Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19158 del 19/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 19158 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: MOSCARINI ANNA

ORDINANZA

sul ricorso 10934-2016 proposto da:
ARGENIO GIUSEPPINA, IOVANNA GIUSEPPE, IOVANNA MARIA
ROSA, elettivamente domiciliati in ROMA, V.ATTILIO
REGOLO 12/D, presso lo studio dell’avvocato SIMONE
PAOLINI, rappresentati e difesi dall’avvocato MARIA
CONCETTA CIOFFI giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti contro
2018
985

DIRECT LINE INSURANCE SPA , in persona del legale
rappresentante pro tempore dott. LUIGI GALLOTTI,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VIGLIENA 10,
presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO GURRERI,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Data pubblicazione: 19/07/2018

ALESSANDRO ALASIA giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrente nonchè contro

NARDI DANIELE, BILOTTO ITALO, TERRAZZANO LIANA,

– intimati –

avverso la sentenza n. 525/2015 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 18/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 26/03/2018 dal Consigliere Dott. ANNA
MOSCARINI;

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BILOTTO MASSIMO, BILOTTO ANTONIO;

FATTI DI CAUSA
Giuseppe Iovanna, Giuseppina Argenio e Maria Rosa Iovanna, in qualità
di congiunti ed eredi di Michele Iovanna, convennero in giudizio nel
marzo del 2009, dinanzi al Tribunale di Cuneo, Direct Line Insurance
S.p.A. e Daniele Nardi, impresa assicuratrice e conducente

sinistro stradale occorso in data 2/3/2008 in cui persero la vita Michele
Iovanna e Maria Rosaria Bilotto – questa seconda trasportata sul
motociclo condotto dal primo -i quali vennero investiti violentemente
dall’autovettura condotta dal Nardi che aveva invaso la loro corsia di
marcia. Gli attori chiesero il risarcimento dei danni nella misura di C
1.650.000. Costituitosi il contradditorio con la compagnia e integrato il
medesimo nei confronti degli eredi della trasportata, il Tribunale,
acquisita una CTU svolta in sede penale, accertò che l’autovettura
condotta dal Nardi invase la carreggiata opposta e che il punto d’urto
si collocò all’interno della corsia di pertinenza del motociclo sicchè la
responsabilità esclusiva del sinistro fosse da ritenere imputabile al
Nardi. Il Tribunale, in applicazione delle Tabelle di Milano, liquidò in
favore dei congiunti di Michele Iovanna una somma di C 200.000 per
ciascun genitore, C 80.000 in favore della sorella, C 4.000 iure
hereditatis per danni al motociclo e uguali importi nei confronti dei
genitori della trasportata Bilotto, oltre il danno non patrimoniale iure
proprio subito da Italo Bilotto (congiunto) accertato con la CTU (C
119.781,67); negò la liquidazione del danno tanatologico

iure

hereditatis in favore dei congiunti di Maria Rosaria Bilotto, scomputò
gli acconti, negò che i congiunti potessero fruire del danno patrimoniale
da perdita delle contribuzioni reddituali dei figli defunti.
La Corte d’Appello, in parziale accoglimento del gravame proposto dagli
eredi Iovanna, in parziale riforma della sentenza di primo grado,
condannò i convenuti all’ulteriore pagamento della somma di C 3.000

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dell’autovettura Volvo 850 SV, per sentirli dichiarare responsabili del

per danni patrimoniali (spese funeratizie) oltre interessi e spese di lite.
Avverso quest’ultima sentenza gli eredi Iovanna propongono ricorso
per cassazione affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso la
Direct Line Insurance.
RAGIONI DELLA DECISIONE

