Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19157 del 06/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 06/07/2021, (ud. 27/01/2021, dep. 06/07/2021), n.19157

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23423/2015 proposto da:

JB STRUMENTI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CASSIODORO 9, presso lo studio dell’avvocato MAURO CATI,

rappresentata difesa dall’avvocato ERALDO PIU;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A., Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati EMANUELE DE

ROSE, CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, GIUSEPPE

MATANO;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA SUD S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5693/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

08/06/2015 R.G.N. 24889/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/01/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata l’8.6.2015, il Tribunale di Roma ha rigettato, per quanto rileva in questa sede, l’eccezione di nullità dell’avviso di addebito con il quale l’INPS aveva intimato a JB Strumenti s.r.l. in liquidazione il pagamento di contributi omessi;

che avverso tale statuizione JB Strumenti s.r.l. in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;

che l’INPS ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’impugnazione;

che la società concessionaria dei servizi di riscossione è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione degli artt. 100 e 113 c.p.c. e D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, in relazione agli artt. 615,617 e 100 c.p.c., per avere il Tribunale ritenuto l’irrilevanza delle censure concernenti il mancato rispetto del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, tra la data dell’accesso ispettivo e quella del verbale di chiusura delle operazioni;

che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, in relazione all’art. 617 c.p.c., nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, D.L. n. 70 del 2011, art. 7 (conv. con L. n. 106 del 2011), D.L. n. 78 del 2010, art. 30 (conv. con L. n. 122 del 2010), e D.Lgs. n. 124 del 2004, art. 13, per avere il Tribunale ritenuto che le censure concernenti il procedimento di accertamento dell’omissione contributiva non potessero essere proposte nel giudizio di opposizione ad avviso di addebito;

che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, D.L. n. 70 del 2011, art. 7 (conv. con L. n. 106 del 2011), D.Lgs. n. 124 del 2004, art. 13, L. n. 122 del 2010, art. 30 e L. n. 15 del 2005, art. 21-septies, nonchè degli artt. 24 e 97 Cost. e art. 41 CDFUE, per avere il Tribunale ritenuto che la disposizione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, fosse inapplicabile agli accertamenti condotti dagli enti previdenziali;

che, con riguardo all’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dall’INPS per essere stata impugnata una sentenza di primo grado in fattispecie in cui è obbligatorio l’appello e senza preventivo accordo sul saltum, va preliminarmente ricordato che, in relazione alle opposizioni a cartella esattoriale per crediti di natura previdenziale, questa Corte ha da tempo chiarito che è possibile esperire, con un unico atto, sia un’opposizione sul merito della pretesa oggetto di riscossione, di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, sia un’opposizione agli atti esecutivi inerente l’irregolarità formale della cartella, regolata dagli artt. 617 e 618-bis c.p.c., in considerazione del rinvio alle forme ordinarie operato dal D.Lgs. n. 46 del 1999 cit., art. 29, comma 2 (così, tra le tante, Cass. n. 15116 del 2015);

che il D.L. n. 78 del 2010, art. 30, comma 14 (conv. con L. n. 122 2010), ha previsto che “i riferimenti contenuti in norme vigenti al del ruolo, alle somme iscritte a ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati ai fini del recupero delle somme dovute a qualunque titolo all’INPS al titolo esecutivo emesso dallo stesso Istituto, costituito dall’avviso di addebito contenente l’intimazione ad adempiere l’obbligo di pagamento delle medesime somme affidate per il recupero agli agenti della riscossione”;

che, conseguentemente, deve ritenersi estesa all’avviso di addebito la possibilità di una opposizione concernente sia il merito della pretesa oggetto di riscossione, sia l’irregolarità formale dell’avviso, da intendersi rispettivamente regolate dal D.Lgs. n. 46 del 1999 cit., artt. 24 e 29, ciascuna delle quali soggetta a propri termini per la proposizione e a propri rimedi impugnatori (cfr. Cass. n. 15116 del 2015, cit., e Cass. n. 6119 del 2004 e succ. conf.);

che, rivolgendosi l’odierna impugnazione nei confronti delle statuizioni del Tribunale circa la regolarità del procedimento di formazione dell’avviso di addebito, correttamente è stato proposto il ricorso per cassazione, essendo in parte qua la sentenza inappellabile ex art. 618 c.p.c., u.c.;

che, nel merito, i motivi di censura possono essere trattati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure svolte;

che, anzitutto, non può dubitarsi dell’estensione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, anche al procedimento di accertamento relativo alle omissioni contributive, tanto espressamente risultando dal D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2, lett. d), (conv. con L. n. 106 del 2011), secondo il quale “le disposizioni di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, concernente disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, si applicano anche nelle ipotesi di attività ispettive o di controllo effettuate dagli enti di previdenza e assistenza obbligatoria”;

che, nondimeno, la disposizione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, secondo la quale il contribuente ha diritto di effettuare “osservazioni e richieste” entro sessanta giorni dal ricevimento del verbale di chiusura delle operazioni ispettive e l’amministrazione ha l’obbligo di non emettere “l’avviso di accertamento” prima del compimento del termine cit., salvi i casi di motivata urgenza, va logicamente riferita non già al verbale di accertamento redatto dagli enti previdenziali in esito all’accesso ispettivo, che non ha valore se non di mera diffida ad adempiere (così Cass. n. 1646 del 1963 e innumerevoli succ. conf.), bensì all’avviso di addebito, quest’ultimo essendo propriamente l’atto contenente l’intimazione ad adempiere l’obbligo di pagamento delle somme oggetto di recupero coattivo ed essendo per ciò strutturalmente e funzionalmente accostabile all’avviso di accertamento in materia tributaria; che, nel caso di specie, risulta dalla stessa narrativa del ricorso per cassazione che, a fronte del verbale di primo accesso ispettivo del 22.1.2013 e del verbale unico di accertamento e notificazione del 3.4.2013, l’avviso di addebito è stato notificato il 30.6.2014 (cfr. pag. 2 del ricorso per cassazione), dunque ben oltre il termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7;

che, pertanto, corretta nei suesposti termini la sentenza impugnata, il ricorso va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità in favore di parte controricorrente, giusta il criterio della soccombenza; che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2021

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