Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19147 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. I, 17/07/2019, (ud. 05/04/2019, dep. 17/07/2019), n.19147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25427/2017 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in Roma, Viale

dell’Università n. 11, presso lo studio dell’Avv. Benzi Emilia

rappresentato e difeso dall’Avv. Ballerini Alessandra, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, – Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Brescia; Ministero

dell’Interno; Pubblico Ministero presso la Procura Generale della

Corte d’Appello di Brescia;

– intimati –

avverso la sentenza n. 490/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

pubblicata il 30/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/04/2019 dal Cons. Dott. FEDERICO GUIDO;

lette le conclusioni scritte del P.M., Sostituto Procuratore Generale

Dott. MATERA MARCELLO, che ha chiesto il rigetto del primo motivo

del ricorso e l’accoglimento del secondo motivo.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso tempestivamente depositato C.A. cittadino del Mali, impugnava dinanzi il Tribunale di Brescia il provvedimento del 28.7.2015 con cui la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Brescia, gli aveva negato il riconoscimento della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. A fondamento della propria domanda riferiva di essere nato in Mali, di essere di etnia (OMISSIS) e di religione (OMISSIS), cresciuto nella cittadina di (OMISSIS) regione di (OMISSIS); nel 2013 i genitori avevano divorziato ed egli era stato cacciato dapprima dalla casa del padre, trovando rifugio presso i famigliari della madre per poi essere allontanato anche da costoro.

Sera pertanto ridotto a vivere per strada ed a mendicare per sopravvivere; era quindi espatriato in Libia, giungendo infine nell’estate del 2015 in Italia.

Avverso la citata ordinanza il Tribunale di Brescia rigettava la domanda di protezione sussidiaria ed umanitaria.

La Corte d’Appello di Brescia con sentenza n. 490/2017 rigettava la richiesta di riconoscimento della protezione sussidiaria, ritenendo non sussistenti i presupposti per la concessione.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione articolato in due motivi C.A..

Il Ministero dell’Interno non ha svolto nel presente giudizio attività difensiva.

Il P.G. ha chiesto il rigetto del primo motivo; l’accoglimento del secondo motivo.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,7 e 14 nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,25 e 30 nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio per non avere la Corte territoriale riconosciuto in capo al ricorrente la protezione sussidiaria.

Il motivo è inammissibile.

Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, art.14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato, interno o internazionale va presentata dal ricorrente come minaccia grave ed individuale alla sua vita, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/20185/2018).

Orbene nel caso di specie la Corte territoriale dopo aver provveduto ad esaminare la situazione socio-politica-economica del Paese di provenienza del ricorrente, ed aver altresì rilevato l’esistenza di una situazione di pericolo, derivante dalla presenza di conflitti armati, all’incolumità e sicurezza pubblica, ha tuttavia escluso che tale situazione potesse riguardare la regione di provenienza del C., puntualizzando che in nessuno dei siti di informazione si faceva riferimento alle aree occidentali del paese e nello specifico alla regione del (OMISSIS) nella quale è situato il villaggio di provenienza del ricorrente.

In particolare, ha specificato che in siffatta regione non si sono mai verificati sconfinamenti di miliziani, nè la popolazione civile è mai stata coinvolta neppure indirettamente in attacchi armati contro insediamenti militari o uffici governativi.

Alla luce di tale valutazione, ha escluso, con apprezzamento di merito adeguato, che sussistessero i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce la nullità del procedimento per error in procedendo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in ordine alla domanda di protezione umanitaria, nonchè violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 ed art. 5, comma 6 T.U. immigrazione.

Il motivo di ricorso è inammissibile.

Premessa l’applicabilità al caso di specie della disciplina previgente sulla protezione umanitaria (Cass. 4890/2019), il ricorrente non ha riportato in ricorso, neppure nei passaggi più significativi, il motivo di appello concernente la protezione umanitaria, di cui non vi è menzione nella sentenza di appello (Cass. 17049/2015).

Inoltre dallo stesso svolgimento del motivo, sembra che il ricorrente faccia discendere dall’impugnazione del capo della sentenza di primo grado che aveva negato la protezione sussidiaria la devoluzione alla Corte di appello pure della questione afferente al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, quale valutazione officiosamente rimessa al giudice di appello, configurando dunque una omessa pronuncia della sentenza di appello, pur in assenza di specifica censura, sul punto, della sentenza di primo grado.

Tale prospettazione è infondata, posto che secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie deve essere frutto di valutazione autonoma, non potendo conseguire automaticamente dalla valutazione delle altre domande di protezione internazionale, essendo necessario che l’accertamento da svolgersi sia fondato su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (Cass. 28990/2018).

L’impugnazione dei capi della sentenza di primo grado che avevano respinto il riconoscimento dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria, dunque, non investivano la Corte di appello pure della valutazione su quella umanitaria, che ha propri presupposti potendo dunque concludersi che in assenza di impugnazione, si sia formato giudicato interno al riguardo.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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