applicazione dell’art. 2043, 2059, 1223 e 2056 c.c., omessa ed
insufficiente motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3 e 5 del
punto 1 della sentenza impugnata. In sostanza i ricorrenti censurano
la sentenza nella parte in cui avrebbe riconosciuto solo il danno
parentale e non anche quello morale in quanto il danno morale
soggettivo e la sofferenza dei prossimi congiunti del defunto non
sarebbero stati provati.
1.2 La pronuncia, che pure dichiara di volersi porre nel solco degli
insegnamenti di questa Corte, non pare in realtà ad essa conforme, in
quanto di quella giurisprudenza viene esaltato solo il criterio della
omnicomprensività ed unitarietà del risarcimento del danno non
patrimoniale, finalizzato ad evitare duplicazioni, ma non se ne
recepiscono i principi cardine che esigono adeguata protezione per
ciascuna delle lesioni prodotte alla sfera della persona.
Il motivo è fondato per quanto di ragione nei termini di cui si dirà.
Sul piano del diritto positivo, l’ordinamento riconosce e disciplina
(soltanto) le fattispecie del danno patrimoniale (nelle due forme del
danno emergente e del lucro cessante: art. 1223 cod. civ.) e del danno
non patrimoniale (art. 2059 cod. civ.; art. 185 cod. pen.).
La natura unitaria e onnicomprensiva del danno non patrimoniale,
secondo l’insegnamento della Corte costituzionale e delle Sezioni Unite
della Suprema Corte (Corte cost. n. 233 del 2003; Cass., Sez. U.,
11/11/2008, n. 26972) dev’essere interpretata, sul piano delle
categorie giuridiche (anche se non sotto quello fenomenologico)
rispettivamente nel senso:

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1.Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa

a)

di unitarietà rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o

valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione
economica;
b)

di onnicomprensività intesa come obbligo, per il giudice di

merito, di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze

derivanti dall’evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente
limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi
identici, procedendo, a seguito di compiuta istruttoria, a un
accertamento concreto e non astratto del danno, a tal fine dando
ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio,
le massime di esperienza, le presunzioni.
Nel procedere all’accertamento e alla quantificazione del danno
risarcibile, il giudice di merito deve dunque tenere conto da una parte
dell’insegnamento della Corte costituzionale (Corte cost. n. 235 del
2014, punto 10.1 e ss. in motivazione) e, dall’altra, del recente
intervento del legislatore sugli artt. 138 e 139 codice delle
assicurazioni, come modificati dall’art. 1, comma 17, della legge 4
agosto 2017, n. 124, la cui novellata rubrica (titolata “danno non
patrimoniale”, in sostituzione della precedente “danno biologico”), e il
cui contenuto consentono di distinguere definitivamente il danno
dinamico-relazionale da quello morale. Ne deriva che il giudice deve
congiuntamente, ma distintamente, valutare la compiuta
fenomenologia della lesione non patrimoniale, e cioè tanto l’aspetto
interiore del danno sofferto (cd. danno morale, sub specie del dolore,
come in ipotesi della vergogna, della disistima di sé, della paura,
ovvero della disperazione) quanto quello dinamico-relazionale
(destinato a incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita
esterne del soggetto).
Nella valutazione del danno in parola, ma non diversamente da quella
di tutti gli altri danni alla persona conseguenti alla lesione di un

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(modificative “in peius” della precedente situazione del danneggiato)

valore/interesse costituzionalmente protetto, il giudice dovrà,
pertanto, valutare, a fini risarcitori, tanto le conseguenze subite dal
danneggiato nella sua sfera morale (che si collocano nella dimensione
del rapporto del soggetto con sé stesso), quanto quelle incidenti sul
piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell’ambito

altri termini, costituisce “altro da sé”).
La misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio
equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi
secondo il sistema c.d. del punto variabile) può essere poi aumentata,
nella sua componente dinamico-relazionale, solo in presenza di
conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali e affatto peculiari:
le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo rid
quod plerumque accidit” (ovvero quelle che qualunque persona con la
medesima invalidità non potrebbe non subire) non giustificano alcuna
personalizzazione in aumento del risarcimento del danno cd.
“dinamico-relazionale”.
In tale quadro ricostruttivo, occorre distinguere il danno alle
componenti dinamico-relazionali della vita del danneggiato dalla
differente ed autonoma valutazione della sua sofferenza interiore patita
dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute
(come oggi normativamente confermato dalla nuova formulazione
dell’art. 138 del c.d.a., alla lettera e).
La liquidazione finalisticamente unitaria di tale danno (non
diversamente da quella prevista per il danno patrimoniale) avrà
pertanto il significato di attribuire al soggetto una somma di danaro
che tenga conto del pregiudizio complessivamente subìto tanto sotto
l’aspetto della sofferenza interiore, quanto sotto quello
dell’alterazione/modificazione peggiorativa della vita di relazione in
ogni sua forma e considerata in ogni suo aspetto, senza ulteriori
frammentazioni nominalistiche (Cass., 20/04/2016, n. 7766).

