Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1912 del 25/01/2018
Civile Ord. Sez. L Num. 1912 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE
ORDINANZA
sul ricorso 8582-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
2862
CARAPELLESE NUNZIA C.F. CRPNNZ73H49A285P, domiciliata
in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato DOMENICO SAVIO CARPAGNANO, giusta delega
in atti;
Data pubblicazione: 25/01/2018
- controricorrente
–
avverso la sentenza n. 1466/2010 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 23/03/2010 R.G.N. 2645/2007.
R.G. 8582/2011
RILEVATO
1.
Con la sentenza del 11.3. 2010 la Corte di appello di Bari
dichiarava la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato tra le Poste e Carapellese Nunzia dal 31.1.2002 e
condannava le Poste a versare le retribuzioni non percepite dalla
rilevava, in sintesi, l’illegittimità della clausola di apposizione del
termine al detto contratto stipulato con l’appellata in quanto il
contratto aveva richiamato una serie di Accordi di riorganizzazione
aziendale ma da parte delle Poste non era stata offerta la prova che
l’assunzione della lavoratrice fosse avvenuta in relazione ai detti
processi riorganizzativi. La prova richiesta era del tutto generica non
consentendo di accertare il nesso tra la concreta assunzione e le
complesse vicende riorganizzative delle Poste con riferimento
all’Ufficio ove la lavoratrice era stata impiegata.
2. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la società
Poste Italiane con sei motivi; la parte intimata si è costituita con
controricorso.
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4.4
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3. cheirprimo motivo si allega la violazione e falsa applicazione
dell’art. 1372 cod. civ. comma primo: il rapporto si era sciolto per
mutuo consenso.
4. che il motivo appare infondato in virtù di considerazioni già
espresse da questa Corte, con le quali si è rilevato nel senso che “nel
giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un
unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto
dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai
scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per
mutuo consenso, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso
di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a
termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali
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messa in mora della società del 6.6.2005. La Corte territoriale
R.G. 8582/2011
circostanze significative — una chiara e certa comune volontà delle
parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto
lavorativo e che la valutazione del significato e della portata del
complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui
conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non
26935, Cass. 28-9-2007 n. 20390, Cass. 17-12-2004 n. 23554, Cass.
11-12-2001 n. 15621). Tale principio va enunciato anche in questa
sede, rilevando, inoltre che, come pure è stato precisato, “grava sul
datore di lavoro, che eccepisca la risoluzione per mutuo consenso,
l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà
chiara e certa delle parti di volere porre definitivamente fine ad ogni
rapporto di lavoro” (v. Cass. 2-12-2002 n. 17070). Nella specie la
Corte d’Appello ha accertato l’insufficienza di elementi in base ai
quale ritenere che il rapporto si fosse sciolto per mutuo consenso al di
fuori del mero decorso del termine come tale insufficiente: la
motivazione è coerente con la giurisprudenza di questa Corte.
5.
Con il secondo motivo si allega la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1372 , 1175, 1375, cod. civ. nonché degli artt.
2697 cod. civ. e degli artt. 1431 cod. civ. e dell’art. 100 cod. civ.
proc. Non era stato considerato il documento con il datore di lavoro
aveva invitato la lavoratrice a riprendere servizio.
Il motivo va dichiarato inammissibile in quanto il documento è
successivo alla sentenza impugnata e riguarda una vicenda
successiva ed estranea al presente giudizio.
6. che con il terzo motivo si deduce la violazione e la falsa
applicazione degli artt. 1 e 2 D. Lgs n. 368/2001, dell’art. 4 comma
secondo D. Lgs n. 368/2001, dell’art. 12 preleggi, degli artt. 1362 e
ss. c.c. e dell’art. 1325 c.c. La sussistenza delle ragioni, tecniche,
organizzative produttive o sostitutive di cui al decreto n. 368/2001
potevano essere ricostruite indirettamente in base all’indicazione nel
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sussistono vizi logici o errori di diritto” (v. Cass. 10-11-2008 n.
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contratto degli Accordi che disciplinano i processi di ristrutturazione
aziendale delle Poste.
