Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19148 del 01/08/2017


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Cassazione civile, sez. II, 01/08/2017, (ud. 03/05/2017, dep.01/08/2017),  n. 19148

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20030-2014 proposto da:

T.D., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CLEMENTE MUZIO 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE RAGUSO,

rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE EMILIO PADRONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE, (c.f. (OMISSIS)) in persona del Direttore pro

tempore, subentrata al MINISTERO DELLE FINANZE, domiciliata ex lege

in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 351/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 18/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GIUSEPPE RAGUSO, con delega dell’Avvocato RAFFAELE

EMILIO PADRONE difensore del ricorrente, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – T.D. propose opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione con la quale il Dipartimento delle Dogane gli intimò il pagamento della sanzione amministrativa di Lire 887.770.800, irrogatagli – quale amministratore unico della società Panolio s.r.l. per l’indebita percezione, nell’anno 1993, della restituzione all’esportazione verso paesi terzi (esportazione di olio e burro verso l’Ungheria) previsto dal reg. CEE 3665/87.

2. – L’opposizione fu accolta dal giudice di prime cure, che valorizzò la sentenza con la quale il Tribunale penale di Bari assolvette il T. dal delitto di cui all’art. 640-bis c.p. perchè il fatto non sussiste. Ma la Corte di Appello di Bari, accogliendo l’appello della Agenzia delle Dogane, in riforma della pronuncia di primo grado, rigettò l’opposizione.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorre T.D. sulla base di un unico motivo.

Resiste con controricorso l’Agenzia della Dogane, rappresentata ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ritualmente intimato, non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte di Appello disconosciuto l’efficacia di giudicato della sentenza penale di assoluzione del T. “perchè il fatto non sussiste”, in contrasto con quanto previsto dall’art. 654 c.p.c., per avere altresì erroneamente fondato il suo giudizio sulla sentenza della Corte di Appello di Roma che aveva rigettato l’opposizione alla medesima ordinanza-ingiunzione proposta dalla società CABOSA s.r.l. (incorporante la Panolio) e per avere infine erroneamente attribuito valore probatorio al processo verbale di constatazione, che – a dire del ricorrente – sarebbe del tutto privo di riscontri fattuali in quanto fondato su accertamenti eseguiti all’estero da una commissione d’inchiesta comunitaria e dalle autorità ungheresi.

Osserva la Corte come le plurime censure mosse con l’unico motivo non possano trovare accoglimento.

E’ insussistente, innanzitutto, il preteso vincolo di giudicato discendente dalla sentenza penale di assoluzione del T..

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, ai sensi dell’art. 654 c.p.p. nei giudizi civili o amministrativi non di danno, come quello di opposizione a ordinanza sanzionatoria di illecito amministrativo, il giudicato penale di assoluzione, nella specie del trasgressore per non aver commesso il fatto, non è opponibile a soggetti, quale l’ente impositore, non intervenuti nel relativo processo (Cass., Sez. 3, n. 11352 del 22/05/2014; nello stesso senso, Sez. 2, n. 12403 del 28/05/2007).

Nella specie, non è stato neppure dedotto che l’Agenzia delle dogane abbia preso parte al processo penale instaurato nei confronti del T.. In mancanza di tale partecipazione, risulta carente il presupposto giuridico della pretesa efficacia del giudicato.

Infondato è poi l’altro assunto del ricorrente, secondo cui la Corte di Appello di Bari si sarebbe limitata ad adeguarsi alla pronuncia della Corte di Appello di Roma pronunciata nei confronti della società CABOSA s.r.l. in relazione al medesimo illecito amministrativo.

Invero, la Corte di Appello di Bari ha proceduto ad una autonoma valutazione dei fatti (pp. 4-5 della sentenza impugnata). Nè rileva, in questa sede, la circostanza che la pronuncia della Corte territoriale di Roma sia stata cassata con rinvio da questa Corte (con sentenza prodotta in copia in udienza dal difensore del ricorrente), sia perchè la cassazione è avvenuta per vizi intrinseci della sentenza che non rilevano nel presente giudizio, sia perchè la pronuncia è comunque intervenuta inter alios.

Infine, quanto al dedotto vizio di motivazione della sentenza impugnata, la censura è inammissibile: sia perchè il vizio della motivazione non è più ammesso come motivo di ricorso per cassazione dal vigente testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 applicabile ratione temporis; sia perchè il motivo risulta non autosufficiente sul punto, con riferimento alla mancata trascrizione del contenuto dei documenti richiamati dal ricorrente a p. 22 e segg. del ricorso.

2. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

3. – Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 (quattromila) per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello

stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2017

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