Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1912 del 28/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 28/01/2020), n.1912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19183-2018 proposto da:

D.S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

VITO GIUSEPPE CELLIE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 600/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 18/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

LUCIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– con la sentenza impugnata la Corte di appello di Lecce, in riforma della pronuncia di primo grado, per quanto in questa sede interessa, rigettava la domanda avanzata da D.S.L., dipendente del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca in qualità di docente nella scuola media secondaria, diretta al riconoscimento di un ristoro in ragione della reiterazione dei contratti a termine e condannava la predetta a restituire quanto eventualmente ricevuto in esecuzione della sentenza di primo grado;

– rilevava la Corte che non poteva essere riconosciuto alcun risarcimento del danno in favore della docente, sia in ragione dell’avvenuta stabilizzazione, sia perchè si trattava di reiterazione di supplenze su organico di fatto, fino al termine dell’attività scolastica (30 giugno) e non era stato provato il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, in relazione a concrete circostanze;

– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso D.S.L. sulla base di due motivi;

– il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca si è costituito in giudizio al solo fine di interloquire in udienza;

– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

– la ricorrente ha presentato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– Con il primo motivo la ricorrente deduce nullità della sentenza e del procedimento (art. 360 c.p.c., n. 4) per non avere la Corte considerato che la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia non avevano proposto ricorso in appello e non erano parti nel giudizio di gravame, sebbene parti nel giudizio di primo grado;

– con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 132, della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, nonchè violazione della direttiva 70/99/CE, oltre a omesso esame di un fatto decisivo, costituito dall’acquiescenza risultante da atti incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione (art. 360 c.p.c., n. 5), osservando: a) che l’immissione in ruolo successiva non può aver sanato l’illegittima reiterazione dei contratti a termine protrattasi nel tempo, b) che un’interpretazione in tal senso della L. n. 107 del 2015 non è conforme a diritto, poichè nessuna disposizione prevede l’esclusione del risarcimento, c) l’irrilevanza ai fini del risarcimento della distinzione tra organico di fatto e di diritto, d) che incombeva sul Ministero l’indicazione dei dati numerici dell’organico di fatto nel periodo di causa, a dimostrazione della sua transitorietà;

– il primo motivo è destituito di fondamento: risulta, infatti, che la sentenza di primo grado è stata emessa nei confronti del Ministero unitamente all’Ufficio scolastico provinciale, mentre dalla medesima sentenza non risulta essere parte la Presidenza del Consiglio dei Ministri, così come non risulta parte l’Ufficio scolastico Regionale, del quale, peraltro, non è ravvisabile veste giuridica autonoma rispetto al Ministero convenuto, come può desumersi dal regolamento di riorganizzazione del Ministero della Pubblica Istruzione (D.P.R. 21 dicembre 2007, n. 260), art. 2, punto 3 (“Il Ministero è articolato, a livello periferico, negli uffici scolastici regionali…”), talchè nessuna violazione del contraddittorio è ravvisabile per essere stata pronunciata la sentenza d’appello nei confronti del solo Ministero;

– il secondo motivo è manifestamente infondato, dovendosi confermare la seconda ratio sottesa alla decisione, diversa da quella che fa riferimento all’avvenuta stabilizzazione;

– al riguardo questa Corte (si veda, ex multis, Cass. n. 22557/2016) ha avuto modo di affermare che, in ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016, e che, invece, nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima, situazione che il ricorrente non risulta avere prospettato nel giudizio di merito;

– in proposito non assume rilevanza il rilievo relativo all’onere della prova, spettando all’attore, secondo le regole di ripartizione del predetto onere, la prova del diritto dedotto in giudizio;

– allo stesso modo manifestamente infondato è il profilo di censura attinente all’acquiescenza, poichè la spontanea esecuzione della decisione di primo grado provvisoriamente esecutiva non comporta acquiescenza alla sentenza, trattandosi di un comportamento che può risultare fondato anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione (cfr. Cass. n. 13293 del 11/06/2014);

– in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato;

– le spese del giudizio di legittimità vanno compensate avuto riguardo alla complessa stratificazione del quadro normativo delineatosi in ordine alle affermazioni de qua;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

Rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2020

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