7. che il motivo appare infondato. Va premesso che il contratto è
stato stipulato “ai sensi della vigente normativa, per esigenze
tecniche, organizzative produttive anche di carattere straordinario
funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti
da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione di
nuove tecnologie, prodotti o servizi nonché all’attuazione delle
previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11.12 2001 e 11
gennaio 2002, 13 febbraio e 17 aprile 2002”. Ora la giurisprudenza di
questa Corte ha ritenuto necessario in fattispecie del tutto analoghe
in cui è applicabile il decreto n. 368/2011 che – di fronte ad una
complessa enunciazione delle ragioni adottate a legittimazione
dell’apposizione del termine – l’esame del giudice di merito deve
estendersi a tutti gli elementi di specificazione emergenti dal
contratto allo scopo di acclararne l’effettiva sussistenza, ivi
ricomprendendo l’analisi degli accordi collettivi indicati al contratto (v.
Cass. 2279/ 2010; Cass. n. 8296/2012). La sentenza impugnata
tuttavia non ha violato tale orientamento del Giudice di legittimità
procedendo ad una valutazione di merito di detti Accordi e delle prove
e delle allegazioni offerte dalle Poste circa il fatto che effettivamente
l’assunzione dell’intimata fosse avvenuta per sopperire alle esigenze
di ordine produttivo e organizzativo indicate negli Accordi. La Corte di
appello ha verificato nel merito che tali Accordi e le prove offerte dalle
Poste non comprovano il nesso tra le esigenze degli accordi,
l’assunzione della lavoratrice e l’attività svolta da quest’ultima
nell’Ufficio ove ha operato.
7. bis Con un ulteriore “secondo” ( così denominato “II”) motivo si
deduce che gli accordi non sono stati esaminati sotto il profilo del
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conseguenti a processo di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più
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vizio di motivazione; su tale punto valgono le considerazioni prima
svolte.
8. che con il quarto motivo si allega la violazione dell’art. 4
secondo comma d. Igs. n. 368/2001 , dell’art. 2697 c.c. Non gravava
sul datore di lavoro la prova della sussistenza delle ragioni oggettive
una prova circa la loro sussistenza.
9. che anche tale motivo appare infondato Ora nel caso in
esame, come già ricordato, la Corte di appello ha effettivamente
esaminato i detti Accordi ma ha osservato che non era stata offerta
una prova idonea che i processi rio-organizzativi previsti avessero
avuto una incidenza sull’assunzione della parte intimata stante la
genericità delle circostanze dedotte; la prova dell’effettiva sussistenza
per l’orientamento consolidato di legittimità (per tutte cfr. cass. n.
2279/2010) grava sul datore di lavoro.
10.
Con il quinto motivo si allega l’omessa ed insufficiente
motivazione in ordine alla genericità della prova che poteva essere
emendata con il ricorso ai poteri ufficiosi del Giudice.
11.
Il motivo appare infondato in quanto per giurisprudenza
costante di questa Corte ci si può lamentare del mancato esercizio dei
poteri ufficiosi del giudice solo se si dimostri di averne fatto
preventivamente richiesta il che non è comprovato.
12. Con il sesto si denunzia la violazione ed erronea applicazione
degli artt. 1206, 1207, 1217 e 1233 c.c., 2094, 2099 c.c. : il
ricorrente aveva diritto alle retribuzioni comunque solo dal momento
dell’effettiva ripresa del servizio in quanto il diritto alla retribuzione
postula l’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa. Andava
poi applicato l’art. 32 L. n. 183/2010 applicabile come
ius
superveniens a tutti i processi in corso.
13. Va accolta l’ultima parte del motivo concernente l’applicabilità
dell’art. 32 L. n. 183/2010 in quanto la novella di cui all’art. 32 L. n.
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dell’assunzione a termine; in ogni caso le Poste avevano articolato
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183/2017 è applicabile a tutti i giudizi in corso come già osservato
nella sentenza n. 303/2011 della Corte delle leggi e confermato nella
successiva giurisprudenza di legittimità, da ultimo anche a sezioni
unite. Restano assorbite le doglianze sviluppate nella prima parte del
motivo, essendo ormai irrilevante ogni considerazione sulla data della
Pertanto va accolto il solo motivo del ricorso concernente
l’applicabilità dell’art. 32 L. n. 183/2010 ; rigettato nel resto, va
cassata la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con
rinvio, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa
composizione.
PQM
Accoglie il motivo del ricorso_
e concernente l’applicabilità
dell’art. 32 L. n. 183/2010, rigettate_ nel resto, itini~accebti~—.
cassa-la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto con rinvio, anche per le spese, alla Corte di appello di Bari in
diversa composizione.
Così deciso in Roma il 22.6.2017
Il Presidente
messa in mora e sull’aliunde perceptum