Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1913 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 28/01/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 28/01/2021), n.1913

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. est. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso iscritto al n. 26292/13 R.G., proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis.

– ricorrente –

contro

L.P.A. Import Export s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t.,

rappresentato e difeso dall’avv.to Claudia Preziosi con il quale è

elettivamente domiciliato in Roma, Via Terenzio, n. 10, in virtù di

mandato in margine al ricorso.

– controricorrente –

avverso sentenza Commissione tributaria regionale della Campania n.

373/04/2013, depositata il 2/05/2013, non notificata.

Udita la relazione della Dott.ssa Rosita D’Angiolella svolta

nell’adunanza camerale del 14/1/2021.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate impugna, con cinque motivi, la sentenza resa dalla Commissione tributaria regionale della Campania, n. 373/04/2013, depositata il 2/05/2013, con la quale è stato rigettato l’appello dell’Ufficio contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Avellino, che aveva accolto il ricorso della società L.P.A. Import Export s.r.l., contro la cartella di pagamento con cui l’Ufficio, a seguito di controllo automatizzato, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis, del modello Unico 2007, recuperava sanzioni ed interessi per tardivo versamento di Ires ed Irap relativi per l’anno 2006.

2. La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello dell’Ufficio ritenendo che non v’era stato ritardo nei versamenti in quanto l’approvazione del bilancio societario era avvenuto nei termini considerato che la società contribuente aveva un esercizio sociale non coincidente con l’anno solare ed in ogni caso approvato nei quattro mesi successivi alla chiusura di esercizio (esercizio chiuso il (OMISSIS) e approvato il (OMISSIS)), essendosi la società avvalsa della proroga di cui al D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, art. 17.

3. Resiste con controricorso la società contribuente.

4. Nelle more del giudizio la società ha presentato istanza per la sospensione del processo ai sensi del D.L. 23 otto

2018, n. 119, art. 6, comma 10, conv. in L. 17 dicembre 2018, n. 136.

5. In data 17/07/2020 l’Agenzia delle entrate comunica, via pec, alla società contribuente il diniego dell’istanza di condono ritenendo trattarsi di lite non condonabile perchè avente ad oggetto sanzioni per ritardato versamento delle imposte indicate in dichiarazione irrogate a norma del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13.

6. Con atto del 07/09/2020, la difesa della società contribuente ha impugnato l’atto di diniego chiedendone l’annullamento con estinzione della lite.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Preliminarmente, va dato atto dell’ammissibilità del ricorso avverso l’atto di diniego di definizione agevolata.

1.1. Posto che l’impugnazione del provvedimento di diniego della definizione della lite che pende in fase di legittimità, deve essere proposta dinanzi alla Corte di cassazione nelle forme e secondo le modalità del ricorso per cassazione dettate dal codice di procedura civile, atteso il richiamo di queste da parte del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 2, e l’inesistenza, nel D.L. n. 119 del 2018, di disposizione peculiare in ordine alle modalità di proposizione di detto ricorso (v. Cass., 12 luglio 2006, n. 15847), nella specie il ricorso è stato proposto innanzi a questa Corte tempestivamente, essendo stato notificato in data 07/09/2020 e, quindi, entro 60 giorni dalla comunicazione del diniego, avvenuta a mezzo pec in data 17/07/20 (D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 12).

1.2. Il ricorso risulta redatto in conformità ai requisiti di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), avendo il ricorrente selezionato i profili di fatto e di diritto della vicenda “sub iudice” nonchè le ragioni critiche nell’ambito dei vizi previsti dall’art. 360, c.p.c..

2. L’Agenzia delle entrate ha denegato l’istanza di definizione agevolata ritenendo che, in linea generale, del D.L. 119 del 2018, art. 6, rimasto invariato in sede di conversione nella L. n. 136 del 2018, limita la definizione agevolata alle controversie inerenti agli “atti impositivi” escludendo quelle aventi ad oggetto agli atti di mera riscossione, quali ruoli, cartelle di pagamento e avvisi di liquidazione; nello specifico, trattandosi di giudizio concernente cartella di pagamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, relativa sull’Unico 2007, riguardante unicamente le sanzioni per omesso o ritardato versamento delle imposte indicate in dichiarazione, irrogate a norma del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, la fattispecie andrebbe esclusa dall’ambito di applicazione del D.L. cit., art. 6. L’Agenzia richiama all’uopo la Circolare dell’Agenzia dell’entrate 1 aprile 2019, n. 6.

