Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19130 del 07/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 07/09/2010, (ud. 01/06/2010, dep. 07/09/2010), n.19130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso principale rgrn. 26456/2006 proposto da:

Agenzia delle Entrate, di seguito “Agenzia”, in persona del Direttore

in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

la Mediosystem spa, di seguito “Società”, in persona del

rappresentante legale in carica, Signor Z.M.,

rappresentata e difesa dagli avv. PERRONE Leonardo e Gianmarco

Tardella, presso i quali è elettivamente domiciliata in Via Giacomo

Puccini 9, Roma;

– intimata e controricorrente –

e sul ricorso incidentale rgn 30556/2006, proposto da:

Società, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;

– ricorrente incidentale –

contro

l’Agenzia, come sopra rappresenta, difesa e domiciliata;

– intimata e controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Perugia 16 maggio 2006, n. 7/01/06, depositata il 30 maggio 2006 e

notificata il 27 giugno 2006;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica del 1

giugno 2010 dal Cons. Dott. Achille Meloncelli;

udito l’avv. Daniela Giacobbe per l’Agenzia;

udito l’avv. Gianmarco lardella per la Società;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale

SORRENTINO Federico, che ha concluso, quanto al ricorso principale,

per la sua inammissibilità e, in subordine, per il suo rigetto e,

quanto al ricorso incidentale, per la sua inammissibilità e, in

subordine, per il suo assorbimento.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti di incoazione del giudizio di legittimità.

1.1. Il 20 settembre 2006 è notificato alla Società un ricorso dell’Agenzia per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha accolto l’appello della Società contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CIP) di Perugia n. 150/02/2003, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso della Società contro l’avviso di rettifica n. (OMISSIS) dell’IVA 1997.

1.2. Il 3-7 novembre 2006 è notificato all’Agenzia, ricorrente principale, un documento, proveniente dalla Società, incorporante il controricorso al ricorso principale e un ricorso incidentale condizionato contro la medesima sentenza.

2. I fatti di causa, I fatti di causa sono i seguenti:

a) con avviso di accertamento, sulla base del processo verbale di constatazione (PVC) del 12 luglio 2001 della Guardia di finanza, l’Ufficio recupera l’IVA detratta per il 1998 in quanto addebitata per il distacco di personale da parte di altra società, per cui l’oggetto della prestazione è ritenuto fuori del campo di applicazione 8 L. 11 marzo 1988, n. 67, ex art.;

b) il ricorso della Società è dichiarato inammissibile per tardività dalla CTP;

c) l’appello della Società è, poi, accolto dalla CTR con la sentenza ora impugnata per cassazione.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è, con riguardo alle censure proposte in sede di legittimità, così motivata: è “fondata … la censura concernente la motivazione addotta dall’ufficio a giustificazione della rettifica. Dai documenti allegati e, in particolare, dall’esame della fatture contestate (allegati da 7 a 12 del PVC della GdF) risulta che esse richiamano testualmente l’accordo del 30/6/97 e che tale accordo costituisce una “novazione” dell’accordo del 1990 circa il prestito della n. 6 unità di personale fatto dal Mediocredito alla Società e che pertanto unicamente ad esso si debba fare riferimento. In tale accordo si statuiva che il costo del prestito del personale non era dato dal corrispettivo del costo effettivamente sostenuto ma da un corrispettivo calcolato sulla base di una media storica del costo del personale impiegatizio: i costi quindi erano diversi, in quanto stabiliti a priori, e le relative fatture erano state regolarmente assoggettate ad IVA non trattandosi di un riaddebito ma di un corrispettivo diverso, tanto da configurare non solo un prestito di personale impiegatizio, ma una vera e propria prestazione di servizi e di lavoro d’ingegno da parte di detto personale, proprio in base a quanto stabilito dalle clausole dell’accordo del 30/6/97. La sentenza dei primi giudici merita quindi di essere completamente riformata…”.

4. Il ricorso principale per cassazione dell’Agenzia, integrato con memoria, è sostenuto con un solo motivo d’impugnazione e, dichiarato il valore della causa in Euro 76.000,00, si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese processuali.