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della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in

Posto quanto sopra, è evidente che, nella fattispecie qui in scrutinio, la
corte territoriale ha male interpretato la giurisprudenza sull’unitarietà
della liquidazione del danno non patrimoniale alla persona, omettendo
di dare distinta considerazione e valutazione al danno morale inteso
come sofferenza interiore che si affianca alla lesione fisio-relazionale,

tanto quanto compiutamente. Ora, se è vero che di tali componenti
occorre dare la prova, si può ritenere che, rispetto alla morte di un
figlio e di una figlia, entrambi in giovane età, appartenga al notorio
l’esistenza di un danno soggettivo patito dai congiunti in tutte le sue
componenti. Il primo motivo va pertanto accolto per quanto di ragione.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa
applicazione degli artt. 315, 433, 230bis, 1123 e dell’art. 2043, 2059,
2056 c.c. omessa ed insufficiente motivazione in relazione all’art. 360
c.p.c. n. 3 e 5 del punto 2 sentenza impugnata. Censurano la sentenza
nella parte in cui ha ritenuto di applicare i valori che si collocano a metà
della forbice prevista dalle tabelle di Milano, tenuto conto dell’età della
vittima, delle circostanze del decesso, dell’assenza di rapporto di
coabitazione.
2.1.

Va preliminarmente osservato che il motivo denuncia

congiuntamente la violazione di legge e il vizio di motivazione, si tratta
in realtà di un vizio motivazionale inammissibile perché formulato in
termini di omessa ed insufficiente motivazione, non più sindacabili in
cassazione. In ogni caso la sentenza ha motivato adeguatamente sul
punto relativo alla media della forbice, sicchè il motivo ripropone un
apprezzamento di merito inammissibile in questa sede.
3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1123 e dell’art. 2043, 2059, 2056 c.c. omessa
ed insufficiente motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3 e 5 capo
3 della sentenza impugnata. Censura l’impugnata sentenza nella parte

7

finendo per comporre il danno alla persona da liquidare unitariamente

in cui ha escluso la necessità della rivalutazione della somma indicata
a titolo di risarcimento del danno.
3.1.

Il

motivo

è

inammissibile

perché

la

mancata

devalutazione/rivalutazione della somma risarcibile non è stata
censurata in appello, sicchè la questione è nuova.

e dell’art. 2043, 2059, 2056 c.c. omessa ed insufficiente motivazione
in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3 e 5, punto 4 della sentenza
impugnata – censura la pretesa mancata pronuncia sul danno costituito
dalle spese necessarie per il trasporto della salma da Cuneo ad Avellino
e di quelle necessarie per la sepoltura.
4.1. Il motivo è in parte inammissibile per erronea formulazione
dell’art. 360 n. 5, in parte infondato perché la sentenza ha motivato
sul punto adeguatamente.
5. Il quinto motivo – omessa ed insufficiente motivazione in relazione
all’art. 360 c.p.c. n. 3 e 5 circa la liquidazione dei compensi di primo
grado ex DM 140/2012, relativo alle spese liquidate -è pure infondato.
6. Conclusivamente il ricorso va accolto, quanto al primo motivo,
rigettati gli altri, la sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di
Torino, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese
del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la
sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Torino, in diversa
composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di
cassazione.
Così deciso in Roma, il 26/3/2018
Il Presidente

k)

4. Con il quarto motivo – violazione e falsa applicazione degli artt. 1123

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