale da implicare un evidente diniego di giustizia. (Cass. sez Un 15428/12).

Nel caso di specie nessun radicale stravolgimento si è verificato.

La doglianza, concernente il fatto che la decisione si sia in parte fondata sulle risultanze di una inchiesta amministrativa svoltasi in assenza di contraddittorio, non concerne la violazione di alcuna norma del giusto processo in quanto l’eventuale vizio di un procedimento amministrativo non ridonda come vizio del processo giurisdizionale ma potrebbe, semmai, dar luogo ad un error in iudicando qualora il giudice avesse basato la propria decisione su una prova illegittimamente formatasi, ma ciò non integra gli estremi di un diniego di giustizia e, come tale, non è sindacabile da queste Sezioni unite.

Analoghe considerazioni devono farsi in ordine alla mancata ammissione della prova richiesta, trattandosi anche in questo caso di una attività istruttoria rimessa alla valutazione del giudice che, di per sè, non è idonea ad integrare una violazione processuale tale da dar luogo ad un diniego di giustizia.

Col secondo mezzo, deduce il ricorrente l’errore di diritto in cui sarebbe incorsa la Corte dei conti in grado di appello nel rigettare il secondo motivo di gravame con cui si era censurata, da un lato, la mancata sospensione del processo di primo grado per pregiudizialità penale e, dall’altro lato, era stata reiterata la richiesta di sospensione del giudizio d’appello. Su tale ultimo punto la sentenza impugnata avrebbe omesso ogni pronuncia, così integrando “un diniego di giustizia che riveste indubbio rilievo sul piano dell’eccesso di potere giurisdizionale”.

Anche tale motivo è inammissibile.

Il sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni della Corte dei conti, alla stregua dell’art. 111 Cost., è circoscritto ai limiti esterni della giurisdizione contabile, escluse quindi le modalità con le quali essa viene esercitata, cui attengono eventuali errori “in iudicando” o “in procedendo”. Ciò comporta, anzitutto, che avverso l’ordinanza di una sezione giurisdizionale della Corte dei Conti che abbia sospeso, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., un processo per responsabilità amministrativa non è ammissibile il regolamento di giurisdizione, configurandosi il potere di sospendere il giudizio quale norma sul procedimento, come tale non sindacabile (Cass. Sez. un. 22887/04).

Il ricorso va conclusivamente dichiarato inammissibile.

Nulla spese.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2017

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