Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19136 del 07/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 07/09/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 07/09/2010), n.19136

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1386/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

S.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 92/2004 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 16/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

16/06/2010 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate ricorrono con un motivo per la cassazione della sentenza della CTR della Campania che ha confermato la decisione di annullamento dell’avviso di accertamento Irpef e SSN 1992 notificato a S.F.. Questi non si è difeso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La CTR ha osservato che l’accertamento di “una evasione di ricavi per circa 40 milioni determinati tenendo conto di una ricarica del costo del venduto nella misura del 60% … non può considerarsi legittima in quanto non si fonda su circostanze gravi, precise e concordanti … specie per la mancanza di rilievi di sorta sulla regolarità ed attendibilità della contabilità tenuta dal contribuente. Non attribuisce fondatezza e legittimità all’operato accertamento il generico ed immotivato criterio di determinazione della percentuale di ricarico nè in base agli studi di settore perchè riferiti ad interi settori economici nè nella misura dichiarata dagli esercenti locali senza che l’Ufficio avesse eseguito alcuna verifica dei prezzi di acquisto delle merci e di quelli di vendita al pubblico nè dimostrato lo specifico riferimento della percentuale di ricarico del 60% all’azienda accertata.

Col ricorso si deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), nonchè dell’art. 2727 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Si osserva che il ricorrente non aveva tenuto le scritture contabili in maniera conforme ai dettami normativi, e che sulla scorta di esse erano stati rilevati ricavi non dichiarati per L. 39.926.000. Si richiama la costante giurisprudenza di questa corte secondo la quale l’accertamento induttivo è consentito anche in presenza di una contabilità formalmente regolare quando le risultanze documentali manchino di ogni credibilità e congruenza dei valori esposti fra loro e con le caratteristiche dell’impresa. Si aggiunge che la percentuale di ricarico del 60% era quella risultante per le aziende del ramo dagli studi di settore, e che lo scostamento dei ricavi dichiarati rispetto a tali parametri integra di per sè una fattispecie di presunzioni gravi, precise e concordanti, che riversa sul contribuente la prova della erroneità dell’accertamento.

Il ricorso è infondato.

La deduzione circa la irregolarità delle scritture contabili contrasta con l’accertamento contenuto nella sentenza, non impugnato sotto il profilo del vizio di motivazione.

Quanto all’argomento fondato sul valore presuntivo degli studi di settore previsti dal D.L. n. 331 del 1993, art. 62 bis (convertito dalla L. n. 427 del 1993), questa corte ha chiarito che in presenza di scritture contabili formalmente corrette, non è sufficiente, ai fini dell’accertamento di un maggior reddito d’impresa, il solo rilievo dell’applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa da quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza – posto che le medie di settore non costituiscono un “fatto noto”, storicamente provato, dal quale argomentare, con giudizio critico, quello ignoto da provare, ma soltanto il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei, risultando quindi inidonee, di per sè stesse, ad integrare gli estremi di una prova per presunzioni -, ma occorre, invece, che risulti qualche elemento ulteriore – tra cui anche l’abnormità e l’irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e la media di settore – incidente sull’attendibilità complessiva della dichiarazione, ovverosia la concreta ricorrenza di circostanze gravi, precise e concordanti (Cass. 2005/26388, 2005/18038, 2000/1511).

Nella specie, dalla sentenza impugnata e dal ricorso non risulta alcun elemento ulteriore, rispetto al dato dello scostamento fra la percentuale di ricarico media del settore e quella risultante dai dati contabili dichiarati dall’impresa sottoposta a controllo, che giustificasse la prevalenza del dato medio su quello dichiarato, nemmeno la abnormità o l’irragionevolezza della difformità rilevata. Inoltre, la CTR ha osservato che “l’azienda accertata …

attraversava un particolare momento della sua vita economica e gestionale, con specifici riflessi negativi sulla sua redditività anche in dipendenza della cessazione della attività che aveva impedito il perseguimento di intesti speculativi”. Considerazione, di per sè idonea a giustificare uno scostamento pur anomalo dai parametri degli studi di settore, che il ricorso non critica, privando di efficacia la censura rivolta alla prima parte della motivazione.

Va dunque respinto il ricorso. Senza decisione in punto spese, giacchè il contribuente non si è difeso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2010

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