Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19123 del 01/08/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. VI, 01/08/2017, (ud. 20/06/2017, dep.01/08/2017),  n. 19123

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18157-2016 proposto da:

R.G., quale erede del sig. R.A., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE DI VIGNA PIA 32, presso lo studio

dell’avvocato EMIDDIO PERRECA, rappresentato e difeso dall’avvocato

GENNARO DI MAGGIO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 739/23/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata l’01/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/06/2017 dal Consigliere Dott. MAURO MOCCI.

Fatto

RILEVATO

che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;

che R.G. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che, in sede di rinvio dalla Suprema Corte, aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Napoli. Quest’ultima aveva rigettato l’impugnazione del contribuente avverso il silenzio rifiuto serbato dall’Agenzia nei confronti di un’istanza di rimborso IRAP, versata nelle annualità 1998 – 2001;

che, nella decisione impugnata, la CTR ha sostenuto come il contribuente non avesse adempiuto l’onere di dare la prova della mancanza di autonomia organizzativa.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, col primo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, ex art. 360 c.p.c., n. 3: la Suprema Corte, con l’ordinanza n. 6943/2014, aveva accolto integralmente i motivi di ricorso, fra cui quello che rivendicava l’assenza di qualsivoglia struttura organizzativa, sicchè il giudice del rinvio avrebbe dovuto uniformarsi alla preventiva valutazione operata circa l’assenza dei presupposti d’imposta;

che, col secondo, si deduce nullità, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4: la sentenza impugnata avrebbe offerto un’interpretazione delle risultanze documentali del tutto erronea ed approssimativa, trascurando di valorizzare l’assenza di costi per lavoro dipendente ed imputando al contribuente una media di Lire 7.000.000 in più rispetto al dato matematico non contestato dall’Ufficio;

che l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso;

che il primo motivo non è fondato;

che la parte rescissoria della sentenza n. 6943/2014 di questa Corte testualmente recita: “In adesione alla sentenza n. 12110 del 26 maggio 2009 delle Sezioni Unite, secondo cui in tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 44, art. 2, comma 1, primo periodo e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di agente di commercio, di cui alla L. n. 204 del 1985, art. 1 e di promotore finanziario di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31, comma 2, è escluso dall’applicazione dell’imposta qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata”;

che pertanto, la Corte di Cassazione aveva richiamato un principio di diritto, il quale, a sua volta, presupponeva la disamina degli elementi idonei a dimostrare la mancanza di attività autonomamente organizzata, prova gravante sul contribuente (Sez. U, n. 12111 del 26/05/2009);

che conseguentemente è del tutto insussistente il richiamo alla violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 oltre che erroneo, visto che il ricorrente si sarebbe dovuto, in tesi, dolere della violazione dell’art. 384 c.p.c.;

che il secondo motivo è parimenti infondato, giacchè pretende di valutare l’interpretazione probatoria offerta dai giudici di appello in modo logico e congruo;

che, d’altronde, in caso di ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice di rinvio fondato sulla deduzione della infedele esecuzione dei compiti affidatigli con la precedente pronuncia di annullamento, il sindacato della S.C. si risolve nel controllo dei poteri propri del suddetto giudice di rinvio, per effetto di tale affidamento e dell’osservanza dei relativi limiti, la cui estensione varia a seconda che l’annullamento stesso sia avvenuto per violazione di norme di diritto ovvero per vizi della motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, in quanto, nella prima ipotesi, egli è tenuto soltanto ad uniformarsi al principio di diritto enunciato nella sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti, già acquisiti al processo, mentre, nel secondo caso, la sentenza rescindente, indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà della motivazione, non limita il potere del giudice di rinvio all’esame dei soli punti indicati, da considerarsi come isolati dal restante materiale probatorio, ma conserva al giudice stesso tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento (Sez. 6-5, n. 23335 del 16/11/2016);

che il ricorso va in definitiva rigettato;

che, alla luce dei contrasti giurisprudenziali precedenti a S. U. n. 9451 del 10 maggio 2016, le spese di lite dell’intero giudizio vanno interamente compensate fra le parti;

che, ai sensi dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.

Ai sensi dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA