Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19137 del 01/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 01/08/2017, (ud. 21/06/2017, dep.01/08/2017),  n. 19137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22543-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante, in proprio e quale

procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI

INPS SCCI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo,

rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati

CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE e LELIO MARITATO;

– ricorrente –

contro

C.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI

134, presso lo studio dell’avvocato GIANNA COLASANTI, che la

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato ENZA

PEPE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 240/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 07/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/06/2017 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO.

Fatto

RILEVATO

che:

C.F. ha proposto opposizione contro gli avvisi di addebito, notificatile nell’interesse dell’Inps, aventi ad oggetto il pagamento di contributi da versare nella Gestione commercianti sino all’aprile del 2010, in relazione alla sua attività di socia amministratrice della società T. e C. s.n.c.;

rigettata l’opposizione dal Tribunale di Massa, con sentenza pubblicata il 7/7/2015, la Corte di appello di Genova ha accolto l’impugnazione proposta dalla C. e ha dichiarato non dovuti i contributi;

la Corte territoriale ha ritenuto insussistenti le condizioni per l’iscrizione dell’opponente alla gestione commercianti, posto che non vi era prova della sua partecipazione al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; inoltre, ha ritenuto che la mera attività di riscossione di canoni di locazione è inerente al godimento di beni immobili e non configura esercizio di attività commerciale;

contro la sentenza, l’Inps, anche in qualità di procuratore speciale della Società di Cartolarizzazione dei Crediti Inps (S.C.C.I.) s.p.a., propone ricorso per cassazione, articolando un unico motivo, cui resiste la C. con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

la C. ha depositato memoria;

il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo di ricorso, l’Inps denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. 22 luglio 1966, n. 613, art. 1; della L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1così0 come modificato dalla L. 27 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203 e ss., della stessa L. n. 1397 del 1960, art. 2 e degli artt. 2248,2291,2298 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: l’Istituto ritiene che, alla luce del complessivo quadro normativo e delle circostanze di fatto acquisite al processo, – qualità di socio e amministratore della Cervara, oggetto sociale (commercio al dettaglio all’ingrosso di: carni e frattaglie…; la società può altresì compiere operazioni immobiliari, mobiliari, bancarie, commerciali, e finanziarie… utili o solo opportune al conseguimento dell’oggetto sociale, ecc.), mancato svolgimento di altre attività lavorative da parte del socio, mancata indicazione di persone che svolgevano l’attività di gestione della società -, emergeva evidente la natura imprenditoriale e non già di mero godimento dell’attività svolta dalla società;

2. il motivo è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, (anche alla luce di Cass. Sez. Un. 21/3/2017, n. 7155), in quanto il provvedimento impugnato ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per mutare l’orientamento espresso in fattispecie del tutto sovrapponibili al caso in esame (cfr. Cass. ord., 11/2/2013, n. 3145; Cass. 6.9.2016 n. 17643; Cass. 25/8/2016, n. 17328);

3. ciò consente a questa Corte, in applicazione del principio della “ragione più liquida” – in forza del quale il giudice può sostituire il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, valorizzate dall’art. 111 Cost. -, di decidere sulla base della questione posta con il motivo di ricorso, ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata alle altre questioni preliminari sollevate dalla controricorrente, che pertanto non è necessario esaminare (in tal senso fra le più recenti, Cass. 19 agosto 2016, n. 17214; Cass. 12 novembre 2015, n. 23160; Cass. Sez. Un. 8 maggio 2014, n.9936; Cass. Sez. Un. ord. 18 novembre 2015, n. 23542);

tali eccezioni, riguardanti la validità della procura dell’Inps, appaiono peraltro infondate, giacchè gli adempimenti imposti dal d.lgs. n. 196/2003 (informativa e autorizzazione al trattamento dei dati personali, della cui mancanza la controricorrente si duole) non sono previsti a pena di nullità della procura (in tal senso, arg. ex Cass. Sez. Un., 8/2/2011, n. 3034) e, inoltre, essi sono posti a tutela del soggetto che conferisce la procura, non anche della controparte che pertanto non ha alcun interesse a rilevarne l’inosservanza (artt. 156 e 157 c.p.c.);

quanto all’eccezione riguardante il mancato deposito della delega notarile conferita dal legale rappresentante dell’Inps alla dottoressa D.M.G., direttore centrale delle entrate, è anch’essa infondata, giacchè l’indicazione nominativa del legale rappresentante dell’Inps (prof B.T.M.) e gli estremi dell’atto notarile di conferimento della delega sono idonei ad escludere sia ogni incertezza o indeterminatezza della delega, sia che si sia realizzata una surrettizia sostituzione del legale rappresentante dell’ente (cfr. Cass. Sez. Un. 17/03/2004, n.5463; Cass. 07/04/2003, n. 5425);

4. nel merito, deve ricordarsi che presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla gestione commercianti è che sia provato, in conformità a quanto previsto dalla L. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 1 comma 203, che ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1 (requisiti previsti per ritenere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali), lo svolgimento di un’attività commerciale;

4.1. la Corte, con un accertamento in fatto supportato da una motivazione adeguata, ha escluso che la s.n.c. di cui la controricorrente era socia svolgesse attività diretta all’acquisto ed alla gestione di beni immobili, ritenendo, per contro, che la sola attività di gestione dell’immobile e di riscossione dei relativi canoni di affitto configurasse attività di mero godimento, non avente carattere imprenditoriale;

dovendosi considerare lo svolgimento in concreto di un’attività commerciale, è evidente come non rilevi il contenuto dell’oggetto sociale, così come è irrilevante ogni ulteriore accertamento riguardante il soggetto che concretamente svolgeva attività di gestione, o la mancanza di prova contraria, idonea ad escludere la presunzione normativa di esercizio di attività imprenditoriale ricollegabile, secondo l’assunto dell’istituto, alla circostanza che la società fosse costituita in forma diversa da quella semplice;

4.2. tale decisione è in linea con i principi già espressi da questa Corte (Cass., ord. 6/4/2017, n.9002; Cass. ord., 29/12/2016, n. 27376; Cass. 26/8/2016, n. 17370; Cass. 6/9/2016, n. 17643; Cass. 11/2/2013, n. 3145), secondo cui l’attività di mera riscossione dei canoni di un immobile affittato non costituisce di norma attività d’impresa, indipendentemente dal fatto che ad esercitarla sia una società commerciale (Cass. ord. 11 febbraio 2013, n. 3145), salvo che si dia prova che costituisca attività commerciale di intermediazione immobiliare (Cass. n. 845/2010), e l’eventuale impiego dello schema societario per attività di mero godimento, in implicito contrasto con il disposto dell’art. 2248 c.c., non può trovare una sanzione indiretta nel riconoscimento di un obbligo contributivo di cui difettino i presupposti;

4.3. sotto quest’ultimo aspetto, questa Corte – con riferimento alle società in nome collettivo – ha affermato il principio (Cass. ord. 6/4/2017, n. 8871) secondo cui ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, che ha modificato della L. n. 160 del 1975, l’art. 29 e della L. n. 45 del 1986, art. 3 in tali società la qualità di socio non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui ricorrenza deve essere provata dall’istituto;

4.4. tale prova, nel caso in esame, secondo i giudici di merito non è stata fornita, essendo emerso, come su si è evidenziato, che la società di cui la C. era socia non svolgeva attività di acquisto e gestione di beni immobili;

5. pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato;

le spese del presente giudizio vanno regolate come da dispositivo; sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 1.500,00 per compensi professionali e Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 15% e agli altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2017

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