Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19115 del 06/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 06/09/2010, (ud. 22/06/2010, dep. 06/09/2010), n.19115

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 29701/2008 proposto da:

S.S. in proprio e quale legale rappresentante della

società di persone “Malibù” di Sebastiani Silvio & C.

Snc,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. FERRARI 2, presso lo studio

dell’avvocato ANTONINI GIORGIO, rappresentato e difeso dall’avvocato

CONSORTI Ermanno, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (Ufficio di San Benedetto del Tronto) in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 154/2007 della Commissione Tributaria

Regionale di ANCONA del 13.11.07, depositata il 04/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito per il ricorrente l’Avvocato Ermanno Consorti che si riporta

agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARLO DESTRO

che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella causa indicata in premessa, in cui la parte erariale ha resistito con controricorso, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione: “La parte contribuente propone ricorso per cassazione contro la sentenza della CTR che ne ha respinto l’appello contro la pronuncia di primo grado a lui parzialmente sfavorevole (avendo ritenuto provata l’instaurazione del rapporto di lavoro dal 1 maggio dell’anno di cui all’ispezione), ritenendo poco verosimile che i lavoratori fossero stati assunti a ridosso della fine della stagione, mentre la data del 1 maggio trovava riscontro proprio nell’epoca d’inizio della stagione secondo l’autorizzazione del Comune.

L’intimato ha resistito con controricorso.

Il ricorso contiene due motivi. Può essere trattato in Camera di consiglio (art. 375 c.p.c., n. 5) e respinto per manifesta inammissibilità del primo e del secondo motivo, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con il primo motivo la parte privata deduce il difetto di giurisdizione del giudice tributario per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 130 del 2008.

Il mezzo è inammissibile.

Premesso che l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale si arresta di fronte al giudicato, anche implicito, sulla giurisdizione, sicchè, nel caso in cui la sentenza della Corte costituzionale sia intervenuta quando il giudicato in merito alla giurisdizione si era già formato, non essendo stata impugnata sul punto (eventualmente anche sollevando questione di legittimità costituzionale) la pronunzia, è inammissibile l’eccezione di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di legittimità (SS.UU. 24883/08; 28545/08; 8998/09; 23205/09; 24182/09), deve rilevarsi che la ricorrente nulla deduce riguardo al fatto che l’appello riguardasse anche la questione di giurisdizione.

Con il secondo motivo, viene dedotto il vizio di motivazione quanto al ritenuto difetto di prova riguardo alla data di inizio (successiva a quella del 1 maggio ritenuta in 1^ grado e coincidente con l’ispezione) dei rapporti di lavoro.

Il mezzo è inammissibile, vertendo non sull’iter logico della motivazione, quanto sulla valutazione dei mezzi di prova effettuata dal giudice tributario e congruamente motivata Con esso, infatti, si prospetta la semplice rivalutazione della ricostruzione dei fatti, congruamente e correttamente motivata dalla C.T.R. dovendosi ribadire che il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non vi si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice (tra le molte, v. Cass. n. 3881/2006).

In ogni caso, il secondo motivo è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis, non contenendo la chiara indicazione delle ragioni per le quali l’insufficienza della motivazione rende la sentenza inidonea a giustificare la decisione, in quanto manca in essi una parte specificamente e riassuntivamente destinata a detto fine (in tal senso, v. Cass. 16002/07; S.U. 20603/07; 4961/08; 8897/08;

4556/09)”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite.

Non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, il ricorso deve essere rigettato; che le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2010

 

 

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