3. Avverso tale diniego, la società L.P.A. Import Export s.r.l., ha proposto ricorso affidandosi a due motivi.

3.1. Con il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, deducendo che trattandosi di cartella avente funzione novativa (l’iscrizione a ruolo costituisce titolo per poter percepire la somma intimata e quindi l’atto in cui si afferma la pretesa impositiva) e non riproduttiva (l’iscrizione a ruolo rappresenta un titolo che già è venuto ad esistenza, con funzione meramente liquidatoria), essa non può essere esclusa dall’ambito di applicazione del L. cit., art. 6; assume la società ricorrente che la cartella in oggetto è espressione della pretesa impositiva in quanto la lite pendente ha ad oggetto l’esistenza o meno del diritto di proroga del termine per l’approvazione del bilancio, ossia la spettanza di quel diritto vantato dal contribuente, rispetto al quale l’amministrazione ha ipotizzato, per la prima volta, un illecito fiscale a carico della società per tardivo versamento delle imposte, irrogando le relative sanzioni (somme iscritte a ruolo).

3.2. Col secondo mezzo, anch’esso dedotto sotto il profilo della violazione e falsa applicazione di legge, la ricorrente deduce che l’esclusione, espressa nel diniego, della cartella di pagamento oggetto di lite dall’ambito di applicazione del D.L. cit., art. 6, non è legittima in quanto riferita esclusivamente all’interpretazione della norma condonistica fornita dalla Circolare n. 6 del 2019 che è un atto interno dell’amministrazione finanziaria non costituente fonte di diritto. Inoltre, secondo l’assunto della ricorrente, è il diniego stesso a violare la norma contenuta nel D.L. n. 119 del 2018, nell’art. 6, comma 3, ultimo periodo, se è vero – attese le singolari modalità della lite insorta – che neppure può dirsi esistente “un rapporto relativo ai tributi”.

4. Ai fini della soluzione della controversia si tratta di acclarare se, l’impugnazione della cartella di pagamento scaturente dal cd. controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, con cui l’Amministrazione liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dia origine oppur no ad una controversia definibile in forma agevolata, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito in L. n. 136 del 2018.

5. Al fine dell’inquadramento normativo della questione, va considerato che, come in occasione delle precedenti sanatorie fiscali succedutesi negli ultimi vent’anni, anche la disciplina prevista dalla normativa in parola, perimetra l’applicazione della definizione agevolata agli “atti impositivi”, senza, tuttavia, specificarne il contenuto lasciando all’interprete il compito di individuarne l’ambito applicativo.

5.1. Così prevede la disposizione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, comma 3, lett. a), (liti pendenti “in cui è parte l’amministrazione finanziaria dello Stato aventi ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione di sanzioni e ogni altro atto di imposizione”) ed il successivo D.L. 6 luglio 2011, n. 98, conv., con modif., in L. 15 luglio 2011, n. 111, che, all’art. 39, dichiara applicabili le disposizioni di cui all’art. 16 della precedente normativa (seppur limitatamente alle controversie con valore non superiore ad Euro 20.000,00). Successivamente, il riferimento agli atti impositivi non compare nella disciplina del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, conv., con modif., in L. 21 giugno 2017, n. 9, (l’art. 11, comma 1, prevede infatti la definizione agevolata delle controversie tributarie mediante il pagamento “di tutti gli importi di cui all’atto impugnato che hanno formato oggetto di contestazione in primo grado”), ma riappare nell’ultimo condono di cui è causa (cit. D.L. n. 119 del 2018), che nuovamente perimetra la definizione agevolata alle controversie fiscali aventi ad oggetto “atti impositivi” pendenti alla data del 24 ottobre 2018.

6. Questa Corte si è espressa più volte sul concetto di atto impositivo e, quindi, sul se la cartella di pagamento scaturente dal cd. controllo automatizzato, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, per la liquidazione d’imposte dichiarate e non versate, o tardivamente versate, e delle relative sanzioni, rientri o meno in tale nozione, generando, tuttavia, decisioni di segno difforme e divergente.

6.1. In proposito si registrano almeno tre orientamenti tra loro contrastanti.

7. Un primo orientamento (che è quello in sostanza richiamato dalla società contribuente) ha dato soluzione positiva al problema, ritenendo riconducibile alla natura di “atto impositivo” qualunque atto fiscale che non sia preceduto da altro atto e che sia impugnato o impugnabile per vizi di merito, anche se non aumenta le imposte dichiarate e anche se l’errore, da cui eventualmente origina l’impugnazione dell’atto, non sia allegato nel ricorso introduttivo della lite. E’ stato considerato (Cass., 24 settembre 2020, n. 20058; Cass., 24 ottobre 2019, n. 27271; Cass. 8 febbraio 2019, n. 3759; Cass. 17 gennaio 2019, n. 1158, non massimata; Cass., 12 dicembre 2018, n. 32132; Cass., 27 settembre 2018, n. 23269; Cass. 29 novembre 2017, n. 28611, non massimata; Cass., 28 dicembre 2017, n. 31055, non massimata; Cass. 20/01/2016, n. 23486, non massimata; Cass., 25 gennaio 2016, n. 1295; Cass., 19 dicembre 2014, n. 26997; Cass., 24 ottobre 2014, n. 22672 non massimata; Cass., 22 gennaio 2014, n. 1263; Cass., 7 aprile 2006, n. 8275; Cass., 20 marzo 2006, n. 6186) che in caso di cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato, l’atto non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di accertamento, autonomamente impugnabili e non impugnati, ma “riveste anche natura di atto impositivo, trattandosi del primo ed unico atto con cui la pretesa fiscale è stata esercitata nei confronti del dichiarante, con conseguente sua impugnabilità, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, anche per contestare il merito della pretesa impositiva” (Cass., 25 gennaio 2016, n. 1295 e Cass., 22 gennaio 2014, n. 1263).

7.1. Tale orientamento trae alimento dai principi di favore per l’applicabilità della normativa di condono più volte affermati da questa Corte, anche a Sezioni Unite, nonchè dal significato sistematico della normativa condonistica, le cui disposizioni risultano convergere nel riferimento agli “atti impositivi”. In tale ottica la giurisprudenza che ha dato soluzione affermativa alla condonabilità della cartella di pagamento quale primo ed unico atto impositivo notificato al contribuente, ha considerato che il D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 12, (conv. in L. n. 136 del 2018), ricalca, nella sostanza, salvo minime divergenze di forma, della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 8, richiamato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, la cui sovrapponibilità di disciplina consente l’applicazione dei principi di diritto già espressi in precedenza da questa Corte in tema di condonabilità della cartella di pagamento scaturente da controllo automatizzato (sul rinvio che il D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, opera alla L. n. 289 del 2002, art. 16, v., ex plurimis, Cass. 24 ottobre 2019, n. 27271 e Cass., 20 gennaio 2016, n. 23486).

8. Un secondo orientamento (cui si riporta la ricorrente Agenzia delle entrate) afferma che non può essere considerato atto impositivo la cartella di pagamento, formata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, in quanto è atto che deriva, per quanto attiene ai versamenti, da una mera liquidazione dei tributi già esposti dal contribuente in dichiarazione e, per quanto attiene alle sanzioni, da un riscontro meramente formale dell’omissione “senza alcuna autonomia e discrezionalità da parte dell’Amministrazione” (v., Cass., 2 novembre 2018, n. 14344; 08/06/2017, n. 14344, Cass., 15 gennaio 2016 n. 548; Cass. 13/04/2016, n. 7279; Cass. 28 gennaio 2015 n. 1571; Cass., 26 febbraio 2014, n. 4608; Cass., 29 aprile 2011, n. 9545; Cass., 21 aprile 2011, n. 9194; Cass., 11 aprile 2011, n. 8196; Cass., 30 agosto 2006, n. 18840).

8.1. Tale orientamento, sorto già in relazione alla definizione agevolata prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 16, ha trovato seguito in recenti pronunce di questa Corte (Cass., 24 dicembre 2020, n. 26552, non massimata; Cass., 04 settembre 2020, n. 18397; Cass., 13 marzo 2019, n. 7099; Cass., 5 dicembre 2019, n. 31804) riguardanti la normativa agevolativa di cui al D.L. n. 119 del 2018, che hanno escluso la condonabilità della cartella di pagamento scaturente da controllo automatizzato, facendo leva su un’analisi esegetica e funzionale della nozione di “atto impositivo” per la quale “la natura impositiva di un atto fiscale è correlata alla determinazione e alla pretesa di un’imposta maggiore di quella liquidata e dichiarata dal contribuente o dal sostituto d’imposta, e presuppone, perciò, una rettifica dei dati e degli elementi indicati nelle dichiarazioni”.

