Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19127 del 07/09/2010
Cassazione civile sez. trib., 07/09/2010, (ud. 21/05/2010, dep. 07/09/2010), n.19127
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –
Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –
Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 2028/2008 proposto da:
TECNOMEDIT SRL già TECNOCONFERENCE MEDITERRANEA SRL in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA CLAUDIO MONTEVERDI 16, presso lo studio dell’avvocato NATOLA
Giuseppe, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, AGENZIA
DELLE ENTRATE UFFICIO DI POZZUOLI in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 314/2007 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,
depositata il 23/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
21/05/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito per il ricorrente l’Avvocato NATOLA, che insiste
nell’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 23/7/2007 la Commissione Tributaria Regionale della Campania accoglieva il gravame interposto dall’Agenzia delle entrate di Pozzuoli nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli di accoglimento dell’opposizione proposta dalla contribuente società Tecnomedit s.r.l. in relazione ad avviso di recupero del credito d’imposta per investimenti in aree svantaggiate L. n. 388 del 2000, ex art. 8, relativo all’anno d’imposta 2002.
Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello la società Tecnomedit s.r.l. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con entrambi i motivi la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 8, L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. a), art. 11 preleggi, L. n. 212 del 2000, artt. 1 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si duole che il giudice dell’appello non abbia considerato la comunicazione resa all’A.F. già con la dichiarazione dei redditi presentata nel 2002 per i redditi del 2001, al quadro RU. Lamenta non potersi riconoscere “alcun effetto di decadenza” al mancato assolvimento dell’ulteriore onere di comunicazione prescritto alla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, in quanto “il credito di imposta era stato già maturato ed usufruito, oltre che anche comunicato, già in data antecedente alla relativa entrata in vigore”.
Ai sensi del c.d. Statuto del contribuente non possono essere d’altro canto richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’A.F..
Il ricorso è infondato.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, l’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 8, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1 lett. e)) la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (c.d. modello CVS) entro il termine del 28 febbraio 2003, termine dal citato art. 62 previsto a pena di decadenza (v. Cass., 13/2/2009, n. 3578).
Tale norma, che costituisce diretta espressione del potere demandato al Ministro delle finanze di stabilire con D.M. le procedure di controllo prevedendo “specifiche cause di decadenza dal diritto di credito”, trova invero ragione nell’esigenza di definire entro un tempo determinato l’inerente onere finanziario, altrimenti sospeso ad libitum (v. Cass., 28/07/2005, n. 15865).
La presentazione del suindicato modello CVS costituisce pertanto non già una facoltà bensì un onere a carico del contribuente, finalizzato all’accertamento delle condizioni necessarie all’attribuzione, in via definitiva, del beneficio in questione (v.
Cass., 15/07/2009, n. 16442).
Si è al riguardo già avuto altresì modo di precisare come risulti d’altro canto irrilevante, al fine di stabilire se il contribuente sia o meno incorso in decadenza, la circostanza che il medesimo abbia adempiuto alla previsione della L. n. 388 del 2000, art. 8, comma 5, n. 1, secondo cui “Il credito d’imposta … va indicato nella relativa dichiarazione dei redditi”.
Trattasi infatti di onere altro e diverso rispetto a quello regolato dal D.L. n. 253 del 2002, art. 1, comma 1, lett. a), n. 1, e dalla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. a).
L’adempimento del secondo onere è condizione necessaria per acquisire il diritto al credito d’imposta, mentre l’adempimento del primo è condizione necessaria per farlo valere nel computo dell’imposta sui redditi (v. Cass., 11/9/2009, n. 19627).
Evidente, si è ulteriormente sottolineato, è allora l’inutilità della pretesa, in sede di dichiarazione dei redditi, di un credito d’imposta in realtà mai acquisito, per essere già intervenuta la decadenza nell’adempimento dell’onere di comunicazione in argomento (v. Cass., 11/9/2009, n. 19627).
Orbene, nell’affermare che, “essendo, in punto di fatto, pacifico che l’appellante non ottemperò all’obbligo di comunicazione dei dati imposto dalla citata L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. a), del tutto legittima è la declaratoria di decadenza dal beneficio di cui all’atto impugnato”, dei suindicati principi il giudice dell’appello ha fatto invero sostanzialmente corretta applicazione.
All’infondatezza del motivo consegue il rigetto del ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2010