5. Il controricorso e il ricorso incidentale condizionato, sostenuto con due motivi d’impugnazione, si concludono con la richiesta, in via principale, di inammissibilità o di infondatezza del ricorso principale, e, in via subordinata, di accoglimento di quello incidentale e dell’adozione di ogni statuizione consequenziale e con vittoria di spese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Riunione preliminare dei ricorsi.

I ricorsi, proposti contro la medesima sentenza, sono previamente riuniti ex art. 335 c.p.c..

1. Il ricorso principale dell’Agenzia 7. Il motivo d’impugnazione.

7.1.1. Il motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione e falsa applicazione della L. n. 67 del 1988, art. 8, comma 35, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

7.1.2. Secondo la ricorrente Agenzia la CTR avrebbe violato la L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 8, comma 35, secondo cui non è oggetto di IVA il costo del personale distaccato da altri soggetti, perchè, nel caso di specie la somma corrisposta dalla Società ad altra società sarebbe stato superiore al costo del personale distaccato o, comunque, di ammontare diverso e sarebbe, quindi, comprensivo del corrispettivo per servizi resi da altra società, computato preventivamente e forfetariamente, ma irrilevantemente ai fini dell’IVA, sul costo medio del personale.

7.1.3. A conclusione della motivazione della censura è formulato il seguente quesito di diritto: “se per ritenere irrilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo sia sufficiente il riferimento al costo del personale distaccato, essendo irrilevante la sua concreta determinazione e, comunque, la diversa intenzione delle parti”.

7.2.1. Il motivo d’impugnazione proposto dall’Agenzia sarebbe inammissibile, secondo la resistente Società, perchè “l’Amministrazione ha ricondotto nel lamentato vizio della sentenza impugnata una serie di censure che si sostanziano nell’asserita erronea valutazione – da parte della CTR – delle risultanze di fatto e processuali circa la non coincidenza tra il costo del personale dipendente sostenuto dalla Società distaccante e le somme riaddebitate alla Mediosystem”.

L’eccezione d’inammissibilità del motivo è priva di fondamento, perchè il quesito di diritto, formulato dall’Agenzia a conclusione della motivazione addotta a suo sostegno, indica con chiarezza la questione giuridica, sulla quale si chiede il giudizio della Corte, quale quella della qualificazione normativa della relazione tra costo del personale distaccato e (ir)rilevanza per l’IVA, senza che si pongano in discussione altri profili di fatto.

7.2.2. La Società resistente intravede una causa d’inammissibilità del motivo d’impugnazione proposto dall’Agenzia anche nel fatto che essa “avrebbe dovuto formulare il quesito di diritto relativo alla violazione dell’art. 1362 c.c., e segg. … e avrebbe dovuto indicare il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (ex art. 366 bis c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5)”.

L’eccezione non merita davvero consenso, perchè essa manifesta la pretesa, del tutto priva di fondamento, della Società che la ricorrente Agenzia, la quale ha ritenuto di limitare la sua difesa alla denuncia di un vizio di violazione di legge, dovesse formulare, in sua vece o in aggiunta, un vizio di motivazione.

7.2.3. Secondo la Società resistente, il ricorso principale dell’Agenzia sarebbe inammissibile per mancanza dei requisiti della specificità e/o riferibilità alla sentenza impugnata. “Di fatti, mettendo a confronto il ricorso in Cassazione proposto avverso la sentenza della CTR di Perugia n. 9/01/06 del 16.5.2006 (riguardante l’avviso di rettifica Iva 1998 …) ed il ricorso in Cassazione qui in causa …, si evince chiaramente che l’Amministrazione finanziaria ha proposto identici motivi d’impugnazione avverso le due citate sentenze finendo – così – con il confondere il thema decidendum dei relativi giudizi pendenti innanzi a codesta … Corte”. A conforto della sua tesi la Società segnala le parti del ricorso dell’Agenzia, nelle quali si farebbe riferimento all’IVA 1998, anzichè all’IVA 1997, e al rapporto con l’IBM Italia, anzichè con il Mediocredito dell’Umbria.

Per valutare l'(in)fondatezza dell’eccezione occorre che il raffronto sia effettuato, non, come suggerisce la Società, tra il ricorso in esame (rgn 2546/2006) e il ricorso proposto dall’Agenzia contro un’altra sentenza d’appello (quella della CTR di Perugia n. 9/01/06 del 16.5.2006), ma tra il ricorso oggetto di questo giudizio di legittimità (rgn 2546/2006) e la sentenza con esso impugnata (quella della CTR di Perugia 16 maggio 2006, n. 7/01/06, depositata il 30 maggio 2006). Se si opera seguendo questa impostazione, si constata che la sentenza impugnata con il ricorso rgn 2546/2006 è la sentenza della CTR di Perugia 16 maggio 2006, n. 7/01/06, depositata il 30 maggio 2006 e notificata il 27 giugno 2006, dalla quale si desume che l’atto amministrativo d’imposizione tributaria impugnato è avviso di rettifica n. (OMISSIS) dell’IVA 1997; inoltre, il capo della sentenza impugnato è quello che s’è qui testualmente riprodotto nel 3, che è contestato con l’unico motivo d’impugnazione addotto dall’Agenzia con la motivazione qui sintetizzata nel par. 7.1.2 e con la formulazione del quesito di diritto qui testualmente riprodotto nel par. 7.1.3. La questione di diritto, sottoposta all’esame della Corte con la censura dell’Agenzia, è, come risulta chiaramente seguendo il percorso appena tracciato, specificamente inerente alla decisione del giudice d’appello e lasciano nella sfera dell’irrilevanza i riferimenti, effettivamente presenti nel ricorso, o al 1998 o ad una società diversa da quella che ha distaccato il personale nel 1997. Essi, infatti, possono essere considerati dei meri errori materiali nella redazione del ricorso, che, sia per quel che riguarda la rappresentazione della fattispecie controversa (“l’esposizione sommaria dei fati di causa” ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), sia per quel che attiene la proposizione della questione di diritto (“i motivi per i quali si chiede la cassazione”, ossia la motivazione della censura (par. 7.1.2) e “l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano”, ossia il quesito di diritto (par.

7.1.3), sono alterano il rapporto di specifica aderenza alla sentenza impugnata.

7.2.3. La constatata infondatezza di tutte le eccezioni d’inammissibilità del ricorso principale dell’Agenzia, consente di procedere all’esame nel merito del suo unico motivo d’impugnazione.

7.2.4. Risulta accertato in fatto dalla CTR che il costo del prestito del personale da altra società alla Società non era dato dal corrispettivo del costo effettivamente sostenuto, ma da un corrispettivo calcolato sulla base di una media storica del costo del personale impiegatizio, cosicchè i costi quindi erano diversi, in quanto stabiliti a priori (pagina 4, righe 19, 21, della sentenza d’appello).

In relazione ad una fattispecie così conformata, si chiede alla Corte d’individuare la norma giuridica che regola la detraibilità dell’IVA sulle somme pagate dalla Società beneficiaria del distacco di personale di altra società.

Le disposizioni normative dalle quali può trarsi la norma idonea alla sussunzione della fattispecie controversa sono le seguenti:

1) la L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 8, comma 35: “Non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo”;

2) il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 1: “L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese …”;

3) il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, comma 1, n. 1: “Per la determinazione dell’imposta dovuta … è ammesso in detrazione, dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell’imposta assolta dal contribuente…”;

4) il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, comma 2, n. 1: “Non è detraibile l’imposta relativa all’acquisto …di … servizi afferenti operazioni … non soggette all’imposta…”.

Combinando il materiale linguistico depositato nelle disposizioni riprodotte, si possono confezionare le seguenti norme:

1) “il rimborso, da parte del soggetto A, del costo del personale del soggetto B distaccato presso A, è esente dall’IVA”, perchè, secondo la statuizione della L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 8, comma 35, dal momento che A rimborsa B, il costo del personale di B distaccato presso A è sostenuto, in definitiva, da A; questo costo è, ai fini dell’IVA, irrilevante (sempre in base alla L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 8, comma 35): in quanto B, distaccando il suo personale, non effettua, nei limiti del relativo costo, alcuna prestazione ad A, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 1, non si applica l’IVA e non esiste, dunque, alcuna imposta che possa essere detratta ai sensi dell’art. 19, comma 1, n. 1, confermato, in negativo, dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, comma 2, n. 1;

2) “la somma eccedente il rimborso, da parte del soggetto A, del costo del personale del soggetto B distaccato presso A, è sottoposta ad IVA detraibile”, perchè il regime dell’esenzione dall’IVA, fissato nella norma appena individuata, riguarda solo il costo del personale, che è sostenuto da B e che A si limita a rimborsare, cosicchè, se A trasferisce a B una somma maggiore, questa non è più esente da IVA in quanto si giustifica solo per la sua corrispondenza all’acquisto di un bene o all’acquisizione di un servizio; la relativa IVA è conseguentemente detraibile.

