Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19120 del 17/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/07/2019, (ud. 21/03/2019, dep. 17/07/2019), n.19120

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14882-2017 proposto da:

R.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

DANIELA PALMIERI, IVAN ASSAEL, NYRANNE MOSHI;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2829/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

Fatto

FATTI D I CAUSA

1. Nel 2008 R.V., insieme ad altri soggetti oramai non più parti del presente giudizio, convenne dinanzi al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della salute ed il Ministero dell’istruzione, chiedendone la condanna al risarcimento del danno patito in conseguenza della tardiva attuazione, da parte dello Stato italiano, delle direttive comunitarie che avevano imposto agli Stati membri dell’UE di prendere una adeguata remunerazione in favore dei medici frequentati i corsi di specializzazione (Dir. 75/362; 75/363 e 82/76).

Dedusse, in punto di fatto, di avere conseguito tre specializzazioni: la prima iniziata nel 1981, la seconda nel 1984, la terza nel 1987, e di non avere percepito alcuna remunerazione durante la frequenza delle suddette scuole, in violazione della regola imposta agli Stati membri dal diritto comunitario.

2. Con sentenza n. 2288 del 2010 il Tribunale rigettò la domanda, ritenendo prescritto il diritto al risarcimento del danno.

La sentenza venne appellata dai soccombenti.

3. La Corte d’appello di Roma, con sentenza 5.5.2016 n. 2829 rigettò l’eccezione di prescrizione, ma rigettò altresì la domanda risarcitoria proposta da R.V., per due ragioni reputate “indipendenti”:

a) la specializzazione conseguita dall’attore (medicina legale) non era inclusa negli elenchi allegati alle direttive comunitarie sopra indicate, e quindi non era comune ad almeno due Stati membri, presupposto necessario per potere invocare il diritto alla remunerazione durante la frequentazione della scuola;

b) in ogni caso il risarcimento non spettava per gli specializzati iscritti nell’anno 1983/84.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da R.V. con ricorso fondato su cinque motivi ed illustrato da memoria. Ha resistito con controricorso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente rilevata l’irritualità della memoria depositata da parte ricorrente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., sebbene pervenuta in cancelleria il 13 marzo 2019.

Deve ribadirsi, al riguardo, come, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 5, che consente di depositare il ricorso ed il controricorso a mezzo posta, stabilendo che il deposito si abbia per avvenuto nel giorno della spedizione, essendo norma eccezionale e con un contenuto espresso, non risulta applicabile al deposito delle memorie ai sensi dell’art. 378 e 380-bis c.p.c. (Sez. 3 -, Ordinanza n. 30592 del 27/11/2018, Rv. 651922 – 01), sicchè l’attività di deposito di dette memorie suppone che l’atto venga depositato in modo diretto nella cancelleria della Corte.

In ogni caso le considerazioni che si verranno svolgendo risultano oggettivamente idonee a farsi carico di quelle svolte nella memoria.

2. Il primo motivo di ricorso.

2.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta il rigetto della domanda di risarcimento per la mancata remunerazione del corso di specializzazione in ginecologia, iniziato nel 1981.

2.2. Il motivo è infondato.

Come noto la Comunità Europea nel 1975 volle dettare norme uniformi per “agevolare l’esercizio effettivo del diritto diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di medico”, e lo fece con due direttive coeve: la Dir. 75/362/CEE e la Dir. 75/363/CEE, ambedue del 16.6.1975.

La prima sancì l’obbligo per gli Stati membri di riconoscere l’efficacia giuridica dei diplomi rilasciati dagli altri Stati membri per l’esercizio della professione di medico; la seconda dettò i requisiti minimi necessari affinchè il suddetto riconoscimento potesse avvenire, tra i quali la durata minima del corso di laurea e la frequentazione a tempo pieno di una “formazione specializzata”.

L’una e l’altra di tali direttive vennero modificate qualche anno dopo dalla Dir. 82/76/01 del Consiglio, del 26 gennaio 1982.

L’art. 13 di tale ultima Dir. aggiunse alla Dir. 75/363/CEE, un “Allegato)”, contenente le “caratteristiche della formazione a tempo pieno (…) dei medici specialisti”.

L’art. 1, comma 3, u.p., di tale allegato sancì il principio per cui la formazione professionale “forma oggetto di una adeguata rimunerazione”.

2.3. La Dir. 82/76/CEE venne approvata dal Consiglio il 26.1.1982; venne notificata agli Stati membri (e quindi entrò in vigore) il 29.1.1982, e venne pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. L43 del 15.2.1982; l’art. 16 medesima Dir. imponeva agli Stati membri di conformarvisi “entro e non oltre il 31 dicembre 1982”.

Pertanto:

(a) l’ordinamento comunitario attribuì ai medici specializzandi il diritto alla retribuzione a far data dal 29.1.1982;

(b) gli stati membri avevano tempo sino al 31.12.1982 dello stesso anno per dare attuazione al precetto comunitario.

Ne consegue che “qualsiasi formazione a tempo pieno come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata”, così come stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, con sentenza 24 gennaio 2018, in causa C-616/16, Presidenza del Consiglio c. Pantuso.

La medesima sentenza ha precisato che, per coloro che hanno iniziato i corsi di specializzazione durante l’anno 1982, la remunerazione adeguata deve essere corrisposta per il periodo di formazione a partire dal 1 gennaio 1983 fino alla conclusione, dal momento che prima di tale data gli Stati membri avevano la facoltà di dare o non dare attuazione alla direttiva.

La Corte di giustizia, nella sentenza appena ricordata ha dunque distinto tre categorie di specializzandi:

1) quelli che hanno iniziato la specializzazione prima del 29 gennaio 1982 (data di entrata in vigore della Dir. 82 del 1976), i quali non hanno diritto ad alcuna remunerazione;

2) quelli che hanno iniziato la specializzazione nel corso dell’anno 1982, i quali hanno diritto alla remunerazione a partire dal 1 gennaio 1983;

3) quelli che hanno iniziato la specializzazione dopo il 1 gennaio 1983, i quali hanno diritto alla remunerazione per l’intera durata del ricorso (così anche, ex permultis, Sez. 3, Ordinanza n. 1066 del 17.1.2019; Sez. 3, Ordinanza n. 13761 del 31.5.2018; Sez. 3, Ordinanza n. 13762 del 31.5.2018; Sez. 3, Ordinanza n. 13763 del 31.5.2018).

Mette conto di rilevare che il necessario coordinamento fra l’affermazione sub 1) e quella sub 2) giustifica che la prima debba intendersi nel senso che i non aventi diritto sono gli specializzandi iscrittisi prima del 1 gennaio 1982.

2.4. Nel nostro caso è lo stesso ricorrente ad avere allegato di avere iniziato la specializzazione in ginecologia nel 1981: ne consegue, per quanto appena detto, che all’epoca in cui si iscrisse non sussisteva alcun obbligo per lo Stato italiano di prevedere normativamente una remunerazione per i frequentanti delle scuole di specializzazione in medicina, nè tale obbligo sorse successivamente, nei confronti di coloro che iniziarono la frequentazione di tali scuole prima del 1982.

3. Il secondo motivo di ricorso.

3.2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta che la Corte d’appello ha accolto una eccezione tardivamente sollevata dalla difesa erariale: quella secondo cui il risarcimento non spettava a coloro che si erano iscritti nelle scuole di specializzazione anteriormente all’anno accademico 1983-1984.

3.2. Il motivo è infondato, perchè lo stabilire a partire da quando è stato introdotto l’obbligo per gli Stati membri dell’UE di remunerare gli specializzandi è questione di diritto, rilevabile d’ufficio e non soggetta all’onere di tempestiva eccezione.

4. Il terzo motivo di ricorso.

4.1. Col terzo motivo il ricorrente lamenta che la difesa erariale ha tardivamente sollevato, solo in grado di appello, l’eccezione secondo cui la specializzazione in medicina legale non è comune ad almeno due Stati membri.

4.2. Il motivo è inammissibile.

Denunciare in sede di legittimità il vizio di ultrapetizione (nella specie, avere la Corte d’appello accolto un’eccezione tardivamente formulata) è un motivo di ricorso che, per usare le parole della legge, “si fonda” sugli atti processuali nei quali venne tardivamente formulata l’eccezione del cui accoglimento il ricorrente si duole.

Quando il ricorso si fonda su atti processuali, il ricorrente ha l’onere di “indicarli in modo specifico” nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).

“Indicarli in modo specifico” vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:

(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;

(b) indicare in quale fase processuale siano stati depositati;

(c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione (in tal senso, ex Sez. 6 – 3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. I, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).

Di questi tre oneri, il ricorrente nel presente giudizio non ne ha assolto alcuno.

Il ricorso, infatti, non riassume nè trascrive il contenuto delle difese sollevate dall’Avvocatura dello Stato in primo ed in secondo grado, limitandosi a riferire che la difesa erariale “nulla ha eccepito” su questo punto.

4.3. Questa Corte ritiene comunque opportuno, ad abundantiam, aggiungere che la specializzazione in medicina legale non è comune ad almeno due Stati membri dell’Unione Europea, e di conseguenza la frequentazione di essa non legittimava il frequentante, all’epoca dei fatti, a pretendere la adeguata remunerazione di cui alla Dir. 82/76, come già ritenuto da questa Corte (Sez. 3, Ordinanza n. 1058 del 17.1.2019).

5. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso.

5.1. Col quarto motivo e col quinto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente perchè tra loro connessi, il ricorrente lamenta l’omesso esame della domanda di risarcimento del danno relativamente al periodo di frequenza della specializzazione in endocrinochirurgia.

5.2. La Presidenza del Consiglio dei ministri ha eccepito l’inammissibilità anche di tale motivo, a causa del mancato assolvimento dell’onere di indicazione prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 6.

Tale eccezione è infondata.

Il ricorrente, infatti, alla pag. 11, nota 1, del ricorso (nota che prosegue nel successivo foglio 12) ha trascritto il contenuto dell’atto di citazione, indicando di avere domandato in quella sede il risarcimento del danno per la mancata percezione della remunerazione anche con riferimento al corso di specializzazione in endocrinologia, iniziato nel 1987.

5.3. Ambedue i motivi sono fondati, nella parte in cui denunciano il vizio di omessa pronuncia.

La Corte d’appello, infatti, non risulta avere preso in esame questo capo di domanda, nè implicitamente, nè esplicitamente.

La sentenza impugnata andrà dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, affinchè provveda sulla suddetta domanda.

6. Le spese.

Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

(-) dichiara inammissibili il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso;

(-) accoglie il quarto ed il quinto motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 21 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2019

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