Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19134 del 28/09/2016

Cassazione civile sez. trib., 28/09/2016, (ud. 19/09/2016, dep. 28/09/2016), n.19134

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. DAVIGO Piercamillo – rel. Consigliere –

Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23768/2011 proposto da:

S.F.;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 87/42/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO del 09/06/2010, depositata il 30/06/2010, non

notificata;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. Piercamillo Davigo;

udito l’Avvocato difensore del ricorrente che si riporta agli

scritti;

udito l’Avv. Generale dello Stato che si riporta al contro ricorso;

udito il Procuratore Generale della Repubblica in persona del

Sostituto Dott. Alessandro Pepe, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. S.F. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Milano, n. 87/42/10, pubblicata il 30 giugno 2010, con la quale essa confermava la decisione di quella provinciale di Milano, che aveva respinto il ricorso sull’assunto che gli studi di settore costituiscono una presunzione e che l’esistenza di scostamento fra ricavi dichiarati e quelli desumibili dallo studio di settore non trovava giustificazione in quanto sostenuto dal contribuente.

2. L’Agenzia delle Entrate, difesa dall’Avvocatura dello Stato, con controricorso deduce:

1) la infondatezza del primo motivo di ricorso in quanto la Commissione tributaria regionale aveva motivato in modo logico e congruo valutato le deduzioni difensive;

2) la infondatezza del secondo motivo di ricorso in quanto conforme alle previsioni normative.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo addotto a sostegno del ricorso il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, del D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 7, della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto manca la motivazione della riduzione del 19,7% conseguente ad istanza di accertamento con adesione.

Il motivo di ricorso non è fondato atteso che la sentenza impugnata ha argomentato sulla insussistenza in punto di fatto delle giustificazioni fornite dal contribuente per spiegare lo scostamento dalle indicazioni degli studi di settore. Infatti la Commissione tributaria regionale ha precisato la collocazione dell’auto scuola in posizione centrale della Città di Milano (dato che non è scienza privata ma nozione di comune esperienza) e si è riferita ai redditi indicati negli anni precedenti a livello quasi identico a quello accertato.

2. Col secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3 convertito con L. n. 427 del 1993, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in quanto gli studi di settore rappresentano presunzioni semplici che devono essere corroborate da altri elementi. Nel caso in esame il contribuente svolge attività di autoscuola soggetta a certificazioni dirette alle autorità della motorizzazione e quindi è impossibile evadere.

Il motivo di ricorso è infondato.

La Commissione tributaria ha argomentato nel modo precisato al punto precedente così implicitamente disattendendo le deduzioni del contribuente, posto che le stesse attengono non all’entità dei ricavi ma al numero delle prestazioni.

3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.

PQM

LA CORTE

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese liquidate in C 3.000,00, oltre s.p.d.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 19 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2016

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