Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19118 del 06/07/2021

Cassazione civile sez. VI, 06/07/2021, (ud. 14/04/2021, dep. 06/07/2021), n.19118

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6427-2020 proposto da:

F.N.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELA BENINATO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1615/2019 del TRIBUNALE di SIRACUSA,

depositata il 10/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

GRASSO.

 

Fatto

RITENUTO

che il Tribunale di Siracusa, accolta l’impugnazione proposta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in riforma della sentenza del Giudice di pace, rigettò l’opposizione avanzata da F.N.C. avverso l’ordinanza ingiunzione emessa dalla Capitaneria di Porto di Siracusa per essere stato sorpreso a pescare tonno rosso in periodo non consentito;

ritenuto che il Fl. ricorre avverso la sentenza d’appello sulla base di tre motivi e che la controparte resiste con controricorso, ulteriormente illustrati da memoria;

ritenuto che con primi due motivi, tra loro correlati, il ricorrente, deducendo “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”, nonchè “violazione ed errata applicazione” di norme di diritto, assume l’erroneità della sentenza d’appello per non avere rilevato che l’art. 73 Cost. impone la conoscibilità di precetto e sanzione e che il Reg. CE n. 302 del 2009, che si afferma essere stato violato, non prevede sanzione di sorta; inoltre, la L. n. 963 del 1965, richiamata dal Giudice, era stata abrogata dal D.Lgs. n. 26 del 2012 e non era ipotizzabile successione “di leggi penali nel tempo”.

Diritto

CONSIDERATO

che l’insieme censuratorio non supera lo scrutinio d’ammissibilità per il concorrere di più ragioni:

a) il Tribunale di Siracusa ha spiegato che il D.Lgs. n. 4 del 2012, pur avendo abrogato la L. n. 963 del 1965, ha continuato a sanzionare le precedenti condotte; che costituisce principio fermo l’affermazione che per le sanzioni amministrative non trovi applicazione il “favor rei”, con la conseguenza che per i fatti commessi (come nella specie) al tempo del commesso fatto trovava applicazione la L. n. 963 del 1965; che la fattispecie, integrata dal precetto comunitario (di diretta applicazione in ciascuno degli stati dell’Unione), trovava completamento ben conoscibile nella cit. L. n. 963, artt. 26 e 27, siccome modificata dalla L. n. 101 del 2008;

b) appare chiaro che il ricorrente non attinge la “ratio decidendi”, in quanto lo stesso, ignorando, nella sostanza, la motivazione che avversata col ricorso, continua a insistere nelle proprie tesi, senza tener conto e contrastare il costrutto motivazionale;

c) non è ipotizzabile, già sulla base del prospettato, l’evocato vizio motivazionale, del quale non sussiste alcuno dei presupposti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (qui non ricorre l’omesso esame di un fatto decisivo, ma, semmai, viene posta, ma malamente, una questione d’interpretazione);

d) manca un’appropriata indicazione delle norme asseritamente violate o falsamente applicate (cfr., ex multis, Sez. 3, n. 3997, 18/3/2003), difatti, a prescindere dalla circostanza che il Tribunale ha chiarito che la fattispecie continuava a rimanere punita pur dopo la successione normativa, il F. non spiega quale debba reputarsi la norma a suo parere che risulti essere stata violata o falsamente applicata con l’esclusione del principio del “favor rei” in materia di sanzioni amministrative (esclusione, peraltro, più volte affermata da questa Corte, cfr. da ultimo Sez. 2, n. 9269/2018, richiamando Corte Cost. n. 193/2016);

considerato che il terzo motivo, con il quale il ricorrente denunzia la violazione dell’art. 5 della tariffa forense di cui al D.M. n. 127 del 2004, per essere state liquidate, a suo parere, spese eccessive, in relazione all’esiguità del valore della lite, è inammissibile, avendo questa Corte avuto modo di chiarire che è inammissibile, per violazione del principio di specificità, sotto il profilo dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione che, censuri la quantificazione operata dal giudice di merito, omettendo di indicare con puntualità le singole voci di tariffa violate (cfr., ex multis, Sez. 1, n. 20808/2014);

considerato che, di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”;

considerato che il ricorrente va condannato a rimborsare le spese in favore della controricorrente, tenuto conto del valore, della qualità della causa e delle attività svolte, siccome in dispositivo;

che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese anticipate a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2021

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