Poichè la CTR ha consegnato al giudice di legittimità una categorizzazione della fattispecie controversa caratterizzata dalla diversità della somma rimborsata dal soggetto beneficiario del distacco, si deve esaminare, oltre all’ipotesi che la somma rimborsata sia maggiore del costo del personale, come sostiene l’Agenzia per il caso in esame, l’ipotesi in cui la somma rimborsata sia inferiore, secondo l’accenno formulato dalla Società nel suo controricorso (pagina 17). Comunque stiano le cose, allo scopo di completare l’individuazione delle norme applicabili, è necessario, ma anche sufficiente, sottolineare che, se il beneficiario del distacco rimborsasse una somma inferiore, sarebbe evidente che esso non avrebbe acquistato alcun bene e non avrebbe usufruito di alcuna prestazione dal parte del soggetto distaccante il personale, onde si continuerebbe a versare nel campo dell’irri-levanza per l’IVA. Tutto ciò chiarito sul piano normativo, è agevole constatare che, essendosi la CTR limitata a constatare la diversità tra il costo del personale distaccato e la somma rimborsata dalla società beneficiaria del distacco, è incorsa in due lacune: da un lato, non ha accertato il rapporto quantitativo tra somma rimborsata e costo del personale e, dall’altro, ove la somma rimborsata fosse maggiore del costo, non ha applicato le norme che si sono individuate, sottraendo al regime dell’IVA quella parte che coincide con il costo del personale e sottoponendo invece al regime dell’IVA, compresa la detraibilità, la somma eccedente il costo.

In conclusione, al quesito di diritto, con il quale si chiede “se per ritenere irrilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo sia sufficiente il riferimento al costo del personale distaccato”, occorre rispondere positivamente, con le articolazioni che si sono poc’anzi illustrate. Il principio di diritto, o la norma giuridica, secondo cui la controversia dev’essere decisa, previo idoneo accertamento dei fatti, è, dunque, il seguente: “la somma eccedente il rimborso, da parte del soggetto A, del costo del personale del soggetto B distaccato presso A, è sottoposta ad IVA detraibile”.

7.2.4. Le precedenti considerazioni comportano il riconoscimento della fondatezza del motivo del ricorso principale.

2. Il ricorso incidentale della Società.

8.1. La Società ripropone “i motivi di appello … che non sono stati esaminati dalla CTR … perchè rimasti assorbiti dall’accoglimento dei motivi assorbiti dall’accoglimento dei motivi concernenti il merito della … controversia” e che riguardano, nell’ordine, “la nullità dell’avviso di rettifica ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56…”, e “la nullità dell’avviso di rettifica per violazione dell’art. 2697 c.c….”.

8.2. Poichè il ricorso incidentale si limita a riproporre motivi d’appello che la Società ha proposto alla CTR, ma che sono rimasti assorbiti, si deve applicare il principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, “per le domande o eccezioni non esaminate, o ritenute assorbite dal giudice di merito, non è ammissibile … il ricorso incidentale condizionato, in quanto sul punto non è stata pronunciata alcuna decisione, sicchè l’eventuale accoglimento del ricorso principale comporta pur sempre la possibilità di riesame nel giudizio di rinvio di dette domande o eccezioni” (Corte di Cassazione 26 gennaio 2006, n. 1691).

9. Conclusioni.

Le precedenti considerazioni comportano l’accoglimento del ricorso principale dell’Agenzia, l’inammissibilità del ricorso incidentale della Società, la cassazione della sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e il rinvio della causa ad altra Sezione della CTR dell’Umbria, che, oltre ad applicare le norme giuridiche individuata nel par. 7.2.4, liquiderà le spese processuali relative al giudizio di cassazione.

P.Q.M.

la Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale dell’Agenzia, dichiara inammissibile il ricorso incidentale della Società, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa ad altra Sezione della CTR dell’Umbria, anche per le spese processuali relative al giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2010

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