Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19147 del 01/08/2017


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Cassazione civile, sez. II, 01/08/2017, (ud. 06/04/2017, dep.01/08/2017),  n. 19147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9817-2013 proposto da:

F.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ANTONIO STOPPANI 1, presso lo studio dell’avvocato CARMELO BARRECA,

che lo rappresenta e difende giusta procura speciale Rep. n. 24101

in Pescara per Notaio Dott. B.M.;

– ricorrente –

contro

M.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SESTO RUFO 23, presso lo studio dell’avvocato LUCIO VALERIO

MOSCARINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIER

AUGUSTO DI PEPPE;

CURATELA FALLIMENTARE (OMISSIS) S.a.s, (c.f. (OMISSIS)) in persona

del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

NICOLA RICCIOTTI 11, presso lo studio dell’avvocato MICHELE

SINIBALDI, rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO CIRULLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1108/2012 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 04/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/04/2017 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

Con citazione notificata in data 15.7.2002, i Sig.ri F.F. e Ma.Le. convennero innanzi al tribunale di Chieti la Curatela Fallimentare (OMISSIS) sas e M.A. esponendo che con atto del 25 agosto 1976 avevano acquistato dalla (OMISSIS) sas un’unità immobiliare ed un posto auto sito nell’area cortilizia comune, compresi nell’edificio condominiale denominato (OMISSIS) sito in (OMISSIS);

con successivo atto del 22 aprile 1981 la (OMISSIS) aveva venduto ad M.A. n. 16 posti auto, nonchè parte della predetta area comune;

i convenuti avevano successivamente eretto un muro che divideva tale porzione dalla restante area condominiale e, con sentenza passata in giudicato, i convenuti medesimi erano stati condannati alla rimozione di detto muro.

Tanto premesso chiedevano dichiararsi la nullità, ovvero la parziale inefficacia del contratto di compravendita stipulato tra la (OMISSIS) s.a.s., successivamente dichiarata fallita, e M.A., nella parte in cui avevano disposto dell’area ritenuta di proprietà comune dei condomini.

Chiedevano altresì accertarsi l’inadempimento da parte della curatela fallimentare dell’obbligo di garantire agli attori la destinazione dell’area comune a parcheggio e la condanna della M. alla demolizione del muro di confine ed al rilascio dell’area, corrispondente al necessario spazio di manovra, sottratta alla loro disponibilità.

La Curatela Fallimentare, costituitasi, eccepì la prescrizione del diritto al risarcimento del danno, evidenziando che l’area ceduta alla Sig.ra M. era stata sottratta alla disponibilità dei restanti condomini fin dal 1981 mediante la realizzazione di una recinzione, successivamente sostituita dall’acquirente con un muro e la M. oppose 1″usucapione abbreviata dell’area oggetto di giudizio, evidenziando il possesso pacifico della stessa fin dal 1981.

Il Tribunale di Chieti accolse l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Curatela, riconobbe l’acquisto per usucapione abbreviata in capo alla Sig.ra M., a decorrere dal 22.4.1981 e rigettò conseguentemente le domande proposte dai signori F. e Ma..

La Corte d’Appello de l’Aquila confermò integralmente la sentenza di primo grado, ritenendo la sussistenza di tutti gli elementi dell’usucapione abbreviata e la coincidenza tra il contenuto del titolo fatto valere dalla M. e l’oggetto del possesso da costei esercitato, con conseguente perfezionamento della prescrizione c.d. abbreviata di cui all’art. 1159 c.c..

La Corte ritenne inoltre che la M. ben poteva mutare la destinazione d’uso del suolo da essa acquistato, da parcheggio a giardino, in virtù del fatto che il vincolo di destinazione a parcheggio previsto nel progetto originario comprendeva una superficie di gran lunga eccedente la misura legale.

Infine, la Corte rilevò che nei confronti della curatela fallimentare era stato azionato un diritto di credito, assoggettato all’ordinario termine di prescrizione decennale, con decorrenza dalla data di acquisto dell’area da parte della Sig.ra M., ovverosia dal 21.04.1981, onde la prescrizione doveva ritenersi ormai maturata.

Avverso tale sentenza propone ricorso, affidato a due motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c., il solo F.F..

Resistono con controricorso M.A. e la Curatela (OMISSIS) s.a.s.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con l’unico, articolato, motivo il ricorrente denunzia la violazione ed errata applicazione di norme di diritto e la omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione con riferimento;

– alla disciplina dell’usucapione abbreviata;

alla intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento dei danni vantato nei confronti della curatela fallimentare;

– alla natura di vincolo pubblicistico riservato dalla legislazione agli spazi per cui è causa.

Il motivo presenta profili di inammissibilità in quanto il ricorrente non indica quale delle ipotesi, tra quelle tassativamente indicate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, viene dedotta, denunciando congiuntamente sia la violazione di norme di diritto che l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, senza una chiara esposizione delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata, nè il tenore della pronuncia caducatoria richiesta, con specifica indicazione della regola di diritto applicata dal giudice e di quella, diversa, che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare.

Sotto altro profilo si osserva che, il motivo, nei termini in cui è formulato, non censura l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ma evidenzia, piuttosto, una insufficiente motivazione, non più censurabile alla luce del nuovo disposto dell’art. 360 codice di rito, comma 1, n. 5 (Cass. Ss.Uu. n. 8053/2014) in base alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5) applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 4 ottobre 2012.

Anche nel merito il motivo è peraltro infondato.

La Corte d’Appello con accertamento di fatto che, in quanto fondato su motivazione logica ed adeguata, non è censurabile nel presente giudizio, ha affermato la sussistenza nel caso di specie degli elementi costitutivi dell’usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c.. ritenendo provata la buona fede della M. al momento dell’acquisto, il titolo e la sua trascrizione, nonchè il possesso ultradecennale.

La Corte territoriale, in particolare, ha accertato l’esatta corrispondenza tra il titolo fatto valere ex art. 1159 c.c. e l’oggetto del possesso, risultando ininfluente il mutamento di destinazione d’uso dell’area.

E ciò, in conformità al consolidato indirizzo di questa Corte, secondo cui, in ipotesi di acquisto a non domino ciò che rileva è l’assoluta identità tra l’immobile posseduto e quello acquistato a non domino (Cass. n. 874/2014), intesa come identità fisica dell’area, e non anche avuto riguardo alla concreta destinazione della stessa, che ben può essere mutata da parte dell’acquirente in buona fede.

Del pari inidonea ad interrompere l’usucapione e dunque irrilevante nei confronti della M. ed in relazione al bene dalla stessa posseduto, ai sensi dell’art. 1165 e 2943 c.c. l’azione di demolizione proposta nei confronti di altro soggetto, vale a dire la (OMISSIS) sas.

Con la seconda censura si denuncia la violazione delle norme di diritto con riferimento alla natura di vincolo pubblicistico riservato dalla legislazione agli spazi per cui è causa.

La doglianza è infondata.

Conviene premettere che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, in tema di disciplina legale delle aree destinate a parcheggio, i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo richiesto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18 non sono soggetti a vincolo pertinenziale a favore delle unità immobiliari del fabbricato. Ne consegue che l’originario proprietario-costruttore del fabbricato può legittimamente riservarsi, o cedere a terzi, la proprietà di tali parcheggi, nel rispetto del vincolo di destinazione nascente da atto d’obbligo.(Cass. Ss.Uu. 123793/2005).

L’obbligo previsto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18 (introduttivo della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies) – secondo cui, nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione – si riferisce invero solo agli spazi che si trovino in detta proporzione con la costruzione e non ad altri eventuali ed ulteriori. Conseguentemente, una volta che siano stati riservati per parcheggi spazi nella predetta misura, ogni spazio ulteriore (inteso come spazio libero da costruzioni, ovvero come box, o come autorimessa comune, ecc.) è completamente svincolato dalla richiamata disciplina (in quanto ad esso non applicabile) e, quindi, può essere liberamente venduto, locato o formare oggetto di altri negozi giuridici non costituendo pertinenza ai sensi della suddetta normativa speciale, per cui non può escludersi che detti spazi possano assumere, eventualmente, la natura di pertinenza alla stregua, però, dell’art. 817 c.c..

Da ciò consegue che la parte la quale chieda la tutela di un suo asserito diritto fondato sull’anzidetta normativa speciale (ovvero in base al ricordato L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies introdotto dal citato L. n. 765 del 1967, art. 18 al quale rinvia la successiva L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 26, u.c.), ha l’onere – trattandosi di un elemento costitutivo del suo prospettato diritto – di dedurre ed, inoltre, di provare che lo spazio (od il garage) oggetto della sua domanda rientra nella specificata proporzione e non costituisce, quindi, uno spazio ulteriore rispetto a quello adibito a parcheggio ai sensi della normativa medesima. (Cass. 1221/2006);

Orbene nel caso di specie all’esito della perizia tecnica per la determinazione della superficie pertinenziale vincolabile ai sensi della L. n. 765 del 1967, art. 18dell’immobile (OMISSIS), non specificamente contestata dall’odierno ricorrente, si è rilevato che la porzione di terreno acquisita dalla signora M.A. rappresenta un’ulteriore eccedenza di superficie rispetto a quella pertinenziale vincolante, con la conseguenza che non sussiste la dedotta illegittima sottrazione al vincolo di destinazione e nullità della vendita, e dette aree ben potevano essere oggetto di usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c.

Del pari generica e nel merito infondata la censura della statuizione con la quale la Corte d’Appello ha affermato l’intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno nei confronti della curatela fallimentare.

Ed invero secondo il consolidato indirizzo di questa Corte “in tema di risarcimento del danno contrattuale, al fine di determinare il “dies a quo” di decorrenza della prescrizione occorre verificare il momento in cui si sia prodotto, nella sfera patrimoniale del creditore, il pregiudizio causato dal colpevole inadempimento del debitore (Cass. Civ. n. 5504 del 2012); orbene, nel caso di specie, la Corte ha correttamente ravvisato la determinazione del pregiudizio nel verificarsi dell’inadempimento contrattuale, vale a dire la data di cessione dell’area alla Sig.ra M., il 22 aprile 1981, non potendo farsi decorrere la prescrizione dal momento in cui è passata in giudicato la sentenza avente ad oggetto la rimozione del muro, che si riferisce ad una diversa azione, con distinti petitum e causa petendi.

Del tutto generico, avuto riguardo alla necessaria autosufficienza del ricorso, infine, il riferimento all’esistenza di atti interruttivi della prescrizione, non meglio identificati, nè in alcun modo circostanziati.

Il ricorso va dunque respinto ed il ricorrente va condannato alla refusione delle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio in favore della curatela fallimentare (OMISSIS) sas e di M.A., che liquida in complessivi 2.700,00 di cui 200,00 per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2017

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