Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19139 del 01/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 01/08/2017, (ud. 21/06/2017, dep.01/08/2017),  n. 19139

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9198-2016 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante in proprio e quale

procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI

I.N.P.S. (S.C.C.I.) S.p.A. – C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede

dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO

SGROI, LELIO MARITATO ed EMANUELE DE ROSE;

– ricorrenti –

contro

L.L.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO BOGGIA, che la

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato LUCA

MARRA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 611/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 06/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/06/2017 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. B.G. ha proposto opposizione contro l’avviso di addebito avente ad oggetto il pagamento di contributi da versare alla gestione commercianti dell’Inps per gli anni 2006-2012;

2. accolta l’opposizione dal Tribunale, la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza pubblicata il 6/10/2015 resa nei confronti di L.L.B., quale erede di B.G. nelle more deceduto, ha rigettato l’appello dell’Inps, ritenendo insussistenti i requisiti per l’iscrizione nella gestione commercianti: ha osservato la Corte che la società B.G. & L.L.B. s.n.c., di cui il B. era socio al 50%, non svolgeva attività commerciale, in quanto la sola attività in concreto svolta era limitata alla gestione di un unico immobile concesso in locazione e alla riscossione del canone;

anche sotto il profilo soggettivo, la Corte ha escluso che il B. svolgesse con carattere di abitualità e prevalenza attività di lavoro attività commerciale;

3. l’Inps propone ricorso per la cassazione di tale sentenza; resiste la L.;

4. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata;

5. il Collegio autorizza la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il ricorso in esame l’Inps deduce la violazione e la falsa applicazione della L. 22 luglio 1966, n. 613, art. 1; L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1 come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203; della L. n. 1397 del 1960, art. 2 e degli artt. 2291, 2298 e 2697, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;

2. il ricorso è inammissibile ex art. 360 bis, n. 1, (anche alla luce di Cass. Sez. Un. 21/3/2017, n. 7155), in quanto il provvedimento impugnato ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per mutare l’orientamento espresso in fattispecie del tutto sovrapponibili al caso in esame (cfr. Cass. ord., 11/2/2013, n. 3145; Cass. 6.9.2016 n. 17643; Cass. 25/8/2016, n. 17328);

3. presupposto per l’iscrizione alla gestione commercianti, in forza della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, che ha modificato la L. n. 160 del 1975, art. 29 e della L. n. 45 del 1986, art. 3 è lo svolgimento da parte dell’interessato di attività commerciale;

4. la società di persone che svolge un’attività volta alla locazione di immobili di sua proprietà e alla riscossione dei canoni di locazione non svolge un’attività commerciale ai fini previdenziali, a meno che essa non si inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l’attività di intermediazione immobiliare (Cass. ord., 11/2/2013, n. 3145; Cass. 6/9/2016, n. 17643; Cass. ord., 16/12/2016, n. 25017);

5. non rileva di per sè il contenuto dell’oggetto sociale, ma si deve considerare lo svolgimento in concreto di un’attività commerciale (Cass. n. 25017/2016);

6. diviene dunque irrilevante che ad esercitare l’attività di godimento del bene sia una società commerciale (Cass. n. 3145 del 2013), salvo che si dia prova che costituisca attività commerciale di intermediazione immobiliare (Cass. n. 845 del 2010);

7. l’eventuale impiego dello schema societario per attività di mero godimento, in implicito contrasto con il disposto dell’art. 2248 c.c., non può trovare una sanzione indiretta nel riconoscimento di un obbligo contributivo di cui difettino i presupposti propri, per come sopra ricostruiti;

8. l’accertamento della sussistenza (o meno) dei requisiti necessari per l’iscrizione è stato compiuto dalla Corte territoriale, che, in coerenza con i principi regolatori della materia, ha espresso il suo convincimento con motivazione adeguata ed immune da vizi, rilevando che l’attività svolta dalla società era limitata al godimento dell’immobile di cui era proprietaria, e non anche all’attività di intermediazione;

9. anche sotto il profilo soggettivo, la Corte – dopo aver dato atto che per l’iscrizione alla gestione commercianti è necessaria la verifica della sussistenza degli elementi della abitualità e della professionalità della prestazione lavorativa, nonchè degli altri requisiti eventualmente previsti dalle rispettive discipline normative di settore (Cass., 19 gennaio 2016, n. 873; Cass., n. 5444/2013) e fermo restando che l’onere probatorio grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo (cfr. ex multis Cass., 20 aprile 2002, n. 5763; Cass., 6 novembre 2009, n. 23600)- ha escluso il coinvolgimento diretto nel lavoro aziendale del B., e tale accertamento, in quanto appare adeguatamente motivato e privo di illogicità e contraddizioni, è insindacabile in questa sede;

10. dal rigetto del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come da dispositivo;

11. sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna l’Inps al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi professionali e Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e agli altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2017

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