Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19130 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/07/2019, (ud. 10/04/2019, dep. 17/07/2019), n.19130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26519-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.C., D.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2032/15/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, depositata il 10/04/2017; udita la relazione

della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del

10/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivo, contro M.C. e D.F., impugnando la sentenza resa dalla CTR Lazio indicata in epigrafe con la quale, confermando la decisione di primo grado, si è rigettato l’appello dell’Ufficio, ritenendo l’illegittimità dell’accertamento relativo a redditi di partecipazione imputati per trasparenza alla M., già socia accomandante al 51 % della società s.a.s. Diemme Impianti, compagine nella quale il di lei marito D. era socio nel restante 49% del capitale. Osservava che la presunzione legale di percezione di utili era stata superata in relazione alla comprovata assenza di distribuzione degli utili affermata dal socio accomandatario che, chiamato in giudizio, aveva riconosciuto l’utilizzazione dei redditi della società per pagare le ingenti pretese economiche di soggetti poi condannati penalmente per il reato di estorsione. Rilevava ancora che la contribuente aveva dimostrato che nel corso dell’anno 2007 era intervenuta sentenza di separazione coniugale, poi sfociata nel divorzio, e la conseguente impossibilità di ingerirsi nell’amministrazione della società.

La parte intimata non si è costituita in giudizio. La ricorrente ha depositato memoria.

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia deduce la violazione del D.p.r. n. 917 del 1986, art. 5, nonchè degli artt. 2303 e 2315 cc.. La presunzione legale nascente dall’art. 5 ult. cit. avrebbe reso irrilevante l’art. 2303 c.c.,. erroneamente richiamato dalla CTR valendo detta presunzione, al di là della distribuzione degli utili, anche nei confronti del socio accomandante, risolvendosi la questione relativa all’eventuale sottrazione degli stessi da parte degli amministratori in una questione interna inidonea e quella dell’eventuale estraneità alla gestione societaria in vicende idonee ad escludere la responsabilità della contribuente.

Con il secondo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5. La CTR, anche a non volere considerare la fondatezza del primo assorbente motivo, avrebbe errato nell’escludere la responsabilità della contribuente, in assenza di una prova circa il reinvestimento degli utili o l’accantonamento, non risultando sufficiente la mera deduzione di perdite contabili.

I due motivi, che meritano un esame congiunto, sono fondati.

Ed invero, questa Corte ha inizialmente precisato che i redditi delle società di persone, a norma del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Le quote si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall’atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all’inizio del periodo d’imposta. Ne consegue che “la presunzione legale così posta – “in virtù della quale i redditi delle società di persone sono imputati pro quota a ciascun socio (anche accomandante) indipendentemente dall’effettiva percezione – opera anche in caso di accertamento a carico della società di utili neri iscritti in bilancio: non solo, infatti, il socio è in grado di conoscere i rilievi e gli accertamenti fiscali condotti nei confronti della società, avendo diritto alla comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite ed alla consultazione dei libri e degli altri documenti della società, ma il reddito di partecipazione costituisce un suo reddito personale, indipendentemente dalla mancata contabilizzazione dei ricavi e dai metodi adoperati dalla società per realizzarli, e fermo restando il diritto di agire nei confronti della società, in sede civile ordinaria, per recuperare la quota di utili a lui spettante, nonchè l’esclusione della sua responsabilità per sanzioni, qualora sia dimostrata la sua buona fede” (Cass. n. 23359 del 2006; cfr. anche Cass. n. 17492).”

Peraltro, l’imputazione proporzionale dei redditi della società ai singoli soci, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, in quanto indipendente dall’effettiva percezione degli utili e dalla stessa – partecipazione del socio alla gestione sociale, neppure “è esclusa dal carattere illecito dell’attività posta in essere dall’amministratore della società: lo svolgimento di tale attività in violazione di norme organizzative o di legge non comporta infatti l’interruzione del rapporto organico – sempre che gli atti posti in essere siano comunque pertinenti all’azione della società e rispondano ad un interesse riconducibile, anche indirettamente, all’oggetto sociale -, nè la nullità degli atti compiuti, ma solo l’inefficacia o l’inopponibilità degli stessi ai terzi, che può essere fatta valere solo dalla società, con la conseguenza che, qualora quest’ultima abbia ratificato l’illegittimo operato dell’amministratore, resta irrilevante ogni questione relativa all’estraneità dell’atto all’oggetto sociale” (Cass. n. 17731 del 2006) – cfr. Cass. n. 11989/2015 -.

Tale principi, di recente ribaditi da Cass. n. 22011/2017, sono stati tuttavia precisati di recente, evidenziandosi che è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti (Cass., nn. 24534/2017, 5076/2011, 9519/2009, 7564/2003), non essendo comunque a tal fine sufficiente la mera deduzione che l’esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili (Cass., 22 novembre 2017, n. 27778). Sì è ancora rammentato che la presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio può essere vinta dal contribuente fornendo la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria (Cass. nn. 26873/2016, 1932/2016, Cass. n. 4213/2019).

Con specifico riferimento alle società di persone, questa Corte non ha mancato di precisare che in forza del principio di trasparenza dettato dall’art. 5 T.U.I.R. (“i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”), il reddito della società di persone (nonchè delle associazioni professionali e delle imprese familiari) – enti che, pur dotati di autonomia patrimoniale sotto il profilo civilistico, possiedono, nell’ambito dell’imposizione diretta, una autonoma soggettività passiva tributaria solo ai fini ILOR, prima, ed IRAP, successivamente è imputato automaticamente e direttamente, in misura proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione agli utili, ai soci, indipendentemente dalla effettiva percezione. Il che equivale ad ammettere la sussistenza di una presunzione legale di avvenuta percezione di tali utili (Cass. nn. 2899/2002, 2699/2002), vincibile soltanto mediante adeguata prova del contrario, il cui onere grava sul contribuente socio-cfr. Cass. n. 5655/2014 -.

Orbene, la CTR, a sostegno del superamento della presunzione legale di cui si è detto ha fatto riferimento alle dichiarazioni rese dal socio accomandatario- chiamato in causa, “il quale ha ammesso che per l’anno in esame effettivamente non vi era stata distribuzione degli utili in quanto i redditi prodotti dall’attività della società erano stati utilizzati per soddisfare illegittime ed ingenti pretese di carattere economico che avevano portato alla consegna di ingenti somme di denaro a persone poi condannate, come dimostrato in questo grado di giudizio, per il reato di estorsione” inoltre richiamano la circostanza che “proprio nel corso dell’anno 2007 era intervenuta una sentenza di separazione coniugale, successivamente sfociata nel divorzio, con la conseguente impossibilità di fatto di ingerirsi nell’amministrazione della società”.

Ora, risulta evidente che dalla scarna motivazione sopra riportata non emergono in concreto quali elementi abbiano condotto il giudice di appello a scardinare la presunzione legale che sorreggeva l’accertamento richiamato, se solo si consideri che la valutazione complessiva degli elementi esposti dal giudice di appello non consente, da un lato di capire l’incidenza del reato di estorsione sull’importo di reddito che l’ufficio aveva accertato a carico della società, nemmeno la CTR avendo adeguatamente ponderato il valore indiziario delle dichiarazioni provenienti dall’altro socio della società volte a sostenere che non vi sarebbe stata alcuna distribuzione degli utili senza considerare la concreta incidenza del provento dei reati estorsivi sul reddito accertato.

Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va annullata, con rinvio ad altra sezione della CTR Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Lazio anche per la liquidazion delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA