Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19129 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/07/2019, (ud. 10/04/2019, dep. 17/07/2019), n.19129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25338-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

POLLAIOLI 5, presso lo studio dell’avvocato YURI PICCIOTTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO BOCCHINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3065/49/2017 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 04/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La controversia promossa da G.M. contro l’Agenzia delle Entrate ha ad oggetto l’impugnativa dell’avviso di accertamento n. (OMISSIS) per IRES, Iva e d Irap relative all’anno 2009, notificato il 21/11/2014. Con la decisione in epigrafe, la CTR ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Napoli n. 15846/2015, che aveva accolto il ricorso del contribuente, sul rilievo dell’avvenuta cancellazione della società Essedi Servizi s.r.l. – di cui il G. era stato amministratore – anteriormente al 13/12/2014 e della irretroattività delle norme di cui al D.Lgs. n. 175 del 2014.

Il ricorso proposto si articola in due motivi. Resiste con controricorso il contribuente.

Con primo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La CTR avrebbe omesso di esaminare lo specifico motivo di appello relativo alla responsabilità personale del contribuente.

Con secondo motivo la ricorrente assume la violazione dell’art. 2495 c.c. e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 1. La nuova formulazione dell’art. 2495 c.c. comporterebbe “la possibilità di far valere le proprie pretese sui soggetti fiscalmente responsabili”; il G. quale autore della violazione, nonchè socio unico della cessata Essedi Servizi s.r.l., dovrebbe rispondere oggettivamente ed illimitatamente dei debiti sociali. A seguito della modifica del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, i liquidatori risponderebbero in proprio dl versamento dei tributi dovuti dalla società estinta qualora non riescano a dimostrare di avere assolto tutti gli oneri tributari. La modifica del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 19,comma 1, a seguito del D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 7, comporterebbe la responsabilità degli amministratori per tutte le imposte.

Il primo motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sei 6 – 5, Ordinanza n. 28308 del 27/11/2017; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 18797 del 16/07/2018) il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto.

Orbene la questione il cui esame secondo la ricorrente, sarebbe stato omesso dalla CTR non risulta in realtà esposta in termini specifici e dettagliati nell’atto di impugnazione, atto nel quale l’Agenzia delle Entrate, dopo avere – preliminarmente – affermato che il G. era amministratore, legale rappresentante e “gestore unico dell’azienda”, ha formulato la propria censura limitatamente all’assunta erronea applicazione del D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28.

Quanto sopra accertato circa il contenuto dell’atto di appello comporta la declaratoria di inammissibilità del secondo motivo di ricorso in quanto le questioni ivi proposte non risultano essere state proposte in sede di appello.

Le spese seguono la soccombenza che si liquidano in complessivi Euro 6.000,00 oltre spese generali nella misura del 15%, iva e cpa.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna L’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore del controcorrente, delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 6.000,00 oltre spese generali nella misura dei 15%, iva e cpa.

Così deciso in Roma, il 10 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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