Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19148 del 28/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 28/09/2016, (ud. 27/06/2016, dep. 28/09/2016), n.19148

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14786 – 2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

CENTRO MODA DI M.S. & C SNC;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2082/13/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA del 25/11/2014, depositata il 01/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. VELLA Paola.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.

1. Con l’unico motivo di ricorso, si deduce “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 21, 23 e 28, nonchè del D.L. n. 429 del 1982, art. 4, lett. d), (convertito con L. n. 516 del 1982, e successivamente modificato dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la C.T.R. “annullato il rilievo dell’Ufficio (definitivamente incentrato sulla indetraibilità dei costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti) fornendo (legamenti (afferenti tra l’altro l’asserita effettività oggettiva delle operazioni suddette) del tutto estranei all’istituto della inesistenza soggettiva, e pertanto del tutto irrilevanti a fine di escludere l’applicabilità del predetto istituto nel caso in esame”, mentre “alla conseguenza della ordinaria indetraibilità dell’IVA relativa a fattura per operazione soggettivamente inesistente è pacifico che il contribuente possa sottrarsi salo attraverso adeguata (propria) dimostrazione della completa estraneità rispetto al meccanismo evasivo sotteso alla inesistenza del soggetto emittente la fattura”.

2. Il motivo risulta manifestamente infondato.

3. Risponde invero a consolidato orientamento di questa Corte (da ultimo, Cass. sez. 5^, n. 8805/16), che in ipotesi di contestazione di operazioni c.d. soggettivamente inesistenti, come nel caso in esame, l’amministrazione finanziaria è tenuta a fornire la prova, anche presuntiva, che l’operazione fatturata non è intercorsa tra i soggetti indicati in fattura, nonchè ad indicare gli elementi indiziari sui quali si fonda la supposta conoscenza o conoscibilità del cessionario o committente in ordine alla fittizietà delle operazioni, mentre ricade sul contribuente l’onere di dimostrare la fonte legittima della detrazione e la sua mancanza di consapevolezza di partecipare ad un’operazione fraudolenta, non essendo sufficienti, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili (Cass. sez. 5^, nn. 28683/2015, 20060/15, 428/2015, 25778/14, 25775/14, 20059/14, 12802/2011). Nè si è al cospetto di una inversione dell’onere della prova in ordine ai fatti costitutivi della pretesa, trattandosi piuttosto della normale dialettica tra prova e controprova che presidia, ai sensi dell’art. 2697 c.c., il corretto delinearsi di un rapporto tra parti processuali (Cass. sez. 5^, nn. 22005/14, 6229/13).

4. Anche la Corte di Giustizia UE ha più volte affermato che l’amministrazione finanziaria deve dimostrare che il destinatario della fattura sapeva, o avrebbe dovuto sapere, che l’operazione si inseriva nel quadro di un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, alla luce di elementi oggettivi ed alla stregua dei principi sull’onere della prova vigenti nello Stato membro, senza potersi pretendere dal predetto destinatario verifiche inesigibili, quanto alla qualità di soggetto passivo IVA in capo al fatturante, o alla sua disponibilità dei beni ceduti (C. Giust. 31 gennaio 2013, C-642/11; 6 dicembre 2012, C- 285/11; 21 giugno 2012, C-80 c 142/11).

5. Di recente la stessa CGUE ha anzi sottolineato (invero in una particolare fattispecie in cui era impossibile identificare il reale fornitore dei beni) che “le disposizioni della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di Imposta sul valore aggiunto; base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2002/38/CE del Consiglio, del 7 maggio 2002, devono essere interpretate nel senso che esse ostino a una normativa nazionale… che neghi a un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta del valore aggiunto dovuta o assolta per beni che gli sono stati ceduti sulla base dei rilievi che la fattura è stata emessa da un soggetto che deve essere considerato, con riferimento ai criteri previsti da tale normativa, un soggetto inesistente e che è impossibile identificare il vero fornitore dei beni, tranne nel caso in cui si dimostri, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal soggetto passivo verifiche che non gli incombono, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che detta cessione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare” (Corte Giust. 22.10.2015 in C-277/14).

6. In sostanza, il cessionario/committente è gravato dall’onere di una diligente verifica di quegli stessi elementi che, secondo l’allegazione indiziaria dell’amministrazione, gli dovrebbero consentire di sospettare l’esistenza di irregolarità o evasione (Cass. sez. 5^, nn. 28683/15, 428/15, 20059/14, 15044/14, 15044/14), tra i quali sono stati in concreto annoverati, quali elementi sintomatici della mancata esecuzione della prestazione dal fatturante, l’assenza di una minima dotazione personale e strumentale, l’immediatezza dei rapporti tra cedente/prestatore fatturante interposto e cessionario/committente, una conclamata inidoneità allo svolgimento dell’attività economica (Cass. sez. 5^, nn. 967/16, 25778/14, 24426/13, 6229/13, 5912/10; cfr. Corte giust. 13 febbraio 2014, C-18/13).

7. Una volta chiariti gli esposti principi in diritto, deve però smarcarsi che spetta in via esclusiva al giudice tributario di merito valutare – con giudizio di fatto censurabile in cassazione solo per vizi attinenti alla congruità e coerenza logica della motivazione (peraltro nei più ristretti limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – la sussistenza del caratteri di gravità, precisione e concordanza degli indizi forniti dall’amministrazione finanziaria, nonchè la consistenza e rilevanza della prova contraria offerta dal contribuente (Cass. sez. 5^ n. 8805/16; cfr. n. 22005/14).

8. Nel caso di specie, i giudici di entrambi i gradi di merito hanno fatto corretta applicazione dei suddetti principi, poichè, muovendo dal presupposto pacifico del “subentro della M.H. (si presume la Sig.ra M.E., moglie del titolare della Biemme) al processo produttivo originariamente in capo” al fornitore apparente, hanno ritenuto – sulla base di una valutazione incensurabile in questa sede – che, alla luce di tutti gli clementi probatori offerti dalla contribuente (tra i quali registrazione, contabilizzazione e pagamento delle fatture; corrispondenza dei capi consegnati ai clienti finali; ritardata cancellazione della Biemme dal registro delle imprese; utilizzo della nuova struttura organizzativa del coniuge), la ditta siciliana Biemme “si sarebbe servita, all’insaputa della società reggiana committente, dell’attività parallela gestita dalla moglie del titolare”.

9. Ne avverso la decisione è stata sollevata in questa sede una censura rivolta al ragionamento inferenziale del giudice a qua, adeguatamente veicolata da una denunzia di falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. (per difetto di sussunzione).

10. Il ricorso va dunque respinto, potendosi così superare, per economia di giudizi, anche il rilievo della mancata notifica del ricorso a S.M. che, quale parte in proprio del giudizio d’appello (e a differenza dell’altra socia, O.P., nei cui confronti la C.T.R. ha dichiarato cessata la materia del contendere), avrebbe dovuto essere intimato in questa sede.

11. Al rigetto del ricorso non segue la condanna alle spese, le quali restano a carico della parte che le ha anticipate, non avendo la parte intimata svolto difese mediante controricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2016

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