8.2. In tal senso, è stato considerato che “nei casi (riconducibili alla liquidazione/controllo a norma dell’art. 36-bis, del comma 2, lett. f, o a norma dell’art. 54-bis), del comma 2, lett. c, di imposte dichiarate e non versate, o versate tardivamente, l’iscrizione a ruolo delle stesse imposte e/o degli interessi non presuppone alcuna rettifica dei dati e degli elementi indicati nelle dichiarazioni, ma opera il mero recupero dell’imposta dichiarata dal contribuente e da lui non versata (con i relativi interessi) o dei soli interessi sulla stessa imposta tardivamente versata; da ciò discende che tali ruoli e le pedisseque cartelle di pagamento costituiscono atti di mera riscossione, privi di natura anche impositiva, con la conseguenza che gli stessi ruoli, così come le cartelle che li recano, non possono ritenersi suscettibili di definizione agevolata ai sensi (per quanto qui rileva) del D.L. n. 119 del 2018, art. 6” (così, Cass., 24 dicembre 2020, n. 26552 in motivazione).

8.3. Talune di tali ultime pronunce sembrano porsi in contrasto consapevole con il primo orientamento sopra delineato, nella parte in cui affermano che la soluzione negativa alla condonabilità della cartella non è inficiata dagli opposti argomenti che affermano che la cartella di pagamento scaturente da controllo automatizzato è il primo e unico atto con cui la pretesa tributaria è comunicata al contribuente osservando, a confutazione di tali argomenti; “che, se è vero che la cartella di pagamento, non essendo previsto che sia preceduta da un avviso di accertamento, è il primo atto notificato al contribuente, tale circostanza non è tuttavia tale da fare assumere natura impositiva a atti (il ruolo e la cartella) con i quali ci si limiti a riscuotere le imposte dichiarate dal contribuente e non versate e che, perciò, non presuppongono alcuna rettifica dei dati e degli elementi indicati nelle dichiarazioni (diverso potendo essere eventualmente il caso in cui una cartella di pagamento sia notificata quale “primo atto” in difetto della previa doverosa notificazione dell’atto impositivo/avviso di accertamento presupposto); quanto al secondo argomento, appare evidente che la natura impositiva o no di un atto non può essere stabilita che sulla base del contenuto di esso e non di elementi estrinseci – e, addirittura, a posteriori – quali sono i motivi del ricorso proposto dal contribuente avverso lo stesso atto, con la conseguenza che il ruolo e la cartella di pagamento emessi per imposte dichiarate e non versate non potranno che continuare a essere atti di riscossione anche se il contribuente li abbia impugnati per motivi “di merito” (cioè, in questo caso, essenzialmente per fare valere errori commessi nella dichiarazione” (così, Cass., 24 dicembre 2020, n. 26552, in motivazione).

8.4. Quest’orientamento esclude espressamente la natura non impositiva dell’atto (ruolo e cartella di pagamento) anche per le sanzioni per l’omesso o il ritardato versamento delle imposte dichiarate, sul rilievo che l’iscrizione a ruolo di tali sanzioni, previste dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, consegue automaticamente al suddetto omesso o ritardato versamento.

9. Un terzo orientamento, che si pone come mediano rispetto agli altri due delineati innanzi, ritiene che la controversia è condonabile sempre che la cartella costituisca primo atto impositivo e vi sia controversia effettiva, e non apparente, sulla legittimità, sotto qualsiasi profilo della pretesa medesima, tranne che su aspetti relativi a meri errori di calcolo (Cass., 29 novembre 2017, n. 28611, non massimata; Cass., 27 febbraio 2017, n. 4967; Cass., 24 giugno 2016, n. 13136; Cass., 8 luglio 2015, n. 14196, non massimata; Cass., 22 gennaio 2014, n. 1263; Cass., 10 febbraio 2014, n. 2986, non massimata; Cass., 8 marzo 2013, n. 5879, non massimata; Cass., 27 settembre 2013, n. 22158, non massimata; Cass., 6 ottobre 2010, n. 20731).

9.1. Pur evitando categorizzazioni generali, l’idea di quest’orientamento è di far leva nel consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte del favor per l’applicabilità delle normative di condono in virtù del quale ciò che deve guidare l’interprete ai fini della qualificazione dell’atto come impositivo e della conseguente inclusione della relativa controversia nell’ambito applicativo delle normative condonali, è la sua effettiva funzione, a prescindere dalla qualificazione formale dell’atto stesso. Pertanto, la natura impositiva dell’atto va ricercata con una verifica in concreto che accerti che l’atto sia destinato ad esprimere, per la prima volta, nei confronti del contribuente, una pretesa fiscale, essendo all’uopo sufficiente che la contestazione da parte di quest’ultimo sia idonea ad integrare una controversia effettiva sulla legittimità, sotto qualsiasi profilo, divenendo irrilevante la circostanza che la cartella contenga la liquidazione di imposte dichiarate e non versate, una volta che si sia compiuta, con esito positivo, tale verifica di effettività.

10. Il Collegio ritiene di condividere il primo orientamento alla luce non tanto della stretta interpretazione delle norme agevolative in parola (anche se il legislatore, ove avesse voluto escludere dal perimetro condonistico le cartelle ex art. 36-bis, ben avrebbe potuto affermarlo chiaramente, tenuto conto della perdurante – come si è visto – problematicità interpretativa sul punto creatasi sui vari antecedenti condoni, nonchè della finalità, perseguita da tali normative, rappresentata preminentemente dalla più celere definizione delle controversie tributarie e riduzione dell’arretrato), quanto invece della aleatorietà degli altri orientamenti che si basano su una valutazione in concreto “caso per caso” del “contenuto” della cartella ex art. 36-bis, e/o delle “contestazioni” svolte, “caso per caso”, dal contribuente in sede di opposizione, in contrasto per ciò stesso con la finalità del condono stesso già rappresentata (più celere definizione delle controversie tributarie e riduzione dell’arretrato), oltre che (ex artt. 3 e 97 Cost.), con i principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa e di pari trattamento per il contribuente.

Tuttavia, l’adesione al primo orientamento interpretativo non esime il Collegio dall’invocare un intervento delle Sezioni Unite che ponga fine al perdurante contrasto sezionale come sopra rappresentato.

La questione di diritto rappresentata appare all’evidenza, ad avviso del Collegio, di particolare importanza, in ragione degli assai incidenti (ed immediatamente percepibili) riverberi di natura pratico-applicativa da essa generati soprattutto in relazione alle garanzie del contribuente, che, sebbene la legislazione condonistica non escluda espressamente le cartelle di pagamento scaturenti da controllo automatizzato, si vede negare o accogliere l’istanza di condono a seconda delle diverse soluzioni che il giudice tributario possa dare alla questione.

11. Nè al riguardo, come pure rilevato dal ricorrente, vale a garantire la scelta del contribuente a presentare o meno l’istanza di condono, la monolitica posizione dell’Agenzia delle entrate, che pur a fronte di questi oscillanti indirizzi giurisprudenziali, esclude attraverso circolari interpretative, in ogni caso, la natura impositiva delle cartelle emanate per la riscossione delle imposte dichiarate e non versate (per il condono di cui al D.L. n. 119 del 2018, v. Circolare n. 6 del 2019, per il condono di cui al D.L. n. 98 del 2011, v. la Circolare n. 48 del 2011, secondo cui non sono definibili l’avviso di liquidazione ed il ruolo in considerazione della natura di tali atti non riconducibili nella categoria degli atti impositivi in quanto finalizzati alla riscossione dei tributi e degli accessori).

11.1. Senza qui soffermarci – essendo tema del tutto avulso dalla questione di massima importanza che qui si pone – sulla natura di tali circolari, avendo questa Corte ripetutamente chiarito che l’Amministrazione finanziaria non ha poteri discrezionali nella determinazione delle imposte dovute sicchè di fronte alle norme tributarie, l’Amministrazione ed il contribuente si trovano su un piano di parità, per cui la cd. interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolari o in risoluzioni, costituisce fonte di diritto, e quindi non vincola nè i contribuenti nè, tanto meno, i giudici (Cass., 6 agosto 2008, n. 21154; Cass., 24 novembre 2015, n. 23690; Cass., 10 marzo 2017, n. 6185; Cass., 13 giugno 2018, n. 15482), basta porre mente all’estesissimo perimetro operativo dell’ultima normativa condonale e, conseguentemente, all’estesissimo numero di controversie pendenti innanzi a questa Corte ed innanzi ai giudici tributari di merito sulla condonabilità della cartella di pagamento emanata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis.

12. Ricorrono le condizioni per la rimessione del ricorso al Primo Presidente perchè valuti ex art. 374 c.p.c., comma 2, l’opportunità di un’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

P.Q.M.

La Corte dispone la rimessione degli atti al Primo Presidente per la valutazione sull’opportunità della assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite per la risoluzione della questione illustrata in motivazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Quinta Sezione